Evangelizzazione in Africa

Questo articolo è comparso nella rubrica Le religioni in Africa del n. 59 di Amici per la Missione


Il 10/4/2019 ricorre il 25° anniversario dell’Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, voluta da San Giovanni Paolo II “perché sia promossa un’organica solidarietà pastorale nell’intero territorio africano ed isole attigue”, come egli stesso ebbe a dire in occasione del suo annuncio all’Angelus del 6/1/1989. All’Assemblea fece seguito l’Esortazione Apostolica post sinodale Ecclesia in Africa (1995).

Questa ricorrenza ci dà lo spunto per conoscere più da vicino la realtà religiosa africana, a partire dalla presenza cristiana, che in Africa si è manifestata fin dal periodo apostolico.

In un suo articolo pubblicato nel 2006 (Il cristianesimo in Africa e lo sviluppo della sua teologia, website · mirror pdf), il nigeriano Francis Anekwe Oborji (website), docente presso l’Università Urbaniana, ripercorre la storia dell’evangelizzazione in Africa e della sua teologia. L’autore suddivide la storia in 5 periodi.

La prima fase di evangelizzazione è quella del Nuovo Testamento e della Chiesa del Nord Africa, tanto attiva al punto da dare tre papi nel primi 4 secoli di vita. Nel 430 i vescovati del Nord Africa erano quasi 600! Le ragioni del declino e della sparizione di una Chiesa così vibrante sono da ricercare nelle divisioni dottrinali interne e nella disintegrazione conseguente all’invasione dei Vandali e all’occupazione musulmana. Forse altro motivo potrebbe ritrovarsi nel fallimento dell’inculturazione.

La seconda fase di evangelizzazione è la ripresa dell’interesse verso l’Africa nel periodo delle grandi missioni con l’arrivo dei navigatori portoghesi nell’Africa sub-sahariana durante il XV secolo. L’attenzione stavolta viene rivolta all’Africa sub-sahariana e all’Africa del Sud. Si cercò di erigere parrocchie e seminari, ma nonostante gli sforzi ripetuti all’inizio del XIX si dovette prendere atto del fallimento dell’evangelizzazione, dovuto in larga parte a causa degli interessi contrastanti dimostrati dalle nazioni alle quali il Vaticano aveva affidato l’impegno, ma anche a carenze strutturali dell’evangelizzazione stessa (europeocentrismo, mancanza di inculturazione, eccetera).

Con la terza fase, che va dal XIX secolo fino al Concilio Vaticano II, si inaugura un nuovo modello di evangelizzazione che passava dal salvare le anime a… impiantare le Chiese, il che includeva la costruzione di scuole e di ospedali ed altre forme di servizio. L’evangelizzazione si sposta da mani portoghesi a mani francesi e non mancarono rivalità religiose che ebbero conseguenze alquanto deleterie. Missionari cristiani di diverse denominazioni entrarono in competizione per sorpassarsi l’un l’altro in bravura onde guadagnare nuovi conversi ed erigere nuovi servizi sociali. Gli elementi più critici di questa fase furono quelli interni: il coinvolgimento dei missionari nel dominio coloniale, l’aver denigrato i riti ed i costumi tradizionali, atteggiamenti di superiorità basata sulla pigmentazione della pelle, e atteggiamenti di paternalismo; il desiderio infelice di mantenere la Chiesa africana il più a lungo possibile sotto il controllo europeo.

Dal Concilio Vaticano Secondo al Sinodo dei Vescovi, Assemblea Speciale per l’Africa (1994) si dispiega la quarta fase. Il CVII chiarisce l’identità della Chiesa e la sua missione, specialmente significato e scopi. Ciò ha ricadute benefiche sull’evangelizzazione in Africa: durante questa fase gli africani iniziano ad assumere la responsabilità delle loro Chiese e della loro terra… Tuttavia, l’incremento nella forza numerica della gerarchia locale, dei sacerdoti, dei religiosi e dei fedeli laici non significa che le Chiese africane abbiano raggiunto uno stato adulto nella loro crescita.

La quinta fase è quella dell’Africa post-sinodale. In tale fase gli intenti evangelizzatori in Africa debbono cercare di garantire alla fede cristiana una crescita e una profondità tali da dare una risposta adeguata ai problemi emergenti, suscitati in Africa dalla modernità, in modo da consentire ai cristiani africani di rimanere fedeli alla loro nuova fede in Cristo.

Per quanto la suddivisione in fasi sia una semplificazione, tuttavia già questo aiuta a comprendere le difficoltà dell’evangelizzazione in Africa e le responsabilità delle Chiese europee, in positivo come in negativo.