Evoluzione della visione antropologica nella fantascienza
Propongo un abbozzo di riflessione sull’evoluzione della visione antropologica nella fantascienza, che considero un buon termometro per comprendere in che modo la scienza e la filosofia si strutturino ed influenzino a vicenda. Attraverso alcuni miei tweet sintetizzo un pensiero che merita senza dubbio altro approfondimento.
Per i più giovani: se vi siete persi “A come Andromeda” vi consiglio di guardarvi le 5 puntate. Valgono la pena! https://t.co/b23cjk5Pt8
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 8 marzo 2017
La recitazione degli “sceneggiati televisivi” era quella del teatro: dizione perfetta, voce impostata.
E la regia un esperimento! Riuscito! https://t.co/ytdO7uq638
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 8 marzo 2017
Se consideriamo “A come Andromeda” (1972), la fantascienza di “Transcendence” (2014) è solo un po’ più piena di effetti, ma poco di nuovo.
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 8 marzo 2017
Al confronto il tema dominante odierno non è più quello di intelligenze extraterrestri, ma della singolarità (2005) https://t.co/Ngb5EucL0C
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 8 marzo 2017
Quanto realisticamente sia possibile un’autotrascendenza (Frankl, 1965) dell’uomo tecnologica è tutto da verificare. https://t.co/EBIwoR5bOH
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 8 marzo 2017
Al tempo stesso l’umanità sembra destinata al matrimonio di psiche e techne (Galimberti, 2000) per scoprire che la sua essenza è la tecnica.
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 8 marzo 2017
Ma l’umanità è preparata al completo dominio della tecnica? (Heidegger, 1959)
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 8 marzo 2017
Nel ’72 la scienza sembra aspettare un’illuminazione da fuori, da intelligenze superiori.
Nel ’14 si è emancipata, è più antropocentrica. https://t.co/WbHTEYr27H
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 8 marzo 2017
Autotrascendenza e singolarità sono al tempo stesso forza e debolezza dell’uomo.
Lo rendono artefice del suo destino. Ma sempre più solo.
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 8 marzo 2017
Come Adamo decisore di bene e di male.
Come Prometeo libero di pensare senza vincoli dogmatici.
Come Kālī invincibile assetato di sangue. https://t.co/rNOqfWbA2l
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 8 marzo 2017
Cresce il timore dell’uomo verso le macchine. Si sperimenta la paura per gli effetti dell’autocoscienza (“2001. Odissea nello spazio”, 1968)
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 9 marzo 2017
Il timore si trasforma in conflitto: le macchine entrano in competizione con il genere umano (“Io, robot”, 2004).
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 9 marzo 2017
L’epoca della “tecnologia come gioco” (“Tron”, 1982) sembra definitivamente passata. https://t.co/oQ3j6aQQXH
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 9 marzo 2017
L’uomo ora pensa maggiormente a se stesso e alla sua sopravvivenza. “The island” (2005) propone la visione di un mondo di pezzi di ricambio.
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 9 marzo 2017
Ma resta la domanda: il genere umano sarà per sempre? In “ET” (1982) la presenza di alieni alleati dell’umanità fa sperare di sì.
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 9 marzo 2017
Però in “AI” (2001) le macchine sopravvivono all’uomo. E nel citato “Transcendence” (2014) sono loro a crearlo! pic.twitter.com/ao2AUVV31y
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 9 marzo 2017
Intanto la realtà svapora: “Il tredicesimo piano” (1999) mostra il potere delle macchine che costruiscono mondi. https://t.co/oh5BWXQkN5
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 9 marzo 2017
La realtà relazionale perde definitivamente il suo appeal in “Inception” (2010), dove si realizza solo nei sogni. https://t.co/ZXZ9RpAyyQ
— Ugo Quinzi (@UgoQuinzi) 9 marzo 2017