Etica della rete, nuove frontiere
8. Per qualche prospettiva concreta
Nonostante l’incompletezza dell’esposizione bisogna giungere a gettare uno sguardo sul futuro. Anche qui forzatamente incompleto, ma sicuramente aperto a commenti costruttivi e soprattutto a condivisione di strumenti operativi.
A parere di chi scrive sono due le soluzioni percorribili nel breve – medio periodo:
- progettazione di strumenti di critica costruttiva (“boicottaggio”);
- adozione generalizzata del protocollo IPv6.
Per quel che riguarda gli strumenti di critica costruttiva ritengo possibile sottrarre il monopolio della critica, perlopiù distruttiva, alle forme di anonimizzazione che sfociano nell’hackeraggio o nell’acritico disturbo sistematico della rete. Allo stato attuale è possibile progettare e realizzare applicazioni gratuite e libere a disposizione dei miliardi di utenti internet affinché essi possano scegliere di precludere la navigazione personale verso un certo numero di siti web considerati bersagli, dunque basando la forza dell’intervento non su un’azione criminosa (defacing del sito o attacco DDoS, per esempio, le quali, lungi dal conseguire risultati permanenti, appaiono sempre più mere dimostrazioni di abilità tecniche da parte di un numero ristretto e non rappresentativo di utenti internet che impediscono ad altri utenti internet di fruire liberamente di servizi che spesso hanno contribuito economicamente a realizzare) bensì sulla condivisione esplicita e il più diffusa possibile di obiettivi finalizzati. Occorre ricordare che il danno maggiore verso un sito (e dunque verso l’organizzazione rappresentata) è causato non tanto dal suo momentaneo oscuramento, quando dal boicottaggio sistematico che fa crollare il numero di visite e quindi gli introiti pubblicitari. E nulla vieta che il boicottaggio si estenda dal sito bersaglio ai partners pubblicitari che su quel sito pubblicano le loro inserzioni, causando una concatenazione di “oscuramenti virtuali” dei siti web che di fatto ne decreta la scomparsa da internet.
Più complessa e da valutare nel medio termine è l’adozione generalizzata del protocollo IPv6. Non entro nel dettaglio tecnico, ma certamente non sfugge a nessuno che tale protocollo può realizzare un’autentica rivoluzione nella rete, la quale da rete di macchine (computer) può finalmente giungere ad essere una rete di persone attraverso le macchine (computer). Infatti finora con il protocollo IPv4, causa la strategia iniziale che associava l’indirizzo IP all’interfaccia di rete della macchina e causa la limitata quantità di indirizzi IP disponibili, ha obbligato i gestori delle reti a ricorrere a sistemi di comunicazione che hanno reso possibile e anzi favorito l’anonimizzazione. Ma con il protocollo IPv6 la quantità di indirizzi IP sarebbe talmente elevata da consentire di attribuire un indirizzo univoco non tanto ad una scheda di rete, quanto ad un utente specifico. Tale cambiamento di strategia della rete sarebbe l’autentica rivoluzione che introdurrebbe nel vero web 2.0, finora solo favoleggiato o comunque ridotto a poche innovazioni di carattere “estetico“. L’attribuzione di un indirizzo univoco per ogni utente costituirebbe il suo riferimento sul web, l’autenticazione della sua identità, il suo patto-accredito con il provider. Ovviamente nessuno si illude che con tale sistema si possano escludere tutti i tipi di reati informatici. Anzi si potrebbe creare addirittura una problematica di carattere superiore con la perpetrazione del furto di identità, il che richiede lo studio e la messa a punto di sistemi di autenticazione più robusti probabilmente basati su rilevazioni antropometriche (impronte digitali, impronte vocali, impronte iridee) in associazione alla declinazione di password alfanumeriche invece che sulla sola declinazione di password alfanumeriche. Inoltre l’autenticazione (ovvero la certificazione dell’identità dell’utente per l’attribuzione di un IP specifico) potrebbe chiamare in causa l’amministrazione pubblica, in collaborazione e per certi aspetti surrogazione del privato gestore del servizio. Proprio la robustezza di un sistema (pubblico-privato) integrato con strumenti tecnici rivoluzionari garantirebbe lo sviluppo di internet e l’accrescimento della rete nella partecipazione attiva e costruttiva degli utenti.