“E se i giusti fossero solo dieci?” Omosessualità e dintorni

3. Problematiche attuali

Come osservazione preliminare occorre tener presente che non esiste religione, tra le grandi e più praticate, che consideri leciti gli atti omosessuali.

Discriminazioni delle persone omosessuali e riconoscimento della loro dignità

Non si deve però trascurare che il mutuo scambio tra religioni e culture, queste ultime non sempre tolleranti nei confronti dell’omosessualità, ha spesso rinforzato le reciproche convinzioni e ha informato le stesse scelte politiche. In proposito rimando alla consultazione di Paolo Pedote – Giuseppe Lo Presti, Omofobia. Il pregiudizio anti-omosessuale dalla Bibbia ai giorni nostri, Stampa Alternativa 2003, un’antologia di testi che documentano omosessualità e omofobia lungo la storia. Particolarmente utile la sezione relativa a “I codici penali nel mondo: geografia dell’intolleranza” (pp. 100-114).

Senza entrare nel dettaglio delle culture asiatiche (Cina e Giappone solo per fare qualche esempio) o di quelle africane in alcune delle quali gli atti omosessuali sono considerati persino illegali e puniti per legge addirittura con la morte, ci si potrebbe soffermare su alcune nazioni occidentali quali il Regno Unito dove Enrico VIII, dopo la separazione dalla Chiesa di Roma, introdusse nel 1533 il Buggery Act, una legge contro la sodomia punita con la pena capitale, legge sopravvissuta in Inghilterra fino al 1967, in Scozia fino al 1979 e ancora in vigore in India!

Non dimentichiamo che solo nel 1973 l’American Psychiatric Association rimosse l’omosessualità dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, smettendo di considerarla una malattia o un disordine mentale.

Proprio in quegli Stati Uniti (dove ricordiamo che i cattolici sono minoranza) le ultime restrizioni per gli omosessuali sono state eliminate solo nel 2003: prima per legge si vietavano i rapporti omosessuali anche nelle residenze private (cfr bell’articolo del Corriere della Sera).

Vale la pena accennare qui al volo alla differenza tra “malattia”, categoria medica, clinica, antropologica, qualche volta inguaribile, come veniva considerata l’omosessualità fino ad allora e ancora oggi in qualche parte del mondo, e “peccato”, una categoria squisitamente teologico-ecclesiale, sempre perdonabile. Un concetto, una consapevolezza che non ci deve abbandonare nella nostra riflessione.

Queste brevi note dimostrano almeno parzialmente anche le ragioni della collocazione geografica dell’inizio dei principali movimenti di liberazione gay, simbolicamente databili con i moti di Stonewall in USA. Nei paesi di derivazione anglosassone, dove l’intervento sociale e legale sugli omosessuali era più forte e repressivo, si è sentito maggiormente il bisogno di realizzare un affrancamento dai pregiudizi e dalle intolleranze.

È necessario riconoscere ai movimenti di liberazione gay l’indiscutibile merito di aver aiutato le persone omosessuali a non essere più penalizzate dalla società o addirittura punite dalla legge per le loro scelte. Inoltre tali movimenti sono stati capaci di realizzare una coscienza collettiva intorno alla questione dell’accettazione delle diversità a livello sociale.

L’apprezzamento generale dei risultati ottenuti da decenni di lotta sociale per la riduzione dello stigma dell’omosessualità e per il riconoscimento che gli orientamenti sessuali personali non devono intaccare i diritti umani e sociali non può far dimenticare la sopravvivenza di almeno due importanti problemi la cui soluzione deve ancora essere raggiunta.

Le teorie del gender

Uno degli aspetti più problematici resta senza dubbio alcuno quello delle teorie del gender. Secondo tali teorie l’essere umano non è “sessuato” completamente dalla nascita, perché la sessualità ricade nell’ambito della genetica e della cultura (con tutte le sue implicazioni psicologiche e sociali) e non in quello della natura (un concetto considerato filosoficamente superato).

Pur ammettendo la differenziazione genitale tra femminile e maschile, si deve assicurare ad ogni persona la libertà di scegliere a quale gender (genere sessuale) appartenere; e quindi non solo si deve evitare che i bambini vengano orientati secondo il loro sesso genitale, ma in tempi più recenti alcuni Governi hanno deciso di introdurre nella scuola delle loro rispettive Nazioni l’educazione alla libertà del gender (per saperne di più: L’ideologia del Gender. Maschio e femmina. Natura e cultura, Firenze, Atti del Convegno 21/04/08).

Qui posso semplicemente ribadire tutte le mie perplessità, espresse nel citato articolo sul mio blog Problemi filosofici delle teorie del gender, al quale rimando, circa gli effetti delle teorie offerte in modo acritico al grande pubblico. Nei giorni in cui scrivo il presente post appare un articolo (scaricabile qui in pdf) sul sito BuzzFeed LGBT dall’eloquente titolo Watch This Trans Teenager Find Out She Can Finally Begin Hormone Therapy. L’articolo documenta la storia di un giovane adolescente di circa 14 anni che ha iniziato il processo cosiddetto di “transizione”, ovvero quell’insieme di pratiche mediche con utilizzo di ormoni femminilizzanti che lo porteranno ad assumere le fattezze di una ragazza. Accanto a lui si trova la madre che non solo ha dato il suo assenso alla transizione, ma ha anche realizzato il servizio fotografico e filmografico che correda il racconto al fine di cogliere e diffondere le “emozioni” di alcuni momenti considerati importanti.

Tra le numerose perplessità (in particolare la giovanissima età del soggetto sottoposto a pesantissimi e per certi aspetti irreversibili interventi ormonali, e quindi anche la collaborazione dei sanitari), solleva più di un dubbio proprio la frenetica attività documentaristica della donna adulta. Il post non è di certo sufficiente a determinare se e in che grado vi possano essere stati da parte della madre atteggiamenti induttivi e/o rafforzativi del comportamento/tendenza del figlio. Tuttavia non è nemmeno in grado di fugare sospetti intorno ad una figura materna “strumentalizzante”, “manipolatrice”, in apparenza tanto premurosa ed aperta, ma che non esita ad esibire se stessa per mezzo e con il figlio.

Una posizione decisa e chiara sulla pedofilia

Se non utilizzato in modo generico, generalizzante e intellettualmente disonesto dobbiamo prendere atto che l’argomento pedofilia resta un contrastato tema di estrema delicatezza all’interno del variegato mondo delle posizioni omosessuali.

Sono certamente molte le associazioni LGBT (per una storia del movimento di liberazione omosessuale si può consultare la voce corrispondente su Wikipedia) che hanno preso posizioni chiare contro i casi di pedofilia venuti alla luce in questi ultimi anni. In questo senso ci si può solo rallegrare.

Sembra archiviato nella storia quel passaggio drammatico e cruciale di cui fu protagonista l’ILGA (International Lesbian and Gay Association). L’ONU che inizialmente l’aveva ammessa tra i propri consulenti, nel 1994 ritirò lo status consultivo all’ILGA, sospettata di favorire la pedofilia accettando tra i suoi membri associazioni come NAMBLA (North American Man/Boy Love Association), dai fini dichiaratamente favorevoli ai rapporti con minori. Solo nel dicembre 2006 dopo svariate votazioni negative e non all’unanimità la sezione europera dell’ILGA fu accolta di nuovo tra i consulenti ONU, non riuscendo a fugare del tutto l’ombra del sospetto a livello di altre sezioni della medesima Associazione.

Peraltro vale la pena notare qui che tra le Nazioni che si opposero al reintegro la maggioranza erano africane e asiatiche, quelle laddove mentre l’omosessualità viene considerata reato e punita dalla legge, ciò che in occidente si chiama “pedofilia” è tollerato per esempio sotto forma di matrimoni tra bambini o di prostituzione minorile.

In Europa ebbe grande risonanza la vicenda del partito politico NVD, abbreviazione in olandese di Carità, Libertà e Diversità, fondato in Olanda il 31 maggio 2006. Il “partito dell’Amore fraterno, della Libertà e della Diversità” che sosteneva l’impunibilità degli adulti che praticano rapporti sessuali con bambini di 12 anni, il 14 marzo 2010 si scioglie, costretto a prendere atto di non aver raggiunto le firme necessarie per potersi presentare alle elezioni politiche.

Quel partito era la costola politica della fondazione olandese “Stitching Martijn”, club promotore della pedofilia fin dal 1982 e della quale nel 2013 perfino una sentenza di una corte d’appello ha ribadito la legittimità giuridica.

In effetti, mentre si accresce il numero delle legislazioni che accolgono la Carta di Lanzarote (2007) sulla difesa dell’infanzia dallo sfruttamento e dall’abuso sessuale, contemporaneamente si assiste a svariati tentativi di operare una riduzione della gravità della pedofilia e degli atti ad essa connessi. O in ogni caso ad un aumento sostanzioso dei margini di tolleranza verso tutti quei comportamenti che non possono essere definiti violenti o non sono associati a violenza e a coercizione. Con la grande ipoteca sul significato da attribuire a violenza e coercizione quando si parli di bambini, facili vittime di ricatti, di minacce, di blandizie, di lusinghe e di circonvenzioni: non avendo ancora sviluppato completamente gli strumenti per difendersi da tutto ciò, si dovrebbe invece ammettere che i minori sono realmente abusati dal momento che ricevono attenzioni sessuali da parte di adulti.

Lo standard per l’educazione sessuale

Tuttavia oggettivamente si riconosce anche nel bambino un innato istinto sessuale e una innata curiosità genitale, argomento che facilita la proposta di certi gruppi di opinione circa l’educazione alla sessualità e alla genitalità nel bambino e nel preadoloescente, proposta che qualcuno interpreta fino a dichiarare la legittimità dell’atto sessuale tra adulti e minori consenzienti, perché opportunamente formati.

Nel 2010 l’Ufficio Regionale Europeo dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) in collaborazione con la Federazione Italiana Sessuologia Scientifica ha pubblicato lo “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa. Quadro di riferimento per responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie, specialisti“. L’approccio scientifico è evidente, la filosofia di fondo è che l’educazione sessuale deve cominciare fin dalla nascita, si rimarca la visione “olistica” nell’educazione sessuale del bambino, adeguata all’età, si ribadisce l’importanza che tale educazione avvenga nella scuola.

Nella seconda parte del documento alcune tabelle suddivise per fasce di età (0-4, 4-6, 6-9, 9-12, 12-15, 15 e oltre) suggeriscono come trasmettere informazioni, competenze, atteggiamenti su quali argomenti [Relazioni e stili di vita – Sessualità, salute e benessere – Sessualità e diritti – Influenze sociali e culturali sulla sessualità (valori/norme) – Il corpo umano e lo sviluppo – Fertilità e riproduzione – Sessualità – Emozioni / affetti].

Il lavoro pare completo, ma soffre inevitabilmente di due basi fragili che possono comprometterne non poco l’impalcatura: 1) la figura degli educatori e del contesto culturale educativo (come anche dei processi che lo formano) così importanti per l’azione educativa non sarà mai altrettanto ideale come quella della famiglia con le sue insostituibili dinamiche affettive, esemplari, di sostegno; alla famiglia lo Standard non concede praticamente nulla sottovalutando che la famiglia, nel bene o nel male, rappresenta un immancabile punto di riferimento; 2) le figure di riferimento sono sempre adulti che insegnano a (accompagnano, partecipano con) i bambini i rudimenti della sessualità e della genitalità, con nessuna garanzia circa possibili deviazioni nel caso di persone non adeguate al loro ruolo; lo Standard si occupa con attenzione di indicare il ruolo e le caratteristiche degli educatori, ma le competenze richieste da un compito tanto delicato vanno ben oltre uno studio cartaceo, che pure è un lodevole tentativo.

C’è infine una considerazione generale da esprimere sull’intero documento. Esso – fin dal titolo – intende offrire uno standard per l’educazione sessuale, almeno a livello europeo. Ci sarebbe già molto da dire sulla validità di uno “standard educativo” che, per quanto ne sappia io, non ha ancora ricevuto nessuna validazione a livello scientifico. Ma nell’educazione, e in particolare quella sessuale che tanto è prossima al nucleo intimo di ogni persona, pensare ad una “standardizzazione” lascia quantomeno perplessi. Esiste uno standard della sessualità al quale tutti devono fare riferimento? E perché? Chi lo ha stabilito? Perché dovrebbe essere più rispettosa della persona umana l’educazione scolastica standardizzata secondo il quadro di riferimento dell’Ufficio Europeo dell’OMS invece di quella impartita da papà e mamma secondo il quadro di riferimento, per esempio, delle proprie convinzioni religiose o filosofiche?

Non sono domande trascurabili, soprattutto se si vuole continuare ad apprezzare la sessualità come un atto espressivo della personalità di ciascuno di noi e del modo di essere al mondo in relazione con tutti gli altri, senza essere costretti all’omologazione ad un unico modello di comportamento ritenuto corretto.

Pur volendo ammettere che le intenzioni dello Standard appaiano rispondenti al moderno quadro antropologico e pedagogico, nonostante il dibattito a volte aspro che ha suscitato il documento tra gli oppositori e i sostenitori, nondimeno richiamare il concetto di “cittadinanza intima” con i diritti ad esso correlati fin dalla più tenera età apre inevitabilmente la strada ad un (forse non voluto) processo di “sdoganamento” della sessualità intergenerazionale.

Tentativi di sdoganamento dell’attrazione sessuale ed emotiva nei confronti dei minori

Tracce di ciò si trovano inconfondibili in B4U-ACT, un’associazione del Maryland che si occupa di adulti e adolescenti attratti da bambini e che (cfr. Principles and Perspectives of Practice) considera la loro attrazione sessuale ed emotiva nei confronti dei minori non tanto una scelta (1. Development) quanto una condizione che non per questo rende le persone “criminali”, alle quali mancare di rispetto, meno adatte a vivere nella loro comunità di riferimento (3. Humanity); per tale ragione l’associazione sostiene che bisogna operare una riduzione dello stigma relativa alle persone attratte da minori; infatti nemmeno questi ultimi otterrebbero benefici da una falsa presentazione della questione (6. Stigma reduction), e quindi si deve attivare un adeguato processo educativo che sfidi gli stereotipi popolari e restituisca piena umanità agli adulti e agli adolescenti attratti da minori (7. Education).

Nel presentare alcuni studi scientifici B4U-ACT propone la distinzione tra attrazione per preadolescenti, chamandola propriamente pedofilia, e attrazione per adolescenti, definendola efebofilia (qui). Coglie quindi l’occasione per ricordare che solo la prima, la pedofilia, viene menzionata dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (qui puoi scaricare la quinta edizione in inglese) dell’American Psychiatric Association, in pratica la “bibbia” della psichiatria e della psicologia mondiale. Concordemente alla recente pubblicazione del 2013 si precisa che la pedofila è considerata non più una malattia ma un “disordine”: “is only considered a disorder if acted upon illegally“. E si aggiunge che l’efebofilia non è nemmeno citata.

La tesi di fondo quindi è che efebofilia e pedofilia non siano malattie ma condizioni al massimo disordinate che non sono state scelte da chi prova attrazione per i minori e pertanto non siano da stigmatizzare. In proposito avevo già scritto qualcosa nel mio articolo sulle teorie del gender, quando appunto sostenevo che senza l’imputabilità e la responsabilità personali sarebbe presto diventato problematico il rifiuto giuridico e sociale di pratiche considerate in precedenza aberranti (qui).

Non passano inosservate quindi tre manovre che, senza necessariamente dover fare appello a fantasiose strategie complottiste, inducono a riflettere su potenziali sviluppi:

  1. sottovalutazione giuridica della pedofilia vuoi per strumenti legali a disposizione anche raffinati, ma inadeguati (vedi Olanda) vuoi per culture radicalmente diverse (vedi Africa e Asia);
  2. “sdoganamento” consapevole e scientifico della sessualità del minore, della quale gli adulti sentono di doversi prendere cura;
  3. riduzione dello stigma verso i soggetti attratti da minori.

Il risultato dell’azione di queste tre forze potrebbe manifestarsi, in un periodo di tempo non determinabile, con l’accettazione pubblica e legale di un graduale abbassamento dell’età critica sotto la quale considerare proibiti gli atti sessuali intergenerazionali, nonostante la lotta alla pedofilia risulti oggi tra le più pressanti condotte con ogni mezzo.

Il fenomeno della pedofilia: in aumento soprattutto in occidente

Ne è testimonianza il rapporto 2014 dell’Associazione METER – Osservatorio Mondiale contro la Pedofilia dal quale si evince come la pedopornografia online sia una caratteristica dei paesi occidentali in particolare dei G8 (quindi Italia compresa) e della Federazione Russa. L’Europa fa da triste protagonista, in vetta ai continenti per consumo pedopornografico e per presenza di siti web. La Slovacchia poi è la nazione con il più elevato numero di siti pedopornografici registrati. L’Africa, con le sue spinte magmatiche, si affaccia prepotente.

Nulla di quanto detto fin qui sarebbe sufficiente per far ipotizzare la connessione tra omosessualità e pedofilia, almeno non più che tra eterosessualità e pedofilia. Tuttavia tempo fa pubblicai un post in proposito seguendo una polemica scoppiata su Twitter. Il mio post si trova a questo link. Dai numeri pare chiaro che il sottoinsieme “preti pedofili” lì riportato faccia parte dell’insieme “omosessuali” per circa l’80% dei casi.

Non è sufficiente però nemmeno quel dato statistico per stabilire la correlazione universale omosessualità-pedofilia; alle dichiarazioni del Cardinal Bertone, allora Segretario di Stato, il quale nel 2010 riferiva che “numerosi psichiatri e psicologi …. hanno dimostrato che esiste un legame tra omosessualità e pedofilia” fece seguito la dura replica dell’Associazione Italiana di Psicologia: “la letteratura scientifica sull’argomento non supporta in alcun modo quanto sostenuto dal Segretario di Stato della Santa Sede… è anzi dimostrato che vittime di abuso sono tanto i bambini quanto le bambine”.

In effetti studi autorevoli condotti fin dal 1986 indicano che “il 90% degli autori di reato di abuso sessuale su bambini di sesso maschile e femminile è costituito da uomini” (Paul J. Isely – Peter Isely, “L’abuso sessuale su bambini di sesso maschile da parte di membri del clero” in Pedofilia. Stato dell’arte sulle perversioni pedosessuali a cura di Marco Casonato, QuattroVenti 2004, p. 277). La percentuale si riferisce a dati raccolti negli Stati Uniti per tutti i reati, non solo per quelli commessi dal clero, ma è generalmente valida in altri contesti (Casonato 2004, p. 253). Evidentemente non viene indicato l’orientamento sessuale, rendendo così censurabile ogni esclusivo collegamento tra pedofilia e persone omosessuali.

Non esiste in effetti un “pericolo pedofilia” tra le persone omosessuali maggiore che tra le persone eterosessuali. Solo i casi di cronaca più recenti, nello specifico relativi a ministri religiosi cattolici e non cattolici (maschi) omosessuali abusatori di minori (maschi), hanno reso il tema più sensibile.

Il linguaggio pornografico sfrutta suggestioni pedofile

Allo stesso tempo non ci si può nascondere che il contesto nel quale si muove l’interesse pedofilo di molti sembra far riferimento a certi modelli incestuosi che la pornografia ha amplificato al punto che inserendo in un motore di ricerca online parole come dad (papà), mother (madre), son (figlio), daughter (figlia), brother (fratello), sister (sorella) in unione al termine sex (sesso) si incontrano centinaia di migliaia di riferimenti.

Il mondo della pornografia utilizza un linguaggio incestuoso anche a sfondo omosessuale per indicare quella serie di trasversalità e di asimmetrie di rapporti in cui il soggetto più adulto attratto da un soggetto molto più giovane di lui occupa il ruolo del papà verso il figlio o della mamma verso la figlia; allo stesso modo soggetti giovani con età differenti possono giocare al ruolo di fratelli che hanno rapporti sessuali tra di loro o di sorelle che facciano altrettanto.

Non è necessario che tali fantasie stimolino semplicemente l’immaginazione, il cui ruolo nella pedofilia è stato comunque studiato (Casonato 2004, pp. 207-217). Già da solo il linguaggio pornografico incline all’incesto (che giunge fino a tragiche conseguenze, Casonato 2004, pp. 245- 252) denota la sopravvivenza di una mentalità deviata, della quale storicamente si conosce addirittura la teorizzazione di Berg con la setta dei Bambini di Dio (Casonato 2004, pp. 289-300), che significa essenzialmente disprezzo per la persona umana nella sua infanzia e adolescenza.

Nemmeno c’è da nascondersi che la pedosessualità nell’anziano rappresenta un argomento da approfondire, soprattutto per il fatto che le parafilie che hanno radici nell’infanzia e nell’adolescenza diventano oppressive invecchiando (Casonato 2004, 253-273).

Da tutto questo modo perverso di interpretare la sessualità umana – sia come ruoli incestuosi sia come attrazione intergenerazionale – è necessario prendere moralmente le dovute distanze. Di sicuro persino lo Standard per l’educazione sessuale trova da eccepire al riguardo. Per ciò che riguarda l’efebofilia, la fantasia e la pratica incestuosa, la tendenza e il voyeurismo pedofilo non vale in nessun caso l’obiezione che si tratti di rapporti tra adulti consenzienti o di esclusive stimolazioni autoerotiche, in quanto ci si trova davanti a evidenti distorsioni dell’oggetto sessuale, della corporeità, della relazionalità umana, del valore affettivo dei rapporti.

Ritengo vada a tutto vantaggio delle associazioni che difendono i diritti delle persone omosessuali assumere posizioni non ambigue su tali tematiche non meno che sulla pedofilia, senza restringere quest’ultima in ogni modo ai soli casi di violenza e abuso.

La tolleranza delle esperienze sessuali intergenerazionali

Non facile districarsi nel terreno della pedofilia praticata apparentemente senza violenza o abuso. Vi sono casi di sesso di/tra/con minori o di prostituzione minorile difficilmente classificabili come violenze o abusi, perché socialmente accettati o perché il soggetto che si prostituisce soffre di vari disturbi a livello psicologico. Emblematico in proposito il caso clinico di un soggetto con parafilie multiple: “Egli ebbe un’esperienza omosessuale con un uomo più vecchio di lui quando aveva circa 12 anni. Stava camminando intorno all’isolato quando un uomo sui quaranta si offrì di pagarlo per un ‘certo lavoro’. L’uomo lo portò in una zona boschiva, gli praticò una fellatio e gli chiese di farla anche a lui. Fu contento per il quarto di dollaro che gli diede l’uomo, il che sembrò essere parecchio denaro per quei tempi, e non fu sconvolto dell’esperienza vissuta” (Casonato 2004, p. 153).

Tra i comportamenti socialmente ammessi si deve annoverare il cosiddetto cybersex, sia nella forma di autostimolazioni erotiche con il dialogo o lo scambio di immagini via chat che in quella del sesso virtuale a pagamento (nudità e/o autoerotismo e/o rapporti completi) dove i soggetti che si esibiscono, minori che dichiarano età diversa al fine di usufruire dei servizi online di webcamming, ricevono l’apprezzamento delle loro prestazioni sotto forma di ricariche telefoniche e/o di schede prepagate e/o di coin virtuali.

Si moltiplicano gli studi per capire un fenomeno così pervarsivo come quello della sessualità nei mezzi di comunicazione di massa. In uno di questi (Mugnaini – Cantelmi – Lambiase – Lassi, EROSI DAI MEDIA. Le trappole dell’ipersessualizzazione moderna, San Paolo 2011) si affronta la dipendenza da cybersesso come nuova forma di ipersessualismo patologico.

Per comprendere le dimensioni del fenomeno della pornografia online si può consultare l’URL http://internet-filter-review.toptenreviews.com/internet-pornography-statistics.html. Dai dati si scopre, per esempio, che l’età media del primo approccio porno su internet è di 11 anni. Si tratta di una forma di pedofilia mascherata che dimostra che il confine della tolleranza della pedofilia si è notevolmente spostato, a tutto vantaggio dei consumatori adulti, senza che tale disordine sessuale sia più avvertito nella sua drammatica mancanza di rispetto della persona umana in età evolutiva.

C’è da chiedersi quanto siano sensibili le associazioni per i diritti delle persone omosessuali alla difesa dell’infanzia e dell’adolescenza.

La consultazione di siti e forum a sfondo omosessuale permette di comprendere con quanta naturalezza sia possibile leggere esperienze di carattere intimo relative alle prime decadi della propria vita, negli anni protetti dalla Carta di Lanzarote, senza che ciò desti la meraviglia di nessuno, anzi a volte innescando meccanismi di ammirazione. Colpisce in particolare l’assenza di un pur minimo accenno a rifiuto o a chiare prese di posizione per la difesa della sessualità dei minori.

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Esempio di genere fumettistico Yaoi (DeviantArt)

Per tutti cito solo l’esempio di un post sul forum yaoi.forumcommunity.it. Il forum sviluppa evidentemente una tematica che fa riferimento al genere yaoi. Yaoi è uno stile fumettistico di orgine asiatica, che si muove all’interno del genere manga, focalizzato su relazioni omosessuali, i cui interpreti sono adolescenti e poco meno. Fumetto, bisogna ricordarlo, destinato ad un pubblico adulto.

Il forum che presento propone tra le varie cose alcune esperienze personali anche a partire da richieste come la seguente (utente “dreamscomestrue”): “Sono curioso di sapere da chi vuol rispondere a che età avete avuto la vostra prima esperienza «gay» (non deve essere stata per forza sesso completo). Io la prima l’ho avuta a 11 anni con un compagno di classe, abbiamo iniziato a esplorarci, a toccarci e poi siamo passati a quello che poteva essere considerato un rapporto orale” (qui). forum_pdLa prima risposta non si fa attendere a lungo. 23 minuti dopo arriva quella dell’utente “Jojo” così. L’utente sostiene di aver avuto esperienze con compagni di classe delle elementari.

Sia questo comportamento sia l’esperienza riportata in precedenza dall’utente “dreamscomestrue” sarebbero in linea con quanto sostenuto nello Standard per l’educazione sessuale, relativamente alla scoperta della propria genitalità e di quella altrui.

“Jojo” quindi prosegue affermando di aver avuto il primo rapporto completo “a quasi 13 anni” con il suo istruttore di basket. L’età di quest’ultimo non viene precisata, ma sembra verosimile che si tratti di una persona maggiorenne e non esattamente giovanissima, dal momento che può essere qualificata come “istruttore” sportivo.

Non pare dalle affermazioni dell’utente che si sia trattata di una vera e propria violenza fisica; non sembra nemmeno che il ricordo metta a disagio l’utente o gli scateni sensazioni negative. Piuttosto il successivo dialogo tra utenti diventa un misto di ammirazione, di gare al ribasso (a chi avuto prima il primo rapporto), di chi è stato sedotto da chi.

Chi cercasse una parola di condanna della pedofilia in tale dialogo farebbe sforzo inutile. Ma non si tratterebbe di un caso isolato. Tra necessità di fare la tara di millantatori fantasiosi e rivelazioni scottanti di rapporti intergenerazionali tra minori, resta ancora da trovare un forum dove si accenni una reazione di tipo negativo alla pubblicazione di esperienze di minori.

In attesa di una parola chiara e non equivoca sugli atti sessuali intergenerazionali

Il silenzio su una condanna decisa e chiara della pedofilia e dell’efebofilia, degli atti sessuali intergenerazionali con minori ancorché presuntamente consenzienti, della pedopornografia in tutte le sue forme, nonché l’accettazione o addittura l’ammirazione di esperienze sessuali precoci rappresenta al momento un grande vulnus nel panorama omosessuale italiano.

Le occasioni principali nelle quali le associazioni omosessuali anche di portata nazionale sembra si occupino di pedofilia sono quelle in cui c’è da polemizzare con la Chiesa cattolica intorno al fenomeno dei cosidetti “preti pedofili”, o con vari soggetti che accostassero la pedofilia all’omosessualità, ovvero con chi pone obiezioni circa la possibilità del matrimonio tra omosessuali.

Il link che vi segnalo è il risultato della ricerca della radice “pedofil” nel sito dell’ARCIGAY. Come si vede, si tratta di un lungo elenco (9 pagine) di post che partono dal 2001 e giungono al 2013 nei quali si articola la polemica soprattutto con le prese di posizione della Chiesa cattolica e quindi dei suoi leader.

I post consentono di ripercorrere la memoria di anni molto difficili e dolorosi per la Chiesa cattolica, che ha dovuto assumere la consapevolezza di gravi errori e peccati al suo interno e farsi carico di un lungo e travagliato processo di purificazione, non senza soffrire la vergogna per quanto gradualmente stava venendo alla luce. Dopo oltre un decennio dall’inizio di grandi scandali si può dire che sono state adottate contromisure energiche, in grado di reagire efficacemente contro il problema della pedofilia tra i ministri ordinati della Chiesa cattolica. Le condanne più volte ripetute ad alta voce (insieme alle richieste di perdono) fanno scuola per chi non ha ancora mostrato lo stesso coraggio.

Al rapporto difficile tra mondo omosessuale e Chiesa cattolica voglio dedicare la prossima sezione di questo post.

Riassunto
Le problematiche attuali, frutto di una metamorfosi storica dei movimenti di liberazione omosessuale, si distinguono in due ordini: le teorie del gender e la non chiara posizione sulla pedofilia e l’efebofilia nel mondo omosessuale. Per quanto riguarda le teorie del gender esse offrono il fianco a rilievi di carattere filosofico di non poco conto, circa le criticità che insorgono a livello della libertà personale, del danno iatrogeno e dei teoremi culturali non risolte da tali teorie, anzi in larga parte causate da esse. In relazione alla posizione sui rapporti intergenerazionali con minori, non si può accettare l’equazione secondo la quale l’omosessualità presenta maggiori rischi di pedofilia. Tuttavia mentre è in atto un processo di liberazione della sessualità del minore e di riduzione dello stigma intorno a chi è attratto da minori, il mondo omosessuale sembra preoccupato principalmente di polemizzare contro la Chiesa cattolica, che invece pare essere l’unica struttura ad aver adottato energiche contromisure, piuttosto di esprimere chiaramente la sua distanza e la sua contrarietà ad ogni ipotesi di pratiche sessuali intergenerazionali con minori.