Una piacevole sorpresa. Martedì grasso con la IV G

La collaborazione tra Samadi e Liceo “Talete” continua. Grazie alle Professoresse Lucarini e Ficarra è stato possibile realizzare l’incontro tra alcune classi del Talete con gli ospiti della Samadi. Nel periodo di Natale si sono svolte le classiche tombolate. Quest’anno 2019, a conclusione del carnevale, due classi quarte hanno offerto agli ospiti due mattinate di giochi a premi e di luculliani rinfreschi il giovedì grasso e il martedì grasso.

Alunne e alunni hanno poi condiviso impressioni e pensieri inviandomi i loro scritti, che pubblico volentieri con animo riconoscente per quanto hanno dato a ciascuno di noi.


5 marzo 2019 – IV G Liceo “Talete”

Docenti accompagnatori:
Prof.ssa Loredana D’Ippoliti
Prof.ssa Adonella Ficarra

 

Un enorme senso di soddisfazione

La visita alla casa di cura psichiatrica è stata una piacevole sorpresa: le aspettative sono state completamente ribaltate già dalle sole presentazioni con i ragazzi che vengono ospitati dalla struttura.
Il progetto con la classe ha avuto diverse fasi: alcune informative e altre ludiche e ricreative.
Attraverso un primo incontro ci sono state proposte le attività e un programma generale; successivamente noi ragazzi siamo diventati protagonisti e noi stessi abbiamo organizzato le possibili attività.
Siamo stati accolti in un magnifico giardino in cui i pazienti sono liberi di passeggiare in compagnia di un ospite speciale: Sami un gattino riconosciuto come un vero terapeuta.
Tra un’attività e l’altra abbiamo organizzato un buffet di cibo e bevande molto gradito dai tutti i pazienti che in pochi minuti sono riusciti a mangiare tutto ciò che avevamo preparato.
Poi abbiamo ricominciato a giocare fino a quando, forse troppo presto, è arrivato momento della premiazione e poi dei saluti.
Infine insieme a degli specialisti abbiamo avuto la possibilità di confrontarci per eventuali dubbi e domande sull’esperienza appena affrontata.
Questa mattina ci ha lasciato un enorme senso di soddisfazione, per aver regalato una giornata diversa a questi pazienti e per sapere che il nostro intervento possa in qualche modo favorire il loro reinserimento nella società; ma, allo stesso tempo, anche un certo senso di tristezza in quanto ci ha fatto aprire gli occhi su un’altra realtà diversa dalla nostra di tutti i giorni, a cui spesso tendiamo a girare le spalle e ignorare questa realtà profonda e toccante.
(Ludovica)

Ho superato la mia diffidenza nei loro confronti

Prima di prendere parte a questa esperienza, probabilmente a causa di luoghi comuni, credevo che i malati psichiatrici fossero persone facilmente irritabili, propense ad essere aggressive nei confronti di chi non facesse parte della loro vita quotidiana. La mia conoscenza era limitata alla visione di qualche film in merito e quindi avevo un po’ di diffidenza a partecipare a questo incontro. Questo mio timore e’ pero’ scomparso non appena ho avuto modo di relazionarmi con alcuni di loro. Infatti ho potuto conoscere persone semplici, alcune molto timide, altre apparentemente indifferenti che, come noi, avevano voglia di divertirsi.
Ho imparato che non bisogna pensare ad un malato psichiatrico come ad una persona che vive in un un mondo completamente diverso dal nostro, ma come ad una persona che, seppur afflitta da problemi di salute, prova emozioni, stati d’animo e sentimenti analoghi ai nostri. Ovviamente nel loro caso la gestione degli stati emotivi è più problematica e difficoltosa, talora necessita di terapia, ma non è differente e quindi comprenderli è più facile di quanto pensassi.
In conclusione questa gita mi ha dato la possibilità di divertirmi e scherzare con persone che avevano voglia di fare lo stesso, superare la mia diffidenza nei loro confronti e confutare un luogo comune ricorrente sui loro comportamenti.
(Federico)

Una delle esperienze più costruttive che abbia mai affrontato

Aver trascorso una mattinata alla clinica psichiatrica Samadi è stata una delle esperienze più costruttive che abbia mai affrontato. Aver avuto la possibilità di interagire con i pazienti della clinica, giocando e facendo merenda con loro, mi ha fatto capire quanto sia importante abbandonare i numerosi pregiudizi e imparare invece a non escludere, o addirittura abbandonare, chi è diverso ma che comunque può essere aiutato. Grazie al cappellano della struttura, Don Ugo, che ci ha guidato in questa attività, siamo venuti a contatto con questa particolare realtà capendo quanto sia importante aiutare queste persone attraverso sia il contributo di medici specialisti sia di persone che cercano semplicemente di interagire con loro e di aiutarli nella quotidianità. La cosa che più mi ha colpito è stato il fatto che appena arrivati alla clinica entrando si percepiva un’atmosfera di tristezza, quasi come se mancasse la vita: molti pazienti camminavano in silenzio o stavano seduti con la sguardo nel vuoto, i corridoi della struttura erano scuri e silenziosi, ma al nostro arrivo molti di loro, incuriositi e coinvolti da noi stessi, hanno iniziato a interagire con noi e tra loro, giocando e chiacchierando in modi diversi ma comunque con un pizzico di allegria. Essere riuscito a regalare, insieme a miei compagni, una mattinata diversa portando un po’ di entusiasmo a queste persone mi ha reso molto contento.
(Alessandro)

Amedeo aspettava solo di guarire

Tempo fa la nostra professoressa di lettere ha organizzato un incontro con Don Ugo, che è il cappellano di una clinica psichiatrica (Samadi) posta poco fuori Roma e ci invitava a venire nella struttura per passare del tempo con gli ospiti lì presenti. In un primo momento fui titubante sul prendere parte a questo evento poiché mi spaventava l’idea di incontrare delle persone che avevano delle difficoltà mentali e che potessero avere poco autocontrollo. Tornato a casa raccontai ai miei familiari dell’incontro e della possibilità che mi si offriva ma riferii anche le mie perplessità. Essi mi spinsero ad aderire facendomi capire che quelle persone erano bisognose di attenzioni,gentilezza, gesti affettuosi e calore umano, convincendomi sulla felicità che avremmo portato con i miei compagni almeno per un giorno. Il giorno previsto arrivò e le mie emozioni erano le stesse delle settimane passate forse un più lievi ma in ogni caso quelle, certamente anche l’interno della struttura, tipica di un ospedale, non mi aiutò a superare quei pensieri che continuavano a tormentarmi. Dopo aver cominciato a sistemare i tavoli e le sedie per svolgere i giochi da noi programmati notai subito di che persone si stesse parlando: la descrizione fatta dalla mia famiglia riguardo a quelle persone era corretta; persone di tutta l’età ci circondava come se desiderassero essere aiutate o almeno questa è stata la mia impressione… Quando cominciammo a interagire con loro quelle sensazioni che mi angosciavano svanirono, sembrava che stessi parlando e giocando con persone come me anzi forse molto più sane di alcune che si possono incontrare per le strade. Vedere i loro volti spensierati e lieti anche se solo per poco tempo mi ha riempito di gioia il cuore.

Di questa esperienza mi rimarrà impressa una frase che mi ha detto uno dei tanti uomini ospiti della struttura, facendomi riempire il cuore di tristezza: il signor Amedeo mi ha raccontato che fuori da quella clinica c’era la sua famiglia che lo stava aspettando, che non vedeva l’ora di tornare a casa ma che per il momento era costretto lì. Ho riflettuto a lungo su queste parole e ho immaginato tutte quelle persone che erano ospiti in tutte le cliniche d’Italia che come Amedeo aspettavano solo di guarire oppure che aspettavano un’altra giornata di felicità come quella che abbiamo organizzato insieme a Don Ugo.
(Alessio)

Non bisogna mai partire con pregiudizi

Il 5 marzo 2019 io e la mia classe ci siamo recati alla clinica psichiatrica Samadi. È stata una bellissima esperienza perché ho provato grande gioia nel vedere i pazienti della clinica felici. Ho sempre pensato, per una mia forma di insicurezza, che coloro che sono affetti da malattie psichiatriche fossero pericolosi e imprevedibili. Prima di fare quest’esperienza avevo un po’ paura delle persone che avrei conosciuto e non sapevo come comportarmi. Dopo aver incontrato ed essermi presentata ai pazienti mi sono ricreduta. Sono persone normali, che presentano delle difficoltà di vario genere.
Mi hanno fatto capire, con il loro modo di fare e di esprimersi, che la vita va vissuta al massimo ogni giorno perché da un momento all’altro ti potrebbe accadere qualcosa di spiacevole.
Dopo questa esperienza porterò sempre con me il fatto che non bisogna mai partire con pregiudizi, qualsiasi cosa si vada a fare.
(Sofia)

La prima volta che una scuola partecipa

La casa di cura Samadi è una struttura residenziale psichiatrica che, in accordo con il liceo Talete, si è offerta di ospitare alcune classi per consentire ai ragazzi, ma soprattutto ai pazienti ‘speciali’ di trascorrere una giornata in modo diverso. È la prima volta che una scuola ha la possibilità di partecipare ad un evento del genere e noi ne siamo davvero grati e ci riteniamo molto fortunati di aver conosciuto una nuova realtà.
Prima di arrivare ed iniziare la nostra attività, dato che nessuno di noi si era mai trovato a relazionarsi con un ex-manicomiale, c’era un’aria ansiosa e terrorizzata che accompagnava i nostri dubbi più grandi: come dobbiamo comportarci? Quali atteggiamenti avranno loro nei nostri confronti? Sarà gradita la nostra presenza?
Non appena abbiamo preso confidenza con i nostri pazienti da intrattenere tutto è stato più semplice e abbiamo lasciato quel posto quasi a malincuore con la speranza di tornare di nuovo a visitare quelli che a fine mattinata potevano considerarsi nostri amici. Terminata questa esperienza inusuale, è prevalso un sentimento di gratitudine e soddisfazione poiché abbiamo portato gioia in un luogo che apparentemente nasconde una realtà ed una mentalità tristi che erano presenti circa 40 anni fa, quando in Italia erano ancora autorizzati i manicomi.
(Elisa)

Un semplice foglio su cui disegnare ed è serenità

Un momento in particolare è stato significativo nel corso della giornata trascorsa alla clinica “Samadi”. Appena all’inizio delle attività osservando il modo in cui disegnavano, come si relazionavano tra loro e con noi ho capito di avere davanti dei bambini indifesi più che dei pazienti, alcuni inconsapevoli delle loro malattie, a cui un semplice foglio su cui disegnare poteva restituire anche solo un secondo di serenità. Da quel momento le sensazioni di inadeguatezza e infelicità che erano state molto forti a primo impatto sono sparite, ho capito che bastavano piccoli gesti per restituire a quelle persone un pizzico di vita e renderle felici anche solo per una mattinata. Ho toccato per la prima volta con mano un tipo di sofferenza che non immaginavo così profonda e che è riuscita a creare in me un cambio di prospettiva rispetto ai problemi di tutti i giorni.
Credo che anche solo pensare per cinque minuti alla fine della giornata a queste persone aiuti moltissimo a renderci tutti un po’ più umani e a sentirci fortunati per come siamo.
(Federico)

La parola “consapevolezza”

Martedì 5 marzo la nostra classe si è recata alla clinica psichiatrica Samadi ad intrattenere per l’intera mattinata i pazienti ricoverati nella struttura. Abbiamo proposto loro vari giochi, i quali per fortuna sono riusciti a coinvolgere con successo buona parte delle persone che avevano deciso di partecipare a queste attività: siamo riusciti a far vivere loro delle ore di divertimento e di svago, un’occasione che gli si presenta raramente.
Personalmente valuto la mia esperienza in modo particolarmente positivo. Inizialmente la mentalità con cui pensavo avrei affrontato la giornata era molto scettica, le mie aspettative negative. Nonostante ciò, sono riuscito a mantenere un approccio ottimista e propositivo, e ne è decisamente valsa la pena: sono riuscito a regalare loro risate, sorrisi, attenzioni, tanti sentimenti che normalmente non hanno la possibilità né di provare loro stessi né di constatarne la presenza negli animi delle altre persone.
Per questo motivo, quando il cappellano della clinica ci ha chiesto di descrivere brevemente la nostra esperienza, per fare ciò io ho scelto la parola “consapevolezza”: con questo termine voglio esprimere la maturazione che questa mattinata ha scaturito in me; la sensazione che ho provato di essere finalmente consapevole delle difficoltà di cui è costellata la vita di questi malati, i quali, a causa delle loro patologie psichiche, sono spesso emarginati e rifiutati dal resto della società, a partire dagli stessi parenti che preferiscono abbandonarli al loro destino piuttosto che prendersi la responsabilità di accudirli.
(Giustino)

Ammetto di aver provato pena

Il giorno 05/03/2019 ci siamo recati alla Samadi, un centro psichiatrico e di riposo per le persone affette da problemi. Quest’esperienza è stata particolarmente significativa sia per me che per l’intera classe perché ci ha fatto provare delle sensazioni uniche. Inizialmente coltivavamo un certo timore di andare in questo posto perché non sapevamo con quali individui avremmo fatto conoscenza. Una volta lì, invece, scoprimmo con stupore come molte di queste persone con cui abbiamo interagito avessero un carattere aperto e amichevole e anche come molte di esse fossero disposte a partecipare ai giochi che gli avevamo proposto. Ugo, colui che ci ha proposto quest’esperienza, ci ha raccontato infatti come questi individui vivano una vita monotona ed in un certo senso anche triste, ed era entusiasta del fatto che siamo riusciti a concedergli questo momento di svago di cui, secondo il suo modesto parere, avevano bisogno. Dal mio punto di vista, questa uscita mi ha fatto ragionare abbastanza su molte cose, principalmente sul rapporto che io e queste persone siamo riusciti a stabilire. “Giocare” con loro mi ha fatto capire come avessero bisogno di qualcuno che li facesse svagare e che li facesse uscire da questa sensazione di monotonia di cui soffrivano da chissà quanto tempo. Ammetto di aver provato pena nei confronti di questi signori, che la natura ha deciso di punire ingiustamente in questo modo. Alcuni di loro, infatti, ci hanno raccontato un po’ della loro vita e di come si sentivano soli. Concludo con il dire che mi sento particolarmente fiero di essere riuscito ad offrire del divertimento a chi, forse, non ne ha mai sentito parlare.
(Leonardo)

Un carnevale senza maschere

La Samadi è una struttura specialistica dedicata alla salute mentale e ai disturbi correlati, attiva dagli anni ’60, che ospita 68 posti letto divisi in quattro categorie.
Il 5 marzo ’19 la mia classe ha avuto la possibilità di passare una mattinata nella clinica in compagnia di una gran parte dei pazienti.
L’organizzazione affidata a noi studenti comprendeva dei giochi da tavolo, quali pictionary e taboo, interrotti da un piccolo buffet.
Quando si affronta una nuova esperienza, qualunque età si abbia, si è sempre un po’ intimoriti perché non si sa esattamente come ci si deve comportare, che situazioni si verificheranno, che persone si incontreranno; e così è stato anche in questa occasione.
All’interno della clinica l’ansia, il timore, la preoccupazione hanno lasciato posto a un senso di naturalezza e tranquillità.
Al contrario di quanto spesso si crede, i malati psichiatrici sono persone innocue e molto spesso socievoli e simpatiche che hanno dei disturbi a livello comportamentale, relazionale, cognitivo o affettivo a causa di problemi genetici o di traumi.
Queste persone mi hanno insegnato molto: mi hanno ricordato l’importanza delle piccole cose, che basta poco per essere felici, e che i veri problemi della vita sono ben diversi da quelli da cui noi ci lasciamo affliggere.
Ci sono immagini che mi resteranno impresse nella mente e emozioni che mi porterò nel cuore: Antonella, un’ex paziente del manicomio, che mi guardava e sorrideva ogni volta che indovinava una parola a taboo orgogliosa di essere riuscita nella sua piccola ma grande impresa; giovani e anziani che si impegnavano ugualmente per vincere i giochi; due ragazzi che cercavano in ogni modo di persuadermi affinché gli dessi un pezzo di pizza in più.
Poi è arrivato il momento della premiazione, gli attimi più emozionanti.
Vedere i pazienti sull’orlo della commozione per aver vinto, grazie ai loro sforzi, dei semplicissimi e banalissimi premi che noi avremo disdegnato è stata davvero una lezione di vita.
Quando si possiede poco si apprezzano maggiormente le cose umili e semplici che si hanno intorno, di cui a volte noi nemmeno ci accorgiamo, e ancora di più i piccoli doni che si ricevono.
Se noi abbiamo portato alla Samadi una ventata di gioia e allegria, i pazienti ci hanno donato qualcosa di più profondo, hanno toccato la nostra umanità ricordandoci di essere meno sdegnosi e più veri e mostrandoci come vivere senza maschere.
(Martina)

Sono contento di aver portato allegria

Il giorno 5 marzo io e la mia classe ci siamo recati a fare visita ai ricoverati di una clinica psichiatrica per trascorrere con loro una mattinata di giochi con rinfresco finale.
Inizialmente ero timoroso poiché non avevo mai avuto contatti con questo tipo di pazienti e non sapevo come mi sarei dovuto comportare con loro. Infatti appena arrivato ero un po’ in soggezione sia per la tristezza della struttura e sia per l’impressione che questi pazienti si trovassero quasi “rinchiusi”. Passati i primi momenti e appena instaurato un contatto con loro tramite i giochi di società mi sono reso conto che si tratta di persone con cui si può anche piacevolmente trascorrere del tempo e che hanno proprio bisogno di avere rapporti con il mondo esterno. Quindi l’esperienza mi ha fatto capire che spesso esiste un pregiudizio nei loro confronti in quanto vengono considerate persone pericolose o violente solo perché malati psichiatrici. Pertanto sono contento di aver portato allegria a queste persone con la nostra visita e di aver fatto loro trascorrere una giornata diversa.
(Massimo)

Una mattinata insolita

Posso proprio dire che la mia esperienza alla “SAMADI” è stata molto arricchente, ed ora cercherò di spiegare perché.
Appena entrato, mi sentivo impacciato ed intimorito per la novità della situazione, ma al tempo stesso provavo anche curiosità all’idea di conoscere persone diverse da quelle che frequento di solito. L’iniziale sensazione di soggezione è scomparsa nel momento in cui ho incontrato il cappellano, Don Ugo, che con il suo fare gentile e affettuoso è riuscito a mettermi a mio agio e mi ha motivato a partecipare attivamente alla buona riuscita della giornata. Mi sono molto divertito ad intrattenere i pazienti con risate e giochi, e ho sperimentato un gratificante senso di pienezza nel dedicarmi a persone bisognose di sostegno e attenzioni. Un aspetto di quest’esperienza che mi ha colpito e che di sicuro rimarrà nei miei ricordi è aver potuto osservare l’impegno profuso dai pazienti nel tentativo di conquistarsi un piccolo premio durante i giochi che avevamo organizzato. Vi ho infatti colto quella autenticità che così di rado, al giorno d’oggi, caratterizza l’atteggiamento delle persone cosiddette “normali”.
(Mattia)

Non è assolutamente vero che i malati psichiatrici sono persone scortesi

Martedì 5 Marzo ho visitato insieme ai miei compagni di classe la casa di cura psichiatrica SAMADI. Al suo interno vi è uno staff di operatori, molto grande e professionale, che si occupa dei 68 pazienti ospitati della struttura. Questa visita mi ha permesso di trascorrere una mattinata insieme ai malati psichiatrici: è stata un’esperienza molto positiva. Ho potuto infatti constatare con i miei occhi che gran parte dei pregiudizi esistenti nei confronti di queste persone sono falsi; ad esempio non è assolutamente vero che i malati psichiatrici sono persone scortesi e violente ma, al contrario, qualcuno di loro talvolta riesce ad essere più socievole e gentile di persone comunemente definite normali. Anche i momenti che ci hanno direttamente visti coinvolti con loro sono stati educativi ed interessanti in quanto ci hanno consentito di toccare con mano l’umanità di queste persone. Questa visita ci ha consentito di trascorrere una bellissima mattinata durante la quale ho reso contenti, insieme ai miei compagni di classe, gli ospiti della casa di cura che raramente provano queste sensazioni in quanto sono impossibilitati di uscire dalla struttura autonomamente. In definitiva, sono uscito da quell’impianto con il sorriso consapevole di aver compiuto una buona azione nei confronti di persone bisognose di affetto.
(Anonimo)

Quelle persone sedute da sole a fissare il vuoto

La toccante esperienza alla clinica Samadi ha suscitato in me varie emozioni e sensazioni che mi hanno fatto riflettere molto sulla vita in generale. Quando il cappellano della struttura è venuto a scuola, per parlare del progetto, avevo timore per l’imprevedibilità e la pericolosità dei pazienti. Passate due settimane, questo timore è aumentato, facendomi pensare a quale sarebbe stata la mia reazione di fronte ai loro comportamenti. La clinica è una grande villa circondata dal nulla, e questo mi ha fatto venire l’idea di abbandono, isolamento e tristezza. Appena arrivati, siamo entrati in una stanza dove i pazienti, seduti, immobili, fissavano il vuoto. Sono stato assalito dalla tristezza, ho avuto paura di non saperla gestire, cercavo di non immaginarmi nei loro panni e cercavo di farmi forza per strappare almeno un sorriso a uno dei pazienti. Per fare questo abbiamo organizzato dei giochi, per distrarli e farli divertire almeno per due ore. Ho fatto la conoscenza di persone squisite, alcune delle quali non sembravano affette da nessuna sindrome. Finiti i giochi, abbiamo parlato con il cappellano e con il direttore, della nostra esperienza, ma la maggior parte di noi era assorto nei propri pensieri e in ciò che stava provando. Ritornato a casa ho raccontato tutto ai miei genitori, e ho discusso con loro delle mie paure iniziali, sparite dopo la conoscenza di alcuni pazienti. La sera, nel mio letto, sono stato assalito dalla tristezza pensando a quelle persone sedute da sole a fissare il vuoto. Questa esperienza, la ricorderò per tutta la vita e, se ci sarà occasione, la rifarò, perché, forse per la prima volta nella mia vita, mi sono sentito utile e ho capito quanto le cose della vita che considero scontate, siano dei doni che non tutti hanno la fortuna di ricevere.
(Federico)

Le strutture psichiatriche sono…

Martedì 5 marzo 2019 grazie a Don Ugo, la mia classe e due nostre professoresse abbiamo avuto la possibilità di conoscere i pazienti della Samadi. Essendo l’incontro organizzato di martedì grasso abbiamo dato la possibilità a tutti di poter festeggiare il carnevale in modo diverso in nostra compagnia. Siamo arrivati alla Casa di Cura verso le 9.15 e Don Ugo, dopo una piccola introduzione su come si sarebbe svolta la giornata, ci ha accompagnato nella sala in cui poi avremmo svolto le attività ricreative e il buffet. Abbiamo suddiviso la mattinata in due sessioni di gioco, intervallate da una ricca merenda. I giochi proposti sono stati “Taboo”, “Pictionary” e “Mimi”. I primi due giochi hanno avuto un grande successo mentre l’ultimo, data la scarsa partecipazione, abbiamo [deciso] di interromperlo e di dedicarci agli altri. Finite le attività abbiamo consegnato a tutti i partecipanti dei premi per i vari giochi, ordinato e pulito la sala. Infine ci siamo recati in un’altra sala in cui abbiamo potuto discutere e confrontarci con i medici della struttura. Conclusa la mattinata i pazienti della Samadi sembravano contenti di aver passato una giornata diversa e ci anno salutati entusiasti.
Le strutture psichiatriche sono un luogo in cui le persone decidono di farsi ricoverare perché si soffre e quella sofferenza si sente. Inizialmente si respirava un’aria di tristezza ma una volta aver iniziato a giocare si notava il loro entusiasmo per aver giocato insieme a noi e tutto ciò ha trasformato in gioia la tristezza che avevamo provato appena entrati nella Casa di Cura.
(Letizia)

Nel modo più spontaneo possibile

Il giorno 5 marzo sono andato, insieme alla mia classe, a visitare la casa di cura psichiatrica Samadi. Lì abbiamo svolto delle attività di volontariato, organizzando giochi che hanno coinvolto gli ospiti della casa, regalando loro una giornata più stimolante del solito.
Precedentemente avevamo incontrato una delle persone che lavorano in questo posto, don Ugo, con cui avevamo pianificato la giornata. Durante la preparazione dei giochi e del buffet che abbiamo portato, eravamo curiosi di conoscere da vicino una realtà con cui si viene a contatto raramente, cioè quella dei malati psichiatrici, e, personalmente, un po’ preoccupato di riuscire a comportarmi nel modo adeguato con persone che hanno delle evidenti difficoltà nel rapportarsi agli altri e con cui non avevo mai interagito. Durante la giornata mi sono comportato nel modo più spontaneo possibile, ovviamente tenendo conto di chi avevo davanti, e sono stato sorpreso dalla facilità con cui riuscivo a stare con queste persone e dalla loro positiva attitudine verso di noi. In molti sono stati completamente assorbiti dalle nostre attività e i momenti di massima euforia sono stati la merenda e la distribuzione dei premi. Questo fatto mi ha al contempo intristito, perché ho capito realmente quanto poco si sentano amati e quanto sia importante per loro spezzare la routine quotidiana, e reso felice poiché ho realizzato, soprattutto in quel momento, il bene che avevamo fatto a queste persone: con un nostro piccolo impegno abbiamo potuto rallegrare e rivoluzionare, almeno per un giorno, la vita di chi non è stato fortunato quanto noi.
(Tommaso)

Ci sentiamo tutti molto onorati

La mia esperienza di un giorno presso la casa di cura Samadi è stata estremamente interessante, i miei compagni di classe ed io abbiamo avuto l’occasione  di interagire con gli ospiti in modo facile e coinvolgente, siamo rimasti piuttosto sorpresi di come collaboravano durante le attività che avevamo programmato per loro, è sorprendente come una persona che ha attraversato così tanto nella vita possa ancora essere così disposta a partecipare a una serie di giochi organizzati da sconosciuti, e ad essere così paziente durante l’intera giornata, questo ci fa riflettere che indipendentemente dalle nostre difficoltà dovremmo sempre dare il massimo in ogni circostanza, ci sentiamo tutti molto onorati di aver avuto questa straordinaria opportunità, dovremmo imparare molto da questi pazienti meravigliosi, che ci hanno accolto così calorosamente nella loro casa e ci hanno permesso di prenderci un po’ del loro tempo per far sì che loro si possano divertire e ricordare che il significato della vita è trovare il tuo dono e lo scopo della vita è darlo via.
(Valeria)

Facendo il bene non si riceve altro che il bene

Il 5 marzo con la mia classe abbiamo deciso di festeggiare il Carnevale nella clinica psichiatrica Samadi. Prima di quel giorno nella mia mente non si erano create delle aspettative ben definite, forse dovuto al fatto che non avevo un’idea molto chiara di cosa andassi incontro. Entrata nella clinica la prima emozione che ho sentito è stata la tristezza: vedevo più pazienti immobili, con un volto inespressivo che lasciava trapelare una infelicità profonda, e con uno sguardo dritto nel vuoto; insomma sembrava che il tempo si fosse fermato, sembrava di essere entrati in un’altra realtà in bianco e nero, gelida. Ho mantenuto questo stato d’animo fino al momento in cui uno di loro si è avvicinato a me e si è presentato, iniziando a smentire la realtà che percepivo. Quando sono rientrata nella sala principale l’atmosfera era cambiata, vedevo i pazienti che interagivano tra di loro e con noi, e questo mi ha dato la sicurezza necessaria per continuare al meglio questa esperienza. Di emozioni ne ho sentite tante, dalla tristezza dell’impatto iniziale e la paura di sbagliare, alla gioia di aver portato un po’ di felicità a chi ne aveva bisogno. Una delle lezioni che ho imparato da questa giornata è che facendo il bene non si riceve altro che il bene, perché ogni accenno sorriso che ho saputo strappare a queste persone non ha fatto che giovare la mia anima.
(Angelica)