Il fondamento della speranza

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Meditazione

Chi tra noi è più avanti negli anni ricorda meglio di altri l’abitudine della confessione privata, nella penombra, protetta dall’anonimato del confessionale. I commenti, a volte impietosi della gente curiosa, che osservava una persona recarsi al confessionale: chissà perché si confessa, cosa avrà da dire? Come mai il prete la tiene così tanto tempo?

La riforma liturgica avviata dal Concilio Vaticano II ci ha restituito una celebrazione comunitaria del sacramento della riconciliazione. La forma rituale è stata accolta in molte comunità, ma lo spirito, la comprensione profonda e l’attuazione dell’ispirazione del padri conciliari non sempre sembrano arrivati a segnare la pastorale e i ritmi delle nostre parrocchie, delle nostre famiglie religiose. Ancora oggi fa fatica ad affermarsi un modello di riconciliazione che rifiuti la privatizzazione del sacramento (che rivela sempre un pizzico di egoismo) e abbracci con convinzione l’aspetto pubblico, di popolo, “plurale” della salvezza operata da Cristo.

Nell’ascolto della lettera ai Romani siamo colpiti dal plurale usato da Paolo: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Nessuna creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio”. Comprendiamo in tal modo che la celebrazione di una liturgia penitenziale comunitaria risponde meglio alle esigenze del sacramento della riconciliazione, la quale è rivolta non ad un singolo ma ad un popolo.

La celebrazione comunitaria del sacramento già da sola è in grado perciò di insegnare, di comunicare, di mediare un messaggio che ha due risvolti.

In primo luogo la comunità cristiana deve prendere consapevolezza della necessità di pregare per i peccatori. È possibile che il Signore preservi qualcuno dal peccato mortale e quindi che costui non avverta la necessità della confessione individuale. Ma l’accompagnamento della preghiera, l’intercessione amorosa e fraterna verso coloro che nella loro debolezza sono caduti e intendono riconciliarsi non può mancare: non solo è segno di comunione, è anche e soprattutto intrinseca missione della Chiesa quella di riconciliare gli uomini con Dio. Occorre che una comunità cristiana trovi momenti e strumenti di preghiera esplicita e di sostegno spirituale per quanti sono nel peccato e hanno bisogno di incontrare una parola di misericordia e di speranza.

In secondo luogo la celebrazione comunitaria ci suggerisce una modalità di cammino comunitario. Esistono peccati della comunità, non esiste solo il peccato del singolo. Esistono mancanze, insufficienze, trasgressioni che entrano nel meccanismo quotidiano della vita delle comunità e stritolano la spiritualità e la testimonianza anche del singolo che ne fa parte. Celebrare comunitariamente il sacramento della riconciliazione comporta la ricerca di spazi e di tempi nei quali la comunità si confronti sul proprio peccato, non al modo in cui un’azienda riflette sulle strategie per migliorare i suoi cicli produttivi; ma nell’unico modo che la chiesa conosce, quello della celebrazione: il rendere noto, il dichiararsi, il riconoscersi peccatori all’interno dell”abbraccio misericordioso del Padre. Sembra sempre più urgente, e rispondente allo spirito della celebrazione comunitaria del sacramento della riconciliazione, che le comunità cristiane siano in grado di ammettere le loro colpe e di chiederne perdono gli uni agli altri, perché il Signore possa essere presente e testimoniato nelle parole e nelle opere di ciascun cristiano.