6 malattie spirituali. Dialoghi con il Paziente

No alla mondanità spirituale!

È forse il male più insidioso, perché travestito da apparente bene o peggio da perbenismo, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e perfino di amore per la Chiesa. È la mondanità di chi cerca la propria gloria facendo finta di cercare la gloria di Dio, vivendo la fede senza i fratelli, rinchiuso nel proprio soggettivismo e ignorando di appartenere a una comunità; di chi si affida solo alle proprie forze, alle proprie conoscenze e capacità, nascondendosi dietro l’esecuzione delle norme o la fedeltà alla tradizione, senza più fervore evangelico.

cfr. EG 93-97

Delle malattie spirituali: ispirazione e metodo
Delle malattie spirituali: patologia speciale
Delle malattie spirituali: il Paziente della stanza 113
Dialogo sulle malattie spirituali. Introduzione

venerdì 23 marzo 2018

 

il Paziente – Auguri!
Io – Grazie! Ti sei ricordato del mio compleanno!?
il Paziente – È vero che il tempo passa, ma pensi forse che l’età mi abbia rimbambito?
Io – Ma no! Figurati! Sembra che per te il tempo non passi mai! Un eterno giovane…
il Paziente – Colgo una punta di ironica captatio benevolentiae nelle tue parole!
Io – Non si sa mai… Io mi sento decrepito, ho l’artrosi che ogni mattina sembra conquistare qualche nuovo centimetro, ma non ho rimpianti o nostalgie di gioventù… Però dicono che in Paradiso l’artrosi non ci sia…
il Paziente – No, non c’è infatti. E anche le malattie in Paradiso si valutano in modo diverso.
Io – Che vuoi dire? Spiégati, per favore…

Manicomio di Mombello (fonte)

il Paziente – Vediamo… Quando un paziente si presenta nella struttura dove tu operi, i medici cosa fanno?
Io – Bè, in genere controllano che tipo di diagnosi ha, quale terapia assume, se ha bisogno di ulteriori esami diagnostici…
il Paziente – Giusto. Ma di solito i medici chiedono al paziente di fare lui la diagnosi? Gli sottopongono il DSM-5 (NdA: il Paziente della stanza 113 si riferisce evidentemente alla quinta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e lo fanno ragionare sulle varie possibilità?
Io – No, non direi! Tra ipocondriaci che pensano di avere ogni malattia, da una parte, e psicotici gravi che protestano perché nessuno vuol credere che sono sani, dall’altra, non si verrebbe mai a capo di nulla!
il Paziente – Hai detto giusto! Non si verrebbe a capo di nulla! Perché molti malati non sanno di esserlo, non capiscono che sono malati, soprattutto se si tratta di malattie psichiche o spirituali, proprio loro impediscono al malato di rendersene conto… E alcuni malati spirituali si illudono di ricercare la loro colpa e detestarla… (NdA: qui l’autore non fa fatica a riconoscere parole già lette nel Salmo 36,3). Sono sicuro che nella vostra struttura i medici desiderino ascoltare i pazienti e valutare i loro sintomi e che siano i medici a formulare una diagnosi, stabilire una terapia, fare una prognosi…
Io – Sì, è così! Comunque oggi ho chiesto a Nicola cosa ne pensasse dell’argomento del dialogo odierno e sai cosa mi ha risposto? “Secondo me uno che sta qua dentro non deve pensare a tutti gli stratagemmi che ce l’hanno portato, ma deve aprire il cuore alle persone che più hanno ricezione di mantenergli la calma e la tranquillità. E soprattutto credere in un Dio che tutto sa e tutto può e tutto crea nel suo animo. I frutti non tarderanno a venire“. Testuale. Secondo me vi eravate già intesi…
il Paziente – Guarda che anche in Paradiso noi facciamo così. Evitiamo le autodiagnosi, ci affidiamo e ci fidiamo di chi con amore e compassione sa riconoscere dai nostri sintomi le nostre malattie, assumiamo con fedeltà la terapia che ci viene data…
Io – In Paradiso??? Malattie??? Tu??? Mi sfugge qualcosa, sono disorientato…

Cristo Pantocratore, Duomo di Monreale

il Paziente – Ohi, Ugo! Segui il discorso! Questa è la logica del Paradiso, il Logos del Paradiso! Non sto dicendo che siamo malati e assumiamo terapie!
Io – Meno male, avevo iniziato a preoccuparmi di nuovo per la mia artrosi…
il Paziente – Metodo, ragazzo, metodo… è tutta questione di metodo… Qui in Paradiso ne siamo convinti: mai lasciare che i malati facciano un’autodiagnosi e si prescrivano le medicine… Guarda, è un po’ come con la confessione e con la direzione spirituale: si fa un esame di coscienza, una meditazione, se ne parla con qualcun altro, ci si fida di lui, si seguono i consigli…
Io – Forse ho capito dove vuoi arrivare… Abbiamo sbagliato metodo?
il Paziente – Perché questo lo chiedi a me, ora? Sei in grado di valutare da solo o no?
Io – Mi viene da pensare che la presunzione di un metodo sbagliato faccia parte della mondanità spirituale…e che ci siamo fidati troppo delle nostre forze, alle nostre conoscenze e capacità… Non abbiamo saputo leggere la storia…
il Paziente – Leggere la storia. Una bella frase. Ma tu che valore le attribuisci? Cosa intendi?
Io – Sto pensando ai “sintomi”, abbiamo trascurato i sintomi! Siamo partiti da un sistema astratto, chi da un manuale del bravo cristiano chi da un dizionario del perfetto peccatore e scorrendo le voci abbiamo cercato di capire i nostri guai… A… A… Accidia: ce l’ho! Arroganza: ce l’ho! Avarizia: mi manca!
il Paziente – Non farmi l’elenco, conosco…
Io – E abbiamo trascurato i sintomi! La storia! Che scemi!
il Paziente – Mi fai qualche esempio, per favore? Vediamo cosa intendi con i sintomi.
Io – Per esempio sto pensando a calo delle vocazioni e problemi dei preti…
il Paziente – La lingua batte dove il dente duole!
Io – Con il manuale del perfetto peccatore tra le mani ci siamo chiesti che malattia spirituale fosse… e giù a cercare soluzioni e innovazioni, moltiplicando preghiere e coccole clericali, perché tutto tornasse come, meglio di prima… la gloria clericale… invece no, invece è un sintomo, e forse nemmeno quello, ma l’indice di una nuova pagina ecclesiale… meno clericale, più laicale, meno verticistica, più popolare…
il Paziente – Altri esempi?
Io – Mi torna in mente una Parrocchia dove ho svolto servizio una quindicina di anni fa, l’edificio era immerso in un parco verde, circondato da una siepe. Tutto curato, i bambini venivano a giocare, c’era il campo sportivo, le attività parrocchiali, le messe, i gruppi… come se la Parrocchia fosse quella… il primo anno lanciai uno slogan: “Oltre la siepe”, per dire che nel cuore della Parrocchia non poteva esserci un dentro e un fuori… e dentro tutto bene, un angolo di paradiso… e fuori la solita vita, anche brutta… Oggi abbiamo aperto gli occhi e qualche cosa brutta l’abbiamo trovata anche al di qua della siepe… non esistono paradisi terrestri…
il Paziente – No, non esistono, non più. Perché ti è tornato in mente questo esempio? Che cosa c’entra con il nostro discorso?
Io – Nel manuale del bravo cristiano credo si trovi scritto che le Parrocchie debbano essere riempite. Per questo i discorsi sulla missionarietà, sull’animazione pastorale, sul catechismo delle famiglie in occasione dei sacramenti… Ma sono la via giusta? O forse le parrocchie in qualche occasione hanno ricercato se stesse, la propria gloria… Se si guardano i risultati sono piuttosto deludenti…
il Paziente – Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l’operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato. Riflettete bene al vostro comportamento! Facevate assegnamento sul molto e venne il poco: ciò che portavate in casa io lo disperdevo. E perché? Perché la mia casa è in rovina, mentre ognuno di voi si dà premura per la propria casa. (NdA: l’autore è certo di aver ascoltato le stesse parole dal profeta Aggeo 1,6-7.9)
Io – Ecco, è così, Signore! Penso proprio che abbiamo cercato di costruirci una bella Parrocchia, cingerla di una siepe… una bella chiesa, i buoni dentro e i cattivi fuori… e ci siamo dimenticati di edificare la tua casa, quella dove tutti gli uomini ti possano incontrare, conoscere, amare… Le Parrocchie vuote, gli sforzi vani, sono un sintomo, il segnale che la comunità cristiana deve uscire, andare oltre la siepe, sciogliersi come il sale nella pietanza… ricostruire la tua casa… come fece Francesco d’Assisi… un cambiamento radicale di modelli ecclesiali…
il Paziente – Ci vorrà tempo… tempo e speranza…
Io – Io sono un po’ più frettoloso di te, sto invecchiando e non vedrò compiuto praticamente nulla di tutto questo.
il Paziente – Anche a Roma si sta preparando una generazione sensibile e pronta a mettersi in gioco per la Chiesa del futuro. Lo Spirito Santo la guiderà… non praevalebunt… (NdA: l’autore ritiene che il latino dell’espressione de il Paziente della stanza 113 sia in realtà una citazione monca della promessa fatta a Pietro nel vangelo di Matteo 16,18: le porte degli inferi non prevarranno sulla chiesa).
Io – Queste parole mi consolano molto. Mi consola sapere che è il tuo Spirito a guidare la Chiesa e che per questo possiamo guardare con speranza il futuro. È bello ricordarlo concludendo i nostri dialoghi sulle malattie spirituali, così come ci aveva chiesto il Vicario Generale. Alla fine però potresti dire anche a me qualcosa di più personale, per salutarci… penso che pure il mio futuro ti stia a cuore, no?
il Paziente – Certo! Mi prendo cura ogni giorno del tuo futuro! E il tuo futuro è: Buona Pasqua di Risurrezione, Ugo!
Io – Grazie, Signore! Anche a te, soprattutto a te! Alla prossima!
il Paziente – Amen!