Ho udito il tuo passo nel giardino
«Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto» (Prima Lettura). Nelle parole con le quali Adamo risponde al Signore Dio troviamo racchiuso uno dei più grandi drammi dell’umanità. E, allo stesso tempo, l’episodio della Genesi ci proietta verso uno spiraglio insospettato di speranza: «L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi».
«Il tuo passo nel giardino»
Adamo si trova in una condizione del tutto originale. Sente Dio. Lo vede faccia a faccia. Parla con lui come ad un suo simile. La Bibbia ci mostra, attraverso l’immagine del primo uomo, ciò che nel pensiero di Dio doveva essere il rapporto tra Creatore e creatura. Un rapporto familiare, un rapporto intimo, un rapporto addirittura sensibile. Non possiamo stupirci, quindi, se ancora al giorno d’oggi molti di noi soffrono nel profondo. Soffrono perché non sentono Dio; soffrono per l’aridità dello spirito; oppure soffrono per l’aridità della fede. Allo stesso tempo non possiamo meravigliarci del desiderio, espresso con semplicità da tanti, di poter vedere e parlare con Dio. L’anelito ad una fede fondata sullo stile delle certezze che noi possiamo avere da uomini, questo anelito è del tutto legittimo.
Ma non dobbiamo nemmeno trascurare questo particolare del quadro biblico: Adamo ode il passo di Dio nel giardino. In un certo senso Dio è riconoscibile dal suo passo. Tutta la creazione è attraversata, come un giardino, dal suo Creatore. Lo è per il fatto stesso di essere opera d’arte. Come ogni opera d’arte porta impressa in sé la mano dell’artista, lo stile, la finalità, il senso estetico, il diletto giocoso. Tutto ciò potrebbe definirsi il passo di Dio nel giardino. In altri termini, ancora oggi possiamo intendere la presenza di Dio in modo quasi sensibile a partire dalla sua opera.
Eppure l’immagine del Dio che passeggia nel suo giardino non esaurisce qui tutti i suoi sensi. Essa ci richiama l’immensa dignità posseduta dalla creazione, capace di accogliere Dio e di consentirgli di dilettarsi tra le sue creature. Ci richiama l’immensa familiarità dell’intero creato con il Signore, in una sorta di annullamento delle distanze tra la cosa creata e posseduta e il Dio Creatore e Signore. Ci richiama, infine, l’immensa attenzione e cura con cui Dio si preoccupa della sua opera d’arte e le consente di rispettare la finalità per la quale essa esiste. Penso che dovremmo chiedere al Signore di ricuperare tutto questo: la sensibilità per riconoscerlo presente nel creato, il senso di dignità per accoglierlo, il senso di familiarità per essergli accanto senza timore, il senso di attenzione e cura per non dimenticarlo in nessun momento della nostra vita.
«Ho avuto paura e mi sono nascosto»
L’aver paura è una condizione ben nota all’umanità di ogni secolo. Non così sembrerebbe per l’Adamo appena uscito dalle mani di Dio. È l’Adamo peccatore, l’Adamo caduto a provare paura. Ed ecco il dramma: egli prova paura di Dio. Quei passi, che un tempo lo consolavano e lo avvertivano di una presenza amica, diventano il segnale di una minaccia. Intere generazioni di uomini si sono succedute da quel momento in poi. Ma la sensazione di minaccia non ha cambiato di molto. Ancora oggi molti uomini avvertono con timore la presenza di Dio, si chiedono con angoscia se davvero Dio è amico dell’uomo, sono in ansia nell’attesa di un giudizio delle loro opere. Di fronte a Dio l’uomo sembra avere un senso di pudore, si sente nudo e indifeso.
Alla luce di tutto ciò risulta maggiormente comprensibile la reazione di Adamo, e dopo di lui di tanti altri. Mi sono nascosto, dice Adamo. Mi sono rifugiato nelle mie sicurezze, lontano dallo sguardo del Signore. Mi sono sottratto ad una relazione diretta con lui. Ho cercato soluzioni diverse dalle sue per i problemi del mio vivere. Mi sono messo in alternativa a Dio.
Davvero Dio rappresenta una minaccia per l’umanità? Penso che questa sia la domanda centrale a cui dare una risposta. Ciò che è Dio, ciò che Dio pensa, quel che fa, quel che dice: insomma, Dio sarebbe il nemico della sua creatura? La risposta sembra essere contenuta nella domanda. È impossibile che Dio possa volere anche solo un briciolo di male verso la sua creazione. Egli è colui che fa sentire il suo passo alle sue creature, che rispetta la loro dignità, che le tratta con familiarità, che se ne prende cura e attenzione. No, non è Dio una minaccia per l’uomo. Non è lui la minaccia.
«Madre di tutti i viventi»
Le minacce giungono all’uomo da altre direzioni. In particolare giungono all’uomo da lui stesso. È l’uomo nascostosi a Dio che diventa minaccia per se stesso. Perduto il riferimento fiducioso nei confronti di Dio, l’uomo si priva del supporto insostituibile del Creatore. Per questo ogni creatura che nel corso della storia umana ha stretto un legame indissolubile con il Signore della vita ha potuto compiere gesti che rimanessero per la vita.
Una di queste creature è Maria. La liturgia odierna, che ce la presenta come primizia dell’umanità redenta, accosta l’immagine di Maria a quella di Eva. Entrambe madri, entrambe madri di tutti i viventi. Da quelle parole della Genesi ci giunge, attraverso i secoli, la voce di Dio. Lo stile del Divino Artista si riconosce proprio dalla vita: è la vita a costituire il carattere distintivo del Dio Creatore. Una vita che nemmeno il rifiuto dell’uomo riesce a sopraffare. Una vita che vince sulla morte e sulla minaccia che l’uomo costituisce per se stesso.
Nell’immagine biblica incontriamo anche una ulteriore indicazione circa il salto di qualità che Cristo imprime alla storia, e di cui la Vergine è la prima beneficiaria. Tale salto di qualità si riassume in un passaggio: con la redenzione di Cristo l’uomo passa dalla capacità di generare vita alla capacità di generare vita eterna. Infatti, mentre l’uomo sullo stile di Adamo avrebbe in sé la forza di non interrompere la catena della vita, l’uomo sullo stile di Gesù porta con sé la grazia di partecipare ad un progetto di portata eterna.
Maria, celebrata dalla chiesa quest’oggi come Immacolata Concezione, è la conferma della riuscita del disegno redentivo del Padre. Con le premesse che abbiamo fatto quanto sembrano lontane certe forme di spiritualità e di venerazione della Madonna! Mentre la meditazione sulla Vergine Immacolata ci spinge ad elevare lo sguardo sull’immensità di un divino progetto di vita, troppi cristiani si abbandonano a pratiche rituali e superstizione, ritenendole autentica fede. Ricerca di segni prodigiosi, approvazione acritica di miracolismi e sensazionalismi, distorto senso di preghiera che fa della preghiera privata un assoluto e tende a sottovalutare la preghiera liturgica della chiesa: a tutto questo abbiamo ridotto la venerazione di Maria?
Oggi la nostra preghiera si fa gratitudine al Signore perché il suo progetto redentivo si è compiuto. Si fa gratitudine per il dono di Maria, questa creatura attraverso la quale il Padre ci parla del suo desiderio di vita eterna. Ma si fa anche impegno e richiesta. Prendiamo l’impegno di rinnovare la nostra venerazione mariana: fortificandola se vacilla, imprimendole nuovo senso e luce; rinnovandola, se non si presenta in linea con il sentire della chiesa ma si scopre chiusa nei personalismi, negli individualismi, o in forme insufficienti di fede. E chiediamo perciò al Signore di purificare la nostra fede: di farci ricercare sempre lui, Autore della vita, accogliendone con fiducia la sua presenza nella storia, esattamente come Maria. Amen.