29 gen 19 – I padri, fondamenta della chiesa del futuro
Testo: S. Basilio, Regole più ampie, risposta 2,2-4
Non vi nascondo che nel segreto del mio cuore c’è il desiderio che queste occasioni di incontro e di riflessione diventassero una preghiera davanti al Sacramento, una preghiera per la Chiesa, a favore della Chiesa. La Chiesa, questa comunità strana, che il Signore raduna da tutti gli angoli della terra perché sia Madre, ma qualche volta è anche matrigna; sia Santa, ma qualche volta è anche peccatrice. Casta meretrix, veniva chiamata da S. Ambrogio, casta prostituta (Commento al vangelo di Luca, lib. III,23. Per il dibattito sul senso dell’espressione cfr Cathopedia). Preghiamo per la Chiesa.
Nei due precedenti incontri ci siamo soffermati a riflettere sulla Chiesa, e se Dio ce ne darà la possibilità continueremo a farlo nei prossimi incontri. Ho già anticipato a suor Rita che è mia intenzione nelle prossime settimane di commentare una lettura cursiva della Lumen Gentium, la Costituzione Dogmatica del Concilio Vaticano II sulla natura e sulla missione della Chiesa. Ci prenderemo tutto il tempo che è necessario, non abbiamo fretta di concludere. Questo perché la nostra meditazione diventi preghiera, e al tempo stesso il Signore sostenga la nostra consapevolezza e quella dei nostri fratelli sul desiderio della conversione. Infatti, dobbiamo convertirci, ancora molto, intorno al mistero della Chiesa, cosa che non è esattamente possibile senza aver fatto un processo di purificazione interiore a proposito della natura e della missione della Chiesa stessa.
Il testo di S. Basilio ci consente di ruotare attorno al tema della Chiesa. Mi soffermerò su tre argomenti: la vita, le opere, la persona di S. Basilio; il contenuto del testo delle Regole più ampie (S. Basilio ci ha lasciato diversi scritti sul genere delle “regole”, questo è lo scritto che abbraccia temi differenti, perciò “più ampie”, cfr link); e attraverso queste due esposizioni, la Chiesa.
La grandezza dei padri, di cui Basilio è uno degli esponenti più illustri, primo dei cosiddetti Padri della Cappadocia, è che non sono preistoria, ma sono fondamenta. Ogni qualvolta si vuole restaurare un edificio, si deve tornare alle fondamenta. Si deve fare in modo che le fondamenta sostengano l’intero edificio. I padri della Chiesa, con la loro vita, con le loro opere, con i loro insegnamenti, con la loro preghiera e intercessione, sostengono la Chiesa ancora oggi. Quindi non sono preistoria. Parlando di loro parliamo della Chiesa odierna. E prepariamo quella del futuro.
Basilio muore il primo giorno del 379. Un anno dopo che l’imperatore Teodosio aveva proclamato la religione cattolica religione ufficiale dell’Impero. Finiva il tempo delle persecuzioni, iniziava il tempo della Grande Chiesa. Ma finito il tempo delle persecuzioni, non finiscono i problemi della Chiesa. Anzi, forse le persecuzioni avevano alimentato lo spirito più vivo della Chiesa, avevano fatto tanta purificazione. Di fronte alle persecuzioni, ad una vita di stenti, o si era davvero convinti o si lasciava. Le persecuzioni rappresentano un grande vaglio.
Ma finite le persecuzioni, quali problemi erano rimasti? Erano rimasti i problemi interni della Chiesa, forse i più gravi. Basilio fu avversario tenacissimo dell’Arianesimo, una delle più grandi eresie che ritroviamo ai primi tempi della Chiesa, di cui era seguace Valente, il predecessore di Teodosio. L’eresia riguardava la divinità di Cristo, ma in un certo senso potremmo dire che riguardava anche la sua umanità. Perché mentre la Chiesa “ufficiale” professava Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, per Ario era molto difficile accettare che Gesù di Nazareth fosse uguale al Padre, ne avesse la stessa natura dall’eternità e al tempo stesso vivesse come uomo in tutto, sofferenza e morte comprese. Per Ario e i suoi seguaci, soprattutto germanici, l’umanità rappresentava un degrado per la divinità. Cristo non era vero Dio ma in tal modo ai loro occhi non appariva nemmeno come vero uomo.
Basilio si rende conto che il monachesimo aveva regole troppo severe e perciò ammorbidisce la vita dei monaci che lo seguono, lui che dopo il battesimo si era ritirato per cinque anni in vita solitaria. Non pare però che Nostro Signore Gesù avesse comandato comportamenti esagerati e bizzarri. Come per esempio quello di Simeone lo Stilita, un santo vissuto una ventina d’anni dopo Basilio che trascorre quasi quarant’anni su una colonna a 15 metri da terra. Basilio considerava questi comportamenti esagerati, qualcosa di innaturale nella testimonianza della fede.
Basilio si rende conto che la liturgia, nella Chiesa ormai diventata chiesa di Stato, zoppicava un po’: per intenderci, non esistendo i libri liturgici quali conosciamo oggi, come si celebrava? Si celebrava a memoria, si creavano testi, ogni celebrante creava la sua liturgia e le sue preghiere. Se c’era un bravo prete che era anche un bel poeta faceva preghiere di enorme intensità; ma se il celebrante era una mezza cartuccia come me, lì era una sofferenza non tanto per il prete quanto per chi era costretto ad ascoltarlo e a pregare con lui! Si poteva correre il rischio di preghiere interminabili, senza senso, senza capo né coda, con strafalcioni teologici. Basilio scrive o ispira la Divina Liturgia che ancora oggi viene celebrata nei periodi solenni delle Chiese d’Oriente.
Basilio si rende conto che ci sono i poveri. Crea una città per i poveri: una Basileide, la chiameranno. Una città dove i poveri venivano sfamati, alloggiati, curati in un ospedale e in un lebbrosario. Non a caso, alla sua morte sarà chiamato “il Grande”. Basilio il Grande.
E tutto questo, in quanti anni lo realizza? Per fare tutto questo, si potrebbe pensare, avrà impiegato una vita. Basilio è morto il primo giorno del 379, a quasi 50 anni di età. Era stato eletto vescovo nel 370. Quindi ha esercitato il ministero per circa 8 anni. E aveva già cambiato la Chiesa. Quella del suo presente e quella del futuro.
Perché i padri sono santi? Santo lui, ma santi anche i suoi fratelli, sua nonna… insomma era una famiglia di santi! Basilio ci insegna che a volte i problemi interni della Chiesa esistono, ci sono, e vanno affrontati con questo spirito di santità, senza nasconderseli, affrontandoli in maniera diretta. Come ha fatto lui con la lotta contro l’Arianesimo, con la riforma del monachesimo – una vita che deve testimoniare il regno di Dio non può diventare tanto fragile e contraddittoria -, con la qualificazione della liturgia. Torneremo su tali argomenti, perché non possiamo dimenticare di essere figli di questa Chiesa fondata sugli Apostoli e sui padri, né possiamo dimenticare la nostra responsabilità nei confronti della Chiesa del futuro. Che il Signore ascolti la nostra preghiera per la Chiesa!
Lodate il Signore, attribuita a J. S. Bach (BWV 137), Cantata per la 12ima domenica dopo la Trinità (1725); esecuzione dell’Amsterdam Baroque Orchestra & Choir, direttore Ton Koopman, soprano Johannette Zomer, tenore Christoph Prégardien, basso Klaus Mertens
Basilio scrive le Regole più ampie in forma di domanda e di risposta. Poco fa abbiamo ascoltato una parte della lunga risposta alla seconda domanda che viene fatta a Basilio. Leggendo il brano che la Chiesa ci propone nell’Ufficio delle Letture siamo certamente spinti ad una riflessione. Ma abbiamo pure la curiosità di conoscere quale fosse la domanda. Perciò ho ripreso in mano il testo per leggere con voi la domanda, intitolata: “Dell’amore verso Dio“. Così recita: “L’uomo in sé per natura ha la disposizione e la forza di compiere i comandamenti del Signore“. Mi fermo. Attenzione! Il testo premette e riconosce che ciascuna persona umana possiede la capacità di adempiere i comandamenti. Però l’amore è qualcosa di più dei comandamenti, dunque continua: “Parlateci dell’amore di Dio. Si intende che occorre amare Dio, ma come occorre amarlo? Ecco ciò che vorremmo apprendere“. La domanda è questa: come amare Dio?
La risposta di Basilio inizia con queste parole: “L’amore di Dio non si insegna“. Come non si insegna, porta lui ad esempio, a gioire della luce. Non è che qualcuno ci ha insegnato a guardare il sole e ad essere contenti di una giornata luminosa. Portiamo tutto questo dentro di noi, non ce lo ha insegnato nessuno.
L’amore di Dio non si insegna. Basilio sostiene che Dio ha già messo in noi tutto l’armamentario necessario per amarlo. Come quando un idraulico prepara la cassetta degli attrezzi, mette in essa tutto quello che gli occorre per andare a riparare un tubo. Così noi abbiamo in noi tutto quello che ci serve per amare Dio. Basilio però si spinge oltre. Dice agli interlocutori di approvare il loro zelo, la loro preoccupazione: come faccio ad amare Dio? È indispensabile uno zelo simile. Ma richiama la loro attenzione su un dono che Dio ha messo nell’armamentario necessario per amarlo, cioè l’intelligenza. Non sottovalutiamola, dice Basilio. L’intelligenza Dio non ce l’ha data a caso. Basilio specifica che la virtù si acquista “utilizzando onestamente e adeguatamente le forze che abbiamo ricevuto da Dio“. Tra esse l’intelligenza. Se qualcuno mi dicesse: don Ugo guarda, Dio ci ha donato l’intelligenza, sì, ma di fronte a certi argomenti di fede chiudo gli occhi e vado avanti, io rispondo che questa non è virtù. E non è nemmeno fede. Dio ci ha dato un’intelligenza. Se non la usiamo, lì è il problema.
Finite tali argomentazioni Basilio inizia la parte che abbiamo nel testo. L’intelligenza ci dà la capacità di riconosce i doni di Dio. Basilio fa un lungo elenco dei doni di Dio, iniziando dalla creazione, e giunge fino al dono della salvezza. Eravamo peccatori, Dio ci ha salvati per mezzo di Gesù, donandoci lui, il suo Figlio. Ma non è bastato. La cosa che fa trasecolare Basilio è che Dio ci ha chiamati ad essere Dio. Basilio si dice spaventato a pensare queste cose: “Non si contentò di richiamarci dalla morte alla vita, ma anzi ci rese anche partecipi della sua stessa divinità“. Dio ci ha chiamati ad essere Dio. “E ci viene preparata una gloria eterna che supera in grandezza qualunque valutazione umana“.
Per questo Basilio afferma che quando pensa a tutto ciò rimane sbalordito e intimorito. Dio ci ha chiamati ad essere Dio! E cosa c’entra la Chiesa in tutto questo? La Chiesa è lo strumento ordinario che Dio ha scelto per realizzare questo suo desiderio, che tutti gli uomini attraverso di lei ricevano la sua divinità, esattamente come lui attraverso l’incarnazione del Figlio ha ricevuto l’umanità degli uomini. A questo punto si comprende che il progetto ecclesiale è gigante. La Chiesa non rappresenta il fine di tale progetto, di tale disegno, ma è strumento attraverso cui Dio realizza il suo progetto, il suo disegno.
Se a Basilio veniva da tremare, “terrorizzato e sbigottito per timore che, a causa della mia leggerezza d’animo o di preoccupazioni da nulla, mi affievolisca nell’amore di Dio e diventi perfino motivo di vergogna e disdoro per Cristo“, comprendendo questo grande mistero credo che noi – inseriti dentro il disegno di Dio – abbiamo il compito di fare una revisione della Chiesa di oggi per chiederci se risponda ancora validamente, così com’è, al suo mandato. Cioè aiutare gli uomini del nostro tempo ad essere in comunione con Dio, ad essere consapevoli della loro vocazione divina. Perché se la Chiesa non adempie a questo suo mandato, la Chiesa ha fallito interamente la sua natura. Penso che questo non accadrà, il Signore non lo permetterà. Ha scelto uno strumento povero per ragioni a noi sconosciute, non lo abbandonerà alla sua debolezza. Sono però convinto che tale scelta comporti da parte nostra una continua conversione, una continua revisione affinché lo strumento che è la Chiesa risponda sempre meglio alle esigenze per cui Dio lo ha creato.
Oggi abbiamo potuto riscoprire, grazie a Basilio, una parte della storia di come i padri hanno affrontato il mistero e la missione della Chiesa. Ringraziamo dunque il Signore per il dono di Basilio, ringraziamolo per il dono della Chiesa. Nella nostra preghiera offriamoci anche noi come strumento di salvezza per tutti gli uomini. Amen.