13 dic 18 – Chiesa e verginità
Testo: S. Ambrogio, Sulla verginità 12; 13 (passim)
Nel cuore dell’Avvento viene a visitarci la memoria liturgica di santa Lucia. In qualche modo – ricollegandoci a quello che si diceva nella scorsa catechesi – possiamo ancora continuare a parlare della Chiesa.
Santa Lucia subisce il martirio durante la persecuzione di Diocleziano a Siracusa. Siamo agli inizi del IV secolo, nel 304. Subisce il martirio perché rifiuta di sposare la persona alla quale era stata destinata dai suoi genitori. E questa persona, avendo saputo che Lucia avrebbe scelto la strada della verginità, della consacrazione a Cristo, la denuncia come cristiana. Quindi Lucia subisce il martirio. Viene decapitata o forse accoltellata alla gola. Aveva solo 20 anni. Non le vengono cavati gli occhi, come sostiene una vecchia leggenda medievale. Non so perché sia nata, forse perché Lucia è stata subito venerata come santa della vista: Lucia, da lux che in latino significa luce.
Lucia viene decapitata perché cristiana avendo rifiutato il matrimonio con una persona a cui era stata destinata dai suoi genitori. Quando Papa Benedetto nel 2012 visitò Milano fece un’omelia in Duomo (qui) in cui citò proprio questo passaggio del testo di S. Ambrogio sulla verginità (e un secondo passaggio, lo stesso che era stato citato dall’Arcivescovo Montini nella sua prima lettera pastorale, qui). Osservò, cosa verissima, che S. Ambrogio “con intensità sorprendente predicò e coltivò la verginità nella Chiesa, promuovendo anche la dignità della donna“. È un fatto storico che, nel periodo in cui Lucia venne martirizzata, fosse norma che le donne andassero in spose senza nessuna loro libera adesione. Sceglievano i genitori. E questo comportava che le povere ragazze si trovavano con mariti che non volevano.
La predicazione di S. Ambrogio sulla consacrazione verginale è stata uno spiraglio di libertà per la donna. Dice Papa Benedetto che la promozione femminile comincia con la consacrazione verginale, perché le donne almeno su quel tema restavano libere di scegliere. Interessante prospettiva, a una novantina di anni dopo il martirio di Santa Lucia. S. Ambrogio si ritrova proprio in questa condizione, cioè che socialmente era necessario riscattare la donna da quel senso di oppressione che derivava da un matrimonio non voluto. Si dice i genitori non volessero più mandare le figlie in chiesa quando S. Ambrogio predicava sulla verginità, perché tornando volevano farsi tutte suore! Si vede che Sant’Ambrogio nel suo eloquio riusciva a trascinare, arrivando al cuore delle considerazioni.
Parlando di verginità, il brano selezionato dai liturgisti ci offre lo spunto per tornare a parlare della natura della Chiesa. Il brano si apre con un’affermazione del genere: “Mi rivolgo a te (si sta rivolgendo alla sorella Marcellina alla quale è dedicata l’opera)… in te lo splendore dell’anima si irradia sulla grazia esteriore della persona. Per questo sei l’immagine fedele della Chiesa”. S. Ambrogio ha la consapevolezza che la verginità in sé non aggiunge nulla alla santità. Del resto la consacrazione verginale alle divinità pagane era conosciuta anche nell’antichità, per quanto fosse di natura transitoria, mentre quella cristiana appariva definitiva. Quindi non era la verginità ad aggiungere qualcosa alla santità, se non che è immagine della Chiesa in cui lo splendore dell’anima rifulge, si irradia nella grazia esteriore della persona. Non il contrario. Non è la verginità ad illuminare l’interiorità, ma è l’interiorità che illumina la grazia della persona.
S. Ambrogio ha questo punto forte della sua dottrina: la verginità in quanto somiglianza a Cristo è anzitutto una realtà di tipo spirituale, è interiore. E questo vale per tutti, uomini e donne. Perché vale per la Chiesa. Per S. Ambrogio essere vergini significa essere come Cristo, essere cristiformi. Sapete che S. Ambrogio nutriva un amore speciale per la Madonna. In particolare ha predicato e sostenuto la verginità continuativa di Maria. E giunge ad affermare che “Maria è maestra di verginità” (Ambrogio, De institutione virginis, 6, 45: PL 16, 317). Pio XII scrivendo l’enciclica Sacra Virginitas al numero 58 riprende proprio questo passaggio di Sant’Ambrogio per commentarlo tra gli altri. Maria maestra di verginità.
Da una parte abbiamo quindi Cristo che è vergine ed è il cuore stesso della Chiesa. Da un’altra abbiamo Maria che è la maestra, cioè colei che insegna ad essere vergini, cioè cristiformi. Maria che accoglie la Parola prima nel cuore attraverso la fede e poi nella mente attraverso l’orecchio. Maria che accoglie il Verbo prima nella sua interiorità, nel suo modo di rapportarsi con Dio, e poi nel suo grembo verginale. Tale è la santità della Chiesa, essere cristiforme accogliendo Cristo nella fede.
Sempre sulla Chiesa S. Ambrogio scrive verso la fine: “È dalla santa Chiesa che devi imparare a trattenere Cristo”. Abbiamo ascoltato nel testo S. Ambrogio invitare la santa vergine ad intrattenersi con Cristo, ad aspettarlo, ad accoglierlo. Sono tutti elementi che fanno parte della natura stessa della Chiesa, che ricerca Cristo, che lo attende, che lo accoglie. Poi troviamo questo bellissimo verbo spesso non considerato abbastanza: trattenere Cristo. Come se Cristo fosse di passaggio e uno gli dicesse: “Bè, che fai? Già te ne vai? Trattieniti un attimo, non te ne andare subito…”. In questo senso, ricollegandoci alla precedente catechesi, ripetiamo: la chiesa prosegue nel tempo l’opera salvifica di Cristo, la dilata nel tempo e nello spazio. Cioè in qualche modo attraverso la sua opera “trattiene” Cristo. Potremmo anche dire: lo obbliga a rimanere, a non andarsene via dalla storia e dal mondo.
La Chiesa si comporta come una sposa un po’ petulante, insistente, che fa in modo che Cristo non passi e rapidamente scompaia. Aggiunge S. Ambrogio che per trattenere Cristo non occorrono vincoli o legami di chissà quale genere. In queste espressioni del dottore della chiesa si sente l’eco della sua convinzione rispetto al matrimonio. S. Ambrogio non condanna il matrimonio rispetto alla verginità, il matrimonio non è una cosa cattiva. Lo stesso Ambrogio, forse rimproverato di sottovalutare il matrimonio, dice che l’elogio di qualcosa non significa necessariamente il disprezzo per tutto il resto. No, si tratta di cose diverse, qualcosa ha maggiore valore, qualcosa ha minore valore. Questo fa parte della nostra vita quotidiana. Ambrogio parlando degli sposati dice che sono in qualche modo vincolati, in qualche modo hanno dei vincoli. E il vincolo che li trattiene è l’amore. Così anche Gesù: non si trattiene con vincoli di chissà quale tipo, se non quello dell’amore.
Sant’Ambrogio dice esplicitamente: l’amore dell’anima trattiene Cristo. Ora non deve sembrare troppo disincarnata questa cosa. “Amore dell’anima” non vuol dire un’amore fatto di emozioni, fatto di sensazioni per quanto positive. L’amore – ci torneremo sopra questo discorso, sicuramente, se avremo la possibilità di continuare i nostri incontri – l’amore non è un’emozione, l’amore non coincide con il sentimento. Scambiare l’amore per emozioni o sentimenti comporta i disastri relazionali che si possono vedere anche ai tempi nostri. L’amore si può definire, in grande sintesi, fare il bene di qualcuno, concretamente. Fare il bene di qualcuno. Questo significa amare. Il bene di qualcuno si può fare anche quando non si avvertono emozioni particolari, perché il bene si può fare sempre. Amare si può amare sempre.
L’amore dell’anima, in questo senso qui, è un amore che va oltre, è un amore che lega, un amore che non vede altro che l’oggetto amato. Ed è così che possiamo ritornare al concetto di verginità. L’amore dell’anima è l’amore verginale, l’amore che potremmo quasi definire esclusivo, geloso, l’amore che non si accontenta di nessun’altra persona se non di quella lì in particolare, non si accontenta di nessun altro se non di Cristo. Così la Chiesa.
La Chiesa non si accontenta di nessun’altra cosa. Amare Cristo, cioè fare del bene a Cristo. Trattenere Cristo con l’amore, cioè facendogli del bene, si traduce oggi per la Chiesa amando, facendo il bene anzitutto al prossimo, le persone concrete, fratelli e sorelle. Nella natura stessa della chiesa noi scopriamo che l’amore verginale, questa intenzione di trattenere Cristo con legami di amore, si può realizzare proprio facendo il bene dei nostri fratelli, delle nostre sorelle.
Ringraziamo quindi il Signore che ci dà la possibilità di fermarci durante questo Avvento a contemplare la testimonianza di Lucia e a contemplare e meditare le parole di Ambrogio; grazie a loro riscopriamo ancora oggi il significato dell’amore sponsale della Chiesa, dalla quale impariamo a trattenere Cristo. Amen.