Aspettando i barbari

Aspettando i barbari
Lodovico Depretis

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Mi è capitato in questi giorni di rileggere la poesia di K. Kavafis “Aspettando i barbari” e di riascoltarla anche nella bella dizione di Vittorio Gassman.

Come è straordinariamente, oltre che bellissima, acuta e attuale. Che interessante spunto di lettura per la questione migranti.

Ancora una volta la letteratura dà esempio a tanti parolai ed “esperti” di quanto più incisivamente e speditamente va al nocciolo delle cose. I barbari-migranti sembrano essere l’utile capro espiatorio di beceri nazionalismi in cerca di un feticcio di identità e soprattutto di un facile consenso (la poesia termina con le parole: e adesso senza barbari, cosa sarà di noi? Era una soluzione quella gente).

La paura ancestrale, archetipica del diverso, del perturbante, di ciò che è difficile da controllare, unisce gli individui spaventati nella ricerca di una presunta sicurezza e nell’illusione dell’uomo forte che li debba proteggere (ricordate Bauman?).