Cari confratelli, la prudenza non è più una virtù

Appena terminata la messa, stamane mi si è avvicinato YYYYY. Era già stato ospite nella struttura ed era uscito un paio di mesi fa. Ci salutiamo e mi dice che vuole parlarmi. Ho risposto d’istinto: devo scappare via, poi domani è il mio giorno libero (ebbene sì, il lunedì, un giorno alla settimana, lo riservo per tutte le cose che non posso fare negli altri giorni), possiamo parlare con libertà martedì tutto il tempo che vuoi. Lui perentorio: no, oggi. Vado sopra, ti aspetto in terrazza. Ok, gli ribatto facendomi convincere dalla sua determinazione leggermente agitata; finisco di mettere a posto le cose e ti raggiungo.

Una decina di minuti più tardi mi dirigo al terrazzo, ma lui mi viene incontro. Fa troppo freddo fuori, andiamo nella mia camera, mi dice. Non c’è bisogno, rispondo, possiamo sederci in cappella, staremo comodi lo stesso.

Chiudo la porta. Lui, uno spilungone non più giovanissimo, capelli tinti di un biondo irreale, non dimostra la sua età nonostante le vistose borse sotto gli occhi, unico segnale di una vita piuttosto disordinata.

Mi parla, mi dice che è tornato per disintossicarsi da alcol e sostanze stupefacenti, come l’altra volta, che è qui dopo dieci giorni di dolore, che aveva frequentato gruppi e parrocchie, che forse viene assunto da una onlus…

Lo ascolto. Quante volte ho sentito racconti simili, disseminati di odiosi fallimenti e di qualche piccola speranza che cerca di riscattare una vita umana! Però quella luce, per quanto piccola, serve, altroché se serve!

Arriva al dunque: sto cercando un padre spirituale. Ma no, la mia omosessualità non c’entra niente, non è per quello.

Piero del Pollaiolo, Prudenza (1470)

Piero del Pollaiolo, Prudenza (1470)

E mi dettaglia il resoconto della sua ricerca. Di come sia restato ammaliato ascoltando un francescano di San Francesco a Ripa, sia andato a messa tutti i giorni alle 18 da lui, poi ci abbia parlato personalmente in quello che lui ha definito un “dialogo surreale”. Come quel francescano lo guardasse con sospetto, tenendolo a distanza, chiedendogli chi era Gesù per lui eccetera eccetera. Molto deludente, per lui.

Poi di come sia andato alla Chiesa del Gesù a cercare un gesuita e successivamente al Collegio Romano su suggerimento di una sua amica per prendere contatto con padre ZZZZZ. Ma alla segreteria gli hanno risposto di mandare una mail e di spiegare cosa desiderasse esattamente, in cosa consisterebbe la direzione spirituale che ricerca, eccetera. Ha definito “grottesco” l’impatto con i gesuiti.

Ho provato ad interpretare per lui la vicenda. Gli ho detto che in questo periodo storico tutti i preti tendono ad essere più guardinghi rispetto alle persone che li avvicinano, temendo di essere coinvolti in situazioni che non appartengono loro. Che il comportamento sbagliato di alcuni confratelli ha danneggiato gravemente l’immagine e le fatiche di chi invece ordinariamente e quotidianamente fa il proprio dovere. Che non si trattava di un rifiuto rivolto “contro” di lui, della sua persona, ma in generale di un atteggiamento di autodifesa dei miei confratelli che adottano filtri per evitare malintesi. E anche per non esporsi a pettegolezzi: vedi? Frequenta una donna! Si fa avvicinare da un gay! Ha troppa familiarità con i bambini!

Gli ho suggerito di essere comprensivo verso i miei confratelli e che in fondo al loro confronto io sono un fortunato, perché nella nostra struttura posso agire senza filtri.

Anzi, ripensandoci, devo agire senza filtri. Se dalle mie relazioni quotidiane allontano le relazioni amicali con tossicodipendenti e alcolisti, gay e disformofobici, schizofrenici e sociopatici, individui socialmente pericolosi e condannati per stupro, violenze, rapine, mafia, madri infanticide e ninfomani depressive, mangiatrici compulsive e modelle anoressiche, bipolari e ritardati… in pratica resterei da solo… e qualcuno (non so se scherzando) dice che pure io avrei bisogno di una buona terapia!

Poi senti, alla fine dicano quello che vogliono! Pure di Cristo qualcuno sosteneva che era un crapulone e un alcolista, “amico” di intrallazzatori senza scrupoli e di donne di malaffare. In via del tutto riservata i suoi erano convinti che fosse un po’ matto. E, ciliegina sulla torta, per i teologi dell’epoca appariva senza dubbio indemoniato. Ma il Maestro, nella sua immensa bontà, ha promesso ai discepoli che vorranno assomigliargli un trattamento analogo al suo.

Non sono Cristo, è cosa risaputa. Lui almeno non meritava le cose cattive che i maldicenti seminavano come zizzania, se di me la gente dicesse che sono un peccatore invece non sbaglierebbe. Per quanto da qualche tempo mi sento confortato di aver potuto sperimentare io pure la sensazione della calunnia e come poteva sembrare fastidiosa al Maestro. Sensazione che invece di spingermi alle barricate mi fa essere ancora più disinvolto nella ricerca del bene, comprendendo che nessun credente armato di buone intenzioni sarà salvato dalle chiacchiere grazie alla prudenza dei bempensanti.

Cari confratelli, la prudenza non è più una virtù quando si alimenta di sospetti, paranoie e pregiudizi. Cosa temiamo? Che se ci vedono in compagnia di un evasore fiscale, di un libertino, di un tossicodipendente o di un gay senza pudore pensino male di noi? Tenetevi forte, vi rivelo un segreto: già lo fanno, lo farebbero anche con maggiore convinzione se restassimo “prudentemente” chiusi in camera a sciropparci solo melasse giornalistiche o serial tv. La prudenza non è più una virtù se ci impedisce di toccare con mano le sofferenze degli altri, pensando così di restare immunizzati e di non essere costretti a condividerle.

La prudenza non è la virtù che salva la nostra buona fama, ma quella che salva noi dalle cadute. E per un prete è una grave caduta tenere più alla sua buona fama che al suo ministero.

Poi naturalmente occhio: semplici come colombe, prudenti come serpenti. Parola di Gesù.