6 malattie spirituali. Dialoghi con il Paziente
No al pessimismo sterile!
È questa una malattia che colpisce molti cristiani. È la lotta tra i cristiani e la logica del mondo. Non è una guerra che si combatte con le armi, ma una lotta tra due modi diversi di vivere. Il mondo e i suoi seguaci sembrano molto più forti e numerosi dei cristiani. E così il pessimismo si affaccia in modo pericoloso… Noi cristiani siamo in pochi rispetto ai molti; non siamo coerenti come vorremo essere; non siamo sicuri di noi stessi, siamo scontenti, disincantati, tristi. E il pessimismo sterile prende posto nel nostro animo, allontanando la speranza.
cfr. EG 84-86
Delle malattie spirituali: ispirazione e metodo
Delle malattie spirituali: patologia speciale
Delle malattie spirituali: il Paziente della stanza 113
Dialogo sulle malattie spirituali. Introduzione
venerdì 9 marzo 2018
il Paziente – Tu ancora pensi che essere creativi riguardi solo i trionfi e la gloria, come nei giorni in cui il mondo ebbe origine e ancora origina. Fare e non subire. Sai qual è il vero progresso? È essere creativi anche nell’annichilimento e nella prostrazione, come nei giorni della passione e della morte. Come dice il poeta: “Ecco il vostro progresso, ragazzo mio. Ecco quale ne è la forma, voialtri cristiani. Meraviglioso progresso, singolare progresso” (NdA: sicuramente il Paziente della stanza 113 si riferisce alle parole di Charles Pèguy che io ho letto in Getsemani, Castelvecchi, Roma 2016, p. 58)
Io – Ti sento pessimista, oggi?
il Paziente – Per niente! Oppure, se preferisci, sono pessimista fecondo…
Io – In effetti mi stavo chiedendo se fosse giusto qualificare il pessimismo come sterile e non fosse, invece, una ridondanza. Ma se dici che esiste anche un pessimismo fecondo… però non riesco a cogliere la differenza…
il Paziente – Il pessimismo sterile allontana la speranza, il pessimismo fecondo la richiama!
Io – Ecco, quindi tutto si gioca sulla speranza! Ma speranza virtù, eh, mica la speranza un po’ imbecille del credulone…
il Paziente – Vacci piano con le parole…
Io – Siccome oggi dialoghiamo sul pessimismo sterile dei numeri, dell’incoerenza, dell’insicurezza, della scontentezza, del disincanto, della tristezza bisogna dirla tutta e bisogna dirla bene. Ti premetto che in questo senso non soffro di nessun complesso di inferiorità e di pessimismo…
il Paziente – Vedi? Una cosa buona ce l’hai anche tu, quindi!
Io – Meno male che lo riconosci! Posso aggiungere che nella realtà dove opero il pessimismo sterile è di norma bandito, altrimenti si potrebbe pure salutare tutti e chiudere la struttura. In questo senso sono convinto che la forza che sostiene la scienza dei professionisti e l’animo degli ospiti sia quella della speranza, nel suo significato più religioso…
il Paziente – Lo sai: la redenzione è reale, ha toccato l’uomo dall’interno e lo ha sanato. Nella percezione umana ciò è avvenuto misteriosamente (o non è avvenuto affatto, secondo alcuni per ragioni opposte), ma nella percezione divina la redenzione è giunta a toccare financo lo spin delle particelle elementari…
Io – Questa consapevolezza, per grazia tua, non mi ha mai abbandonato. Come pure la consapevolezza che nella logica della redenzione alla creatività trionfale segua la creatività annichilita, per giungere alla creatività rinnovata.
il Paziente – Incarnazione, morte e risurrezione.
Io – Incarnazione, morte e risurrezione. E forse anche un po’ “incarnazione nella morte”. La “logica del mondo” si fida dell’assioma del progresso lineare, al massimo secondo il metodo sperimentale dei tentativi e degli errori. Non la trovo sbagliata, la trovo semplicemente insufficiente ad offrire una spiegazione completa alla storia umana.
il Paziente – La storia umana non è un esperimento, però gli uomini non possono fare a meno di viverla come tale. Nessuna persona umana, infatti, è in grado di determinare con esattezza gli effetti delle proprie azioni e le risposte libere delle altre persone alle proprie azioni. Questo enorme esperimento che è la storia umana però non permette repliche, non ammette correzioni al passato, e solo parzialmente quelle in prospettiva futura. La logica del mondo immersa in se stessa non vede più oltre dei propri limiti, lei stessa un enorme esperimento che sarà verificabile solo alla fine della storia stessa. Ecco perché la redenzione, ecco perché la creatività annichilita…
Io – Stare dentro, nel cuore della storia, viverla in pieno, mettersi nella mani del Padre, morire con essa nella speranza, risorgere come atto di gratuità divina…
il Paziente – Sì, è così…
Io – Sai? A volte non mi spiego questo inutile agitarsi di galline nel pollaio anche nella chiesa, alla ricerca di trionfi e di rivalse… (NdA: lo stesso concetto fu espresso dall’autore in una mail indirizzata ad uno dei vescovi ausiliari di Roma nel 2013) QUESTO è il più subdolo di tutti i pessimismi sterili: COME SE la virtù della speranza si riducesse ad un po’ di spiritualità (per uscire dal mondo) e di attivismo (per fare proseliti nel mondo) perché il mondo incapace di essere buono riconosca quanto sono buoni e bravi i membri della chiesa…
il Paziente – Non esagerare, non è per tutti così…
Io – Cerco di non generalizzare, ma anche di restare con i piedi per terra. Si parla di malattie spirituali, una diagnosi bisogna farla altrimenti non si trova la cura… Finché non si capisce che il “mondo” è il teatro della redenzione mentre il “nemico” non sono le persone umane, con i loro comportamenti a volte sbagliati a volte persino ostili al cristianesimo (ma non sono più “ostili” al cristianesimo i comportamenti di certi cristiani che rifiutano pregiudizialmente i migranti o manipolano la vita umana?), QUESTA è la malattia… Io non penso che la soluzione, la “terapia” sia la nostalgia del passato… Anche perché il “passato” della chiesa non è stato sempre così limpido e lineare…
il Paziente – Purtroppo hai ragione. Molti, rivolgendosi al passato, pensano di trovare la soluzione a tutto. In realtà in questo enorme esperimento che è la storia umana molti restano scandalizzati dagli errori del passato, e guai a chi scandalizza uno di questi miei piccoli…
Io – La speranza guarda al futuro. E il futuro della chiesa di Roma è in linea con le tendenze italiane ed europee: sempre più persone anziane, sempre meno nascite, diminuzione dei cristiani e della vita religiosa in generale, fuga dei giovani, immigrazione di massa, calo vertiginoso di vocazioni religiose e sacerdotali… Nel giro di 50 anni un numero ridotto di preti anziani dovrà occuparsi di chiese sempre più vuote…
il Paziente – In apparenza non sembrerebbero segnali di speranza.
Io – Rileggo sempre con un certo dolore i primi capitoli del libro dell’Apocalisse…
il Paziente – Conosco…
Io – Già. Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Efeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa. Tra loro sette solo Smirne, che non doveva temere ciò che stava per soffrire, raggiunge a malapena i 15.000 cristiani su una popolazione di quasi 4 milioni di abitanti (ma l’intera Diocesi è molto più vasta della sola città). Delle altre chiese, Efeso, che aveva abbandonato il suo amore di prima, non esiste più; Pergamo – troppo tollerante verso pagani e eretici – è scomparsa; Tiatira, dissoluta e gettata in un letto di dolore, spenta; Sardi che non aveva opere perfette davanti a Dio: distrutta; Filadelfia, con poca forza, non ha più cristiani; Laodicea, né fredda né calda, che si credeva ricca mentre non sapeva di essere infelice, miserabile, povera, cieca e nuda, annientata da un terremoto e mai più ricostruita. Sinceramente non penso che la chiesa di Roma o quella di Parigi siano più al sicuro di quella di Efeso o di quella di Smirne… perché dovrebbero, in base a cosa?
il Paziente – Attento! Pessimismo sterile in agguato!
Io – Qui subentra la speranza! Non quella dei nostalgici che presumono di trovare con gli scavi nell’archeologia ecclesiale la forza per contrastare il declino; non quella degli eterni combattenti, dissidenti, assediati che traggono l’energia della loro fede nel lottare contro i nemici che non hanno; non quella dei possibilisti, pronti a dubitare e a scendere a compromessi pur di non perdere il loro pubblico… e potrei continuare, di categorie di false speranze se ne possono trovare parecchie…
il Paziente – E la vera speranza, allora, quale sarebbe?
Io – Cristianamente ne conosco una sola, la speranza teologale… quella che ti fa stupire tanto… La bambina che trascina le sorelle maggiori, la fede e l’amore… La speranza incosciente di chi si fida di te, che tremi al pensiero di una pecora perduta e ami nella speranza il peccatore, che hai avuto tu stesso la speranza che il peccatore credesse nel tuo amore… La speranza che, in mezzo ai fallimenti, alle assenze, alle mancate risposte, alle imprudenze, ai difetti, fa muovere la tua grazia e ti fa dire: Ah, non m’ero sbagliato ad aver fiducia di quella persona, era proprio una brava persona… (NdA: l’autore si è mostrato qui notevolmente manipolativo; nella speranza di compiacere il Paziente della stanza 113 in pratica ha citato un brano tratto da Il portico del mistero della seconda virtù, sempre di Charles Pèguy)
il Paziente – La mia bambina…
Io – Però non vorrei che tu pensassi male: bellissima la poesia ed altissime le vette mistiche. Io sono più terra terra, alla malattia spirituale della comunità allargata che è la Diocesi si deve proporre una robusta terapia…
il Paziente – Terapia d’urto…
Io – Terapia quanto prima: se stai chiudendo i cordoni delle vocazioni religiose e sacerdotali significa che vuoi una chiesa con un laicato sempre più forte, presente, attivo; se sta diminuendo il numero dei cristiani significa che vuoi una chiesa capace di relazione e collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà; se stanno emergendo le miserie degli uomini e delle donne di chiesa significa che vuoi una chiesa meno formalista, meno bigotta, più trasparente, più leale; se le forme di comprensione e di testimonianza del vangelo sembrano appannate e senza mordente significa che vuoi una chiesa in dialogo con la contemporaneità…
il Paziente – Ti spingi molto oltre e pensi di interpretare la mia volontà. È più semplice di quello che pensano in tanti: la mia volontà è che tutti gli uomini siano salvi! Dio non rimprovererà mai una chiesa per aver usato una misura buona, pigiata, colma e traboccante o perché ha assolto troppi peccatori e dato i sacramenti a chi non era perfetto; mentre ha già condannato coloro che amano i primi posti nelle piazze e in parrocchia, allargano le chiese e allungano le processioni e caricano le spalle della gente con pesi che loro stessi non toccano nemmeno con un dito.