E in Parrocchia si udì un grido: LUCIANOOOOOO
Articolo apparso sul Bollettino Parrocchiale Protomartiri, gennaio 2000 – Rubrica P come personaggio
E in Parrocchia si udì un grido:
LUCIANOOOOOO
Ammettiamolo: chi non ha mai sentito, almeno una volta, la voce familiare del Parroco o quella di meno noti parrocchiani nell’atto di pronunciare il fatidico nome: Luciano? Tra i personaggi che insistono nei nostri ambienti è lui il personaggio per eccellenza. Senza far torto a nessuno. Lo si vede ad ogni ora, mai senza attrezzi, carriole, scope, sacchetti in mano. Tra i primi ad alzarsi, tra gli ultimi a ritirarsi, apre e chiude porte, cura e coltiva la collina, tiene in ordine il campetto e il parco giochi. Luciano è lì. Oppure altrove: e allora ecco il grido: Lucianooooooo!
Ci incontriamo al bar per l’intervista. Mi dice di avere 47 anni, “48 a marzo”. La parlata tradisce la sua origine campana. Ma lui ricorda che è stato per molto tempo all’estero. “Germania, Danimarca, Svezia”. Come mai? “Ho lasciato la scuola presto, in II media, mi andava poco di studiare. Cominciai a lavorare nei campi subito. Poi a 17 anni sono andato in Germania”. A 17 anni? E la tua famiglia cosa ha detto? “Vedi, don Ugo, io sono stato adottato, non conosco la mia vera famiglia… Ho sempre avuto una sensazione, però, perché queste sono cose che si sentono… Penso di avere anche delle sorelle”. Si commuove: “Tutti hanno bisogno di sapere chi è il proprio padre e la propria madre”.
Parlare della famiglia lo intenerisce. Mi dice che posso scriverlo. Soprattutto gli piace ricordare gli anni all’estero. Nel ‘74 in Danimarca: “Ho lavorato persino in un castello di una regina!”. A Stoccolma nel ’77 ha lavorato nella pizzeria “Mamma Rosa”: “Questo scrivilo, mi raccomando!”. A Helsimborg conosce Eva, una ragazza che gli fa girare la testa: ma facevano la fame. Ride: “Quanta fame!”.
“Nella mia vita ho trovato sempre gente buona, che mi ha aiutato… Anche cattivella, ma ho saputo addestrarla!… Gli svedesi sono più imbroglioni di noi, sapessi quante me ne hanno fatte passare”. E a Roma? “Sono arrivato nell’aprile dell’86, sono stato alla stazione Termini per una settimana, senza mangiare. Da lì ho scoperto il giro dei barboni e ho conosciuto la parrocchia, d. Antonino Ruffolo, il prete operaio… Un giorno gli dissi: «Don Toni’, ma perché non mi trova un lavoro?». «Ma tu vuoi lavorare?». «Sì, ma non mi dare un lavoro d’intelligenza… dammi lavori pesanti»… Ed eccomi qui”. E poi? “E poi muore d. Antonino, poi anche d. Tonino, e allora d. Carmelo mi ha fatto venire come ospite qui in parrocchia nel ’94. Fino ad allora abitavo a Villa Borghese”.
Luciano, una frase storica per i lettori. Ci pensa un po’. “Ognuno per sé, ognuno per tutti… perché ognuno deve pensare a se stesso, ma anche agli altri”.