Dichiarazione di fratellanza
Articolo scritto per il Bollettino della Postulazione delle Figlie della Chiesa
Il 4 febbraio 2019 è una data storica. Ancora una volta Papa Francesco ha sorpreso il mondo. Ma stavolta non da solo. Insieme ad Ahmad Al-Tayyib, Grande Imam di Al-Azhar, ha firmato ad Abu Dhabi un documento comune sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune”.
Papa Francesco è consapevole che, secondo il Concilio Vaticano II, “il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale” (LG 16). Ciò comporta che anche i musulmani sono in qualche modo “ordinati al popolo di Dio”. I contrasti storici tra gli esponenti delle due fedi sono un dato di fatto, la realtà teologica indica chiaramente che devono essere superati.
La Dichiarazione di Abu Dhabi è un passo eccezionale in questa direzione. Anzitutto si fonda sul riconoscimento della fratellanza umana universale come dato antropologico prima ancora che religioso. Sembra poi fare eco alla costituzione pastorale Gaudium et Spes 1 quando esprime lo spirito con il quale i due esponenti religiosi si sono incontrati: “abbiamo condiviso le gioie, le tristezze e i problemi del mondo contemporaneo”. In tal senso da parte cattolica si deve considerare tale Dichiarazione un frutto conciliare e una sua ideale prosecuzione verso la piena realizzazione del progetto di cooperazione fraterna con le altre religioni “al servizio della famiglia umana che è chiamata a diventare in Cristo Gesù la famiglia dei figli di Dio” (GS 92).
Colpisce l’impostazione di fondo della Dichiarazione. I firmatari dichiarano di scegliere il dialogo, la collaborazione comune e la conoscenza reciproca quale metodo per il futuro, in nome dell’anima umana (un radicale riconoscimento della natura spirituale dell’uomo); in nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi, degli emarginati, “degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna. In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre” (la rivelazione del valore religioso riconosciuto ai più deboli); in nome della fratellanza, della libertà, della giustizia, della misericordia e delle persone di buona volontà (l’ammissione di valori umani non prescindibili). Ed, evidentemente, in nome di Dio.
Papa e Imam si rivolgono a loro stessi, ma anche ai leader mondiali, agli intellettuali, ai filosofi, agli uomini di religione, agli artisti, agli operatori dei media e agli uomini di cultura. Il loro intento è di richiamare tutti alla scoperta e alla difesa dei valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune.
La Dichiarazione entra nel dettaglio riguardo alla tecnologia, al benessere, alla politica, alla famiglia e al ruolo delle religioni, mostrando che accanto ad indiscutibili progressi esistono ancora zone di ombra. Mentre si raccorda agli altri Documenti Internazionali, la Dichiarazione si concentra sulla condanna della guerra e del terrorismo e sulla concreta ricerca della pace; sul rapporto da riscoprire tra Occidente e Oriente del mondo; sul valore della donna e dell’infanzia; sulla protezione degli anziani, dei deboli e degli oppressi.
Tra i vari auspici dei due leader religiosi spicca il primo: che la Dichiarazione “sia un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà”. Ritengo che Papa ed Imam abbiano affidato a noi e ai credenti del futuro un autentico progetto di esperienza religiosa e di crescita umana, che richiede, come presupposto, la lettura e la divulgazione della Dichiarazione della Fratellanza Umana di Abu Dhabi.