La conversione missionaria

Ritiro Comunità Famiglie – Civitella S. Paolo, 23 Aprile 2016

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1) Parola di maestri

(a) Francesco, Amoris Laetitia 200-201

“La Chiesa vuole raggiungere le famiglie con umile comprensione, e il suo desiderio «è di accompagnare ciascuna e tutte le famiglie perché scoprano la via migliore per superare le difficoltà che incontrano sul loro cammino». Non basta inserire una generica preoccupazione per la famiglia nei grandi progetti pastorali. Affinché le famiglie possano essere sempre più soggetti attivi della pastorale familiare, si richiede «uno sforzo evangelizzatore e catechetico indirizzato all’interno della famiglia», che la orienti in questa direzione.

«Per questo si richiede a tutta la Chiesa una conversione missionaria: è necessario non fermarsi ad un annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone». La pastorale familiare «deve far sperimentare che il Vangelo della famiglia è risposta alle attese più profonde della persona umana: alla sua dignità e alla realizzazione piena nella reciprocità, nella comunione e nella fecondità. Non si tratta soltanto di presentare una normativa, ma di proporre valori, rispondendo al bisogno di essi che si constata oggi, anche nei paesi più secolarizzati».[230] Inoltre «si è parimenti sottolineata la necessità di una evangelizzazione che denunzi con franchezza i condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici, come l’eccessivo spazio dato alla logica del mercato, che impediscono un’autentica vita familiare, determinando discriminazioni, povertà, esclusioni e violenza. Per questo va sviluppato un dialogo e una cooperazione con le strutture sociali, e vanno incoraggiati e sostenuti i laici che si impegnano, come cristiani, in ambito culturale e sociopolitico».”

(b) Secondo Sinodo Romano, 69

In questo contesto l’impegno della nuova evangelizzazione della famiglia si mostra come una realtà prioritaria, non solo dal punto di vista della Chiesa, ma anche da quello della società. La crisi di significato, ma anche di crescita, della famiglia invoca una parola di luce e di concreto orientamento, che può venire solo da Gesù Cristo e dal suo perenne e sempre nuovo “Vangelo sulla famiglia ”.

Nel dare l’avvio, sulla base della preziosa esperienza finora accumulata, a un vigoroso slancio di rinnovamento e di promozione della pastorale familiare, la Chiesa di Roma intende attingere al ricco insegnamento conciliare sulla verità della
famiglia, approfondito nell’Esortazione apostolica Familiaris Consortio. Sa inoltre di poter contare – sia per il discernimento delle situazioni in cui oggi versa la famiglia nella nostra Città, sia per l’individuazione delle vie da intraprendere per aiutarla, sostenerla e dischiuderle l’orizzonte della sua autentica vocazione – sull’esperienza diretta dei coniugi e delle famiglie cristiane motivate e generose che hanno cercato e cercano, con l’aiuto di Dio e l’ascolto della sua parola autenticamente interpretata dai Pastori, di incarnare nella loro vita e di testimoniare ai fratelli la verità e la bellezza del progetto di Dio sulla famiglia.”

(c) Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio 50

“La famiglia cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio e originale, ponendo cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa nel suo essere ed agire, in quanto intima comunità di vita e di amore.

Se la famiglia cristiana è comunità, i cui vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la fede e i sacramenti, la sua partecipazione alla missione della Chiesa deve avvenire secondo una modalità comunitaria: insieme, dunque, i coniugi in quanto coppia, i genitori e i figli in quanto famiglia, devono vivere il loro servizio alla Chiesa e al mondo. Devono essere nella fede «un cuore solo e un’anima sola» (cfr. At 4,32), mediante il comune spirito apostolico che li anima e la collaborazione che li impegna nelle opere di servizio alla comunità ecclesiale e civile.

La famiglia cristiana, poi, edifica il Regno di Dio nella storia mediante quelle stesse realtà quotidiane che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di vita; è allora nell’amore coniugale e familiare – vissuto nella sua straordinaria ricchezza di valori ed esigenze di totalità, unicità, fedeltà e fecondità (cfr. Paolo PP. VI «Humanae Vitae», 9) – che si esprime e si realizza la partecipazione della famiglia cristiana alla missione profetica, sacerdotale e regale di Gesù Cristo e della sua Chiesa: l’amore e la vita costituiscono pertanto il nucleo della missione salvifica della famiglia cristiana nella Chiesa e per la Chiesa.

Lo ricorda il Concilio Vaticano II quando scrive: «La famiglia metterà con generosità in comune con le altre famiglie le proprie ricchezze spirituali. Perciò la famiglia cristiana che nasce dal matrimonio, come immagine e partecipazione del patto di amore del Cristo e della Chiesa, renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore del mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l’amore, la fecondità generosa, l’unità e la fedeltà degli sposi che con l’amorevole cooperazione di tutti i suoi membri» («Gaudium et Spes», 48)”.

(d) Concilio Vaticano II, Apostolicam Actuositatem 11

“La famiglia ha ricevuto da Dio la missione di essere la cellula prima e vitale della società. E essa adempirà tale missione se, mediante il mutuo affetto dei membri e la preghiera elevata a Dio in comune, si mostrerà come il santuario domestico della Chiesa; se tutta la famiglia si inserirà nel culto liturgico della Chiesa; se infine praticherà una fattiva ospitalità e se promuoverà la giustizia e le buone opere a servizio di tutti i fratelli che si trovano in necessità.

Fra le svariate opere dell’apostolato familiare, ci sia concesso enumerare le seguenti: adottare come figli i bambini abbandonati, accogliere con benevolenza i forestieri, dare il proprio contributo nella direzione delle scuole, consigliare e aiutare gli adolescenti, aiutare i fidanzati a prepararsi meglio al matrimonio, collaborare alle opere catechistiche, sostenere i coniugi e le famiglie nelle loro difficoltà materiali e morali, provvedere ai vecchi non solo l’indispensabile, ma anche renderli partecipi equamente dei frutti del progresso economico.

Le famiglie cristiane le quali in tutta la loro vita si mostrano coerenti con il Vangelo e mostrano con l’esempio cosa sia il matrimonio cristiano, offrono al mondo una preziosissima testimonianza cristiana, sempre e dovunque, ma in modo speciale nelle regioni in cui viene annunziato per la prima volta il Vangelo, oppure la Chiesa si trova tuttora nei suoi inizi o urta contro gravi ostacoli (21).

Affinché possano raggiungere più facilmente le finalità del loro apostolato, può essere opportuno che le famiglie si uniscano in qualche associazione (22).”.

2) La Parola di Dio: Matteo 10

(a) Conversione dei discepoli
  • Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità (v. 1): la chiamata comporta una prossimità. I discepoli, in questa vicinanza con il Signore (“a sé”), assumono nuove potenzialità nella lotta contro il male.
  • I nomi dei dodici apostoli sono (v. 2): la chiamata comporta una trasformazione: da discepoli (coloro che ascoltano e seguono) ad apostoli (coloro che annunciano e vanno avanti a tutti). La chiamata è personale, non anonima. Anzi, si potrebbe dire che proprio la chiamata trasformante fa uscire dall’anonimato.
  • Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti (v. 5): immagino gli apostoli mentre prendono appunti per svolgere il compito loro affidato… Hanno bisogno di istruzioni, non del programma dettagliato. Mentre Gesù detta le linee della loro missione, ne lascia alla creatività degli apostoli la realizzazione storica.
  • Dodici: perché questa insistenza sul numero 12? A parte il simbolismo biblico delle 12 tribù d’Israele, Dio non pare essere mai stato un amante dei grandi numeri (cfr Abramo, Gedeone, Davide…). Mai perdere memoria del fatto che non c’è proporzione tra impegno umano e risultati della missione. E che un dodicesimo degli apostoli è traditore.
(b) L’annuncio del vangelo
  • E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino (v. 7): la visione iniziale, primitiva del missionario è dinamica: l’apostolo fa la strada, la percorre, cammina su di essa, non si parla di punti di arrivo ma di punti di attraversamento; e l’apostolo fa la strada perché la traccia disseminandola di predicazione.
  • Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (v. 8): cosa hanno ricevuto gli apostoli per darlo gratis? C’è un assoluto sottinteso, nel quale si racchiude l’intera esperienza umano-religiosa del discepolo dentro l’abbraccio della gratuità. Al tempo stesso il vangelo non perde di vista le differenti biografie umane: alcuni sono vittime dell’ingiustizia della vita, che arbitrariamente premia gli uni e colpisce gli altri. L’apostolo soffre con chi soffre e sorride con chi sorride, senza dimenticare che il vangelo è partigiano: sta sempre dalla parte delle vittime.
  • Entrando nella casa, rivolgetele il saluto… pace (vv. 12-13): dinamismo, prontezza nel cogliere le situazioni, disponibilità a mettersi in gioco: caratteristiche tipiche dell’apostolo, che si mostra vero operatore di pace.
  • Uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi (v. 14): dal dinamismo (“entrando”) all’imperativo (“uscite”). La chiesa compie un cammino che obbedendo al Signore la porta a liberarsi di ogni ramo secco.
  • Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti (v. 27): la preoccupazione dei cristiani dei primi decenni era che Gesù avesse costituito un gruppo di privilegiati i quali aveva riservato verità nascoste a tutti gli altri; la Chiesa ha dovuto affrontare un lungo periodo di purificazione per passare da una religione iniziatica, misterica ad una fede popolare, antropica: non l’uomo è per il sabato, ma il sabato è per l’uomo…
  • Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me (v. 38): parole del genere potevano essere comprese dagli apostoli solo dopo la risurrezione. La sequela di Gesù prepara al rifiuto: ogni cosa sembra dire che il mistero del male oppone tutta la sua forza al Bene fatto carne. L’uomo contro l’Uomo. Anche in noi: le cose parziali, ideologiche, pregiudiziali contrastano le aspirazioni divine animate dallo Spirito di Dio. L’umanità, alla fine, è una croce da portare, senza fughe in avanti – in alto, senza scoramenti perché il destino è risurrezione.
  • Non perderà la sua ricompensa (v. 42): evocare ricompensa per chi avrà servito i servitori può apparire un’esagerazione (“Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto”, v. 41). In realtà l’esagerazione è quell’identificazione tra il missionario e Dio che dovrebbe lasciarci a bocca aperta: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (v. 40).
(c) Le persone
  • Pagani, Samaritani e pecore perdute della casa d’Israele (vv. 5-6): i destinatari della buona notizia del regno sono le pecore perdute. Nel vangelo è iscritta la necessità di ritrovare ciò che era perduto.
  • Operai, cittadini, persone degne, governatori, re, giudici, fratello, padre, figlio, genitori, discepolo, maestro, servo, padrone, figlia, madre, suocera, nuora, profeta, giusto, discepolo: una delle rare pagine del vangelo nelle quali si concentra un numero rilevante di categorie sociali. Con tutte le loro ambiguità: alcune familiari, altre istituzionali; alcune religiose altre senza Dio. Ciascuna di loro manifesta reazioni diverse all’annuncio del vangelo. Il vangelo resta segno di contraddizione.
  • Le virtù:
  • Pace (v. 13): la pace interiore, l’equilibrio dell’abbandono fiducioso del bimbo svezzato in braccio a sua madre…
  • Prudenza e semplicità (v. 16): ci si deve sporcare le mani, ma senza dimenticare i guanti…
  • Serenità (v. 19): la serenità è quella condizione interiore che si dichiara di avere dopo aver ricevuto un avviso di garanzia… nessuna battuta: il Signore invita a non preoccuparsi proprio coloro che sono chiamati in tribunale…
  • Coraggio (v. 26): il regno dei cieli non è affare per i timidi e gli indecisi.
  • Timore (v. 28): il timore di Dio è una virtù, un dono dello Spirito. Perdere Dio, questo deve farci paura.