Il futuro e i professori di storia

Inizialmente ho fatto un paio di post-tweet, ho anche avuto per un attimo la tentazione di prendere carta e penna e di scrivere al Direttore di Avvenire che ha pubblicato questo articolo (mirror pdf).

Poi mi sono ricordato di avere un blog, qui posso appuntare in libertà i miei pensieri per i miei 25 lettori e ho lasciato perdere la posta del Direttore.

Il prof. Roccucci insegna storia contemporanea all’Università degli Studi Roma Tre. Dunque non ha l’aria dello sprovveduto.

Strizza l’occhiolino al Governo Meloni, bacchetta l’Unione Europea e guarda con diffidenza agli Stati Uniti, soprattutto pensa al futuro geopolitico dell’Ucraina. E già solo questo basterebbe: un professore di storia che pensa al futuro…

Naturalmente non intendo mettere in dubbio le buone intenzioni del professore. Esiste una sola persona al mondo che non vorrebbe la pace? È quasi ridicolo semplicemente lasciarsi sfiorare dal pensiero che qualcuno possa insegnare ai propri bambini l’odio viscerale per altri bambini e il desiderio di crescere e di ucciderli tutti, magari immolandosi come martire per aspirare al paradiso. Quasi ridicolo. Non accadrà mai, in nessuna parte del mondo… penso… forse… dovrei verificare…

Osservo che a dispetto del titolo “Perché dobbiamo uscire dalla logica bellicistica” il professore nell’articolo non dà esattamente nessuna risposta alla domanda. Che in effetti non la richiederebbe nemmeno, trattandosi di retorica da titolista un po’ ammuffita: scrivere sul quotidiano dei vescovi a proposito di logica bellicistica agli italiani che hanno dovuto imbracciare le armi per cacciare il dittatore che il 26 luglio 1914 sull’«Avanti!» pubblicava un articolo intitolato Abbasso la guerra; lo stesso che il 2 ottobre 1935 entrò in guerra con l’Etiopia, L’ETIOPIA!; lo stesso che fu invitato da Churchill (16 aprile 1940), da Reynaud (22 aprile 1940), da Pio XII (24 aprile 1940) e da Roosevelt (26 aprile 1940) a rimanere neutrale nella guerra nazista mentre poi il 10 giugno 1940 dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, appare quantomeno inopportuno. Si rischia di far passare l’idea che le logiche bellicistiche brutte siano solo quelle degli altri. E che gli italiani sani non hanno dovuto combattere per liberarsi di uno che voleva “qualche migliaio di morti” per sedersi al tavolo delle trattative. I dittatori sono tutti uguali, professore: della vita degli altri non interessa nulla, a loro servono solo morti per sedersi al tavolo delle trattative quando vogliono ottenere qualcosa. Lei insegna storia, lo sa, se la storia ha insegnato qualcosa a lei.

Osservo pure che in tutto l’articolo la responsabilità della Russia non è mai direttamente affrontata. L’Ucraina, l’Unione Europea, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti si sono svegliati quel 24 febbraio 2022 così, con le repubbliche popolari del Donbass riconosciute dai russi tre giorni prima e con le truppe di Mosca dirette a Kyïv (gli ucraini preferiscono chiamarla in questo modo, professore, non Kiev come la chiamano i russi). E nell’articolo deve essermi sfuggita pure qualche parola su quel trascurabile dettaglio del mandato di arresto nei confronti di Vladimir Putin spiccato il 17 marzo 2023 dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra avvenuti in Ucraina. Come si può fare la storia ignorando le responsabilità? Quale storia si insegnerebbe? Quella ad uso del più forte? Quella del prepotente?

Dell’indipendenza ucraina, della rinuncia alle proprie armi nucleari con il Memorandum di Budapest (capitale dell’Ungheria, sì, quella di Orbàn), dei successivi tentativi di ingerenza russa, della guerra e delle annessioni territoriali, con la disgustosa vacanza dell’ex Presidente del Consiglio Berlusconi nella Crimea occupata dai russi dove insieme a Putin avevano aperto e bevuto una bottiglia di sherry datata 1765, proveniente dalle cantine del palazzo di Massandra, una bottiglia considerata dagli ucraini un bene pubblico, non vi è traccia nell’articolo del professore di storia contemporanea. Forse a lui non interessa, ma agli ucraini sì, perché è la loro patria, la loro storia, sono le loro ferite. Quando non si ha forza di riconoscere la patria degli altri, la storia degli altri, di toccare le ferite degli altri converrebbe tacere. Soprattutto sul quotidiano dei vescovi.

Bisogna ammetterlo: può parlare al futuro chi conosce la storia, chi la ignora è condannato a ripeterla. Il professore di storia quindi si sente di parlare del futuro. Vede le armi del presente, la diplomazia non proprio scattante e parla del futuro geopolitico. Siccome “questa guerra, come tutte, non è solo una partita che si gioca tra le due parti, ma è una vicenda di natura internazionale” sarà per questo che “c’è bisogno di iniziare a ragionare anche sull’architettura geopolitica del dopoguerra in Europa e su scala globale“, come sostiene il professore? Ma non era stato già fatto nel 1994 a Budapest? Non erano stati proprio quella Gran Bretagna e quegli Stati Uniti oggi al fianco dell’Ucraina a farsi garanti di una nuova architettura geopolitica in Europa e della sicurezza dell’Ucraina con i buoni uffici dell’Ungheria nei confronti delle macerie russe della defunta Unione Sovietica? Quindi questa architettura del futuro geopolitico europeo stavolta chi dovrebbe farla? Unione Europea, Gran Bretagna e Stati Uniti no, seguono una logica bellicistica. Forse Cina e Corea del Nord? I BRICS? Il professore accenna ma non dice.

Che Gran Bretagna e Stati Uniti oggi siano dalla parte dell’Ucraina non mi sorprende. Non mi sorprende nemmeno la “linea di moderazione seguita dal governo italiano” che tanto eccita il professore di storia, visto il fiume di soldi in valuta estera (rubli no, penso cambiati in dollari ed euro) che hanno oliato per anni i meccanismi arrugginiti e rossobruni della Repubblica. La Russia di Putin mi sorprende meno di tutti, le mire neo imperialiste del piccolo ex funzionario del KGB sono ben note e hanno la benedizione del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie (la Grande Russia, la Russia Bianca e la Piccola Russia) e l’ammirazione del Papa di Roma che il 25 agosto 2023 esortò i giovani russi: “Non vi dimenticate della vostra identità. Voi siete eredi della grande Russia, la grande Russia dei santi, dei re, la grande Russia di Pietro il Grande, di Caterina II, quell’impero russo grande e colto, di tanta cultura, di tanta umanità, non vi liberate mai di questa eredità, siete gli eredi della grande madre Russia, andate avanti e grazie per il vostro modo di essere e per il vostro essere russi“.

Il quotidiano dei vescovi non mi sorprende. So e taccio.

I professori di storia che parlano di futuro un po’ mi sorprendono, lo ammetto. A volte sconfinare in terreni che non sono congeniali riserva la brutta sorpresa di rendere plateali i limiti della propria persona e del proprio insegnamento.

Mi auguro di cuore che la guerra in Ucraina finisca presto, troppi lutti e troppi dolori. Mi auguro che l’Ucraina possa ritrovare la pace entro i confini internazionalmente riconosciuti prima del 2014 e che sia ripagata di tutti i danni subiti, le sofferenze purtroppo segneranno intere generazioni, come è stato con l’Holodomór, e le affido alla consolazione di Dio. Mi auguro che la Comunità internazionale abbia la forza di difendere le popolazioni aggredite, di disarmare l’aggressore, di ricondurre alla ragione le personalità politiche che non rispettano il diritto e di consegnarle alla giustizia che le ricerca. Mi auguro che la Russia trovi il coraggio di riscattare la sua immagine di “stato canaglia” ormai consegnata alla storia recuperando l’umanità e la civiltà che ora sembrano tanto devastate agli occhi del mondo.