Buono è il Signore

Esercizi SpiritualiFiglie della Chiesa, Domus Aurea, Ponte Galeria (RM)
Omelia del sabato della V settimana di Pasqua

Letture

Abbiamo la grazia di cominciare questa giornata ascoltando tra le varie letture della Messa le parole del salmista: “Buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione” (Salm 99).  Di sicuro pure Davide, autore del Salmo, avrà avuto di Dio un’esperienza tale da indurlo a dire “Buono è il Signore”, ed è in base ad un’esperienza più o meno articolata della grazia di Dio che ciascuno di noi può dare testimonianza di quale sia stato il comportamento del Signore. Del resto Dio ha rivelato qualcosa di sé proprio attraverso la sua azione. Per esempio possiamo dire che Dio è buono perché la bontà della creazione, come è stata pensata e studiata e voluta e amata dal suo Logos, dimostra che non può essere frutto di un’intelligenza malvagia e distruttiva.

Anche le parole che seguono (“Il suo amore è per sempre”, “La sua fedeltà di generazione in generazione”) aggiungono alcuni elementi che sembrerebbero provenire dall’esperienza di Davide, che poi è esperienza comune. Davide è certo che Jahvè sia un Dio amabile e amante, che non conosce ripensamenti e che non ritira la parola data. Anzi Dio ha dimostrato di rinnovare, al di là della scomparsa di una generazione e dell’avvento di quella successiva, il suo attaccamento agli uomini che ha scelto e alla sua promessa.

Possiamo dire che la percezione del “comportamento” di Dio verso la propria persona e quella degli altri ha contribuito in modo determinante alla convinzione umana della bontà, dell’amore e della fedeltà di Dio. Il “comportamento” di Dio ha radicato nel cuore degli uomini la fede in Dio. Non  difficile in tal modo dare ragione del fatto che la fede sia una “virtù teologale”, al pari della speranza e della carità, cioè una virtù che ha come origine Dio stesso. L'”esperienza” umana del “comportamento” di Dio ha come effetto la virtù teologale.

Questo modo di procedere è però corretto solo in parte. Nelle parole del Salmo “Buono è il Signore” non cogliamo solo il senso di un’affermazione di convenienza, come qualcuno potrebbe essere spinto a fare o a pensare: il Signore è buono in quanto “è stato buono con me”. Lo stesso vale per l’amore o per la fedeltà di Dio: Dio non è amabile-amante e fedele perché “lo è stato con me”. Penso che tutti noi dobbiamo in un certo senso ridimensionare l’ipertrofia del nostro io, che persino sotto le apparenze di un atto buono come quello della fede rischia di mettere al centro della scena non Dio, ma se stesso. Infatti affermando che Dio è buono, o amabile-amante o fedele, perché lo è stato con me, sembra che prevalga non semplicemente la bontà, l’amore e la fedeltà di Dio, ma l’interesse personale di chi è stato beneficato e amato. Anche se nella Bibbia leggiamo di  qualche personaggio che “sceglie Jahvè come proprio Dio” perché Dio si è dimostrato particolarmente benevolo nei suo confronti (pensiamo per un momento ad Abramo, a Giacobbe, al patto del popolo di Israele nel deserto), nondimeno incontriamo nel corso della storia della salvezza parole profetiche che dimostrano la fragilità di tale fede.

Si tratta pur sempre di fede, certamente, ma resta una fede “ingressiva”, una fede da “principianti”. Senza dimenticare che accettare acriticamente questo modello di fede apre ad ogni forma di relativismo. Infatti a fronte di qualcuno che afferma che Dio è buono perché si è comportato in modo benevolo con lui, troveremo sempre qualcuno disposto a giurare che Dio è cattivo perché nella sua vita ha avuto prevalentemente esperienze negative, esperienza di perdite, di lutti, di miserie.

Le parole del  Salmo sono una grande consolazione: “Buono è il Signore, il suo amore per sempre, la sua fedeltà per ogni generazione“. Il salmista non ha cercato tanto di raccontare un’esperienza personale per convincere i suoi ascoltatori o i suoi lettori a credere in Jahvè piuttosto che in Buddha, presumibilmente meno buono e meno potente di lui. In quelle parole, per quanto come detto frutto anche di un’esperienza umana, Davide raccoglie l’ispirazione di Dio che rivela se stesso distinguendo in tale rivelazione due realtà esplicite.

Da una parte affermando “Dio è buono” il salmista pone in evidenza una caratteristica intrinseca di Dio. Dio è buono in se stesso, anzi lui è il bene.

Dall’altra ricordando che “Il suo amore è per sempre, la sua fedeltà per ogni generazione” il salmista riconosce che la bontà di Dio si è fatta “storia umana”, irrompe cioè nel tessuto del tempo, quindi anche accettando la relativizzazione, ma lo fa in un modo assolutamente unico: per sempredi generazione in generazione. Dio cioè entra nel tempo degli uomini con tutto il suo amore incontenibile e con tutta la sua fedeltà superando il tempo degli uomini e costringendoci a non essere ripiegati sul nostro piccolo (egoistico) momentaneo passaggio, ed aprendo gli orizzonti del nostro animo all’eternità e all’intera umanità. La fede rappresenta così il superamento di ogni forma di egoismo.

Rendiamo grazie a Dio che “è buono” e nella sua bontà ha voluto condividere con noi il suo amore e la sua fedeltà. Chiediamo nella nostra preghiera odierna non solo di beneficarci ma anche e soprattutto di bonificarci, di renderci buoni, liberandoci dal nostro egoismo al servizio suo e dei fratelli.