Il pelo pasquale
In casa ho un orologio infallibile che scandisce tempi e stagioni e mi tiene regolarmente informato sugli sviluppi del clima: è il pelo di Minou, la gattina che da qualche anno a questa parte ha preso possesso dell’abitazione nella quale io sono da lei considerato suo ospite, come prassi di ogni gatto domestico.
Arriva la primavera e lei, con impressionante precisione, perde lo strato di pelo lanoso che durante l’inverno dovrebbe proteggerla dal freddo. Lo deposita, presumo senza un preciso disegno criminoso, ovunque. Il pavimento si riempie di gomitolini soffici che si librano in aria alla minima corrente.
Lei, la micia, si fa più coccolona; si avvicina, si struscia, insiste nell’essere carezzata, in realtà è alla ricerca di un modo per liberarsi del mantello ormai (stagionalmente) inutile. Io la soccorro con qualche energica spazzolata e lei sembra gradire molto. Se lo fa fare a lungo, finché non si sente più alleggerita da tutto quel fastidioso pelame.
Finita la muta, è Pasqua.
Da qualche anno a questa parte, senza nemmeno consultare il calendario, magari troppo distratto a rincorrere impegni o a farmi coninvolgere da attività di ogni tipo, religiose o meno, non appena la casa si riempie del pelo felino so che la primavera è imminente. E con la primavera, la Pasqua. Vagonate di pelo pasquale da rimuovere dal pavimento difficilmente passano inosservate.
Lei, la micia, non so quanto sia consapevole del fausto evento. E’ sicuro che lei avverta un cambiamento. Se non altro del pelo! Obbedendo a quelle (quasi) precise leggi biologiche in risposta alle variazioni climatiche la bestiolina deve buttar via qualcosa che non le serve più. Deve liberarsi di quello che per lei ora rappresenta solo un inutile, fastidioso carico di cellule morte.
E così lei, la padrona di casa, più o meno consapevolmente celebra il cambio stagionale, l’arrivo delle belle e lunghe giornate, la primavera della natura e – chi lo direbbe mai? – la pasqua felina: lo svestimento del vecchiume, la liberazione dalla prigionia della lanugine del passato, il rivestimento di un fresco lucido mantello che tanto la fa apparire giovane e indicibilmente carina.
Così il pelo della mia Minou non solo mi fa da orologio stagionale, ma nel corso di questi anni mi ha reso anche una continua catechesi mistagogica. Mi ha parlato della pasqua e mi ha insegnato che ogni essere vivente ha una pasqua. Ogni essere vivente, che resta in attesa del momento nel quale, in qualche modo, rinnovarsi e che si libera di quanto inutile, superfluo, dannoso, celebra la sua pasqua.
Anche l’uomo. E qui direi che non c’è nessun bisogno di sottolineare se credente o non credente. Ogni persona umana vede la necessità di liberarsi di quanto inutile, superfluo e dannoso trova nella sua vita. O almeno aspira a liberarsene. Ma quanto è difficile! Molto facile per una micetta liberarsi del pelo inutile: lo fa naturalmente, basta che giunga la stagione e accade. Ma quanto è difficile per una persona umana distinguere ciò che la danneggia da ciò che l’avvantaggia, ciò che non le serve da ciò che le è necessario, quel che potrà esserle utile da quel che si dimostra del tutto inidoneo! Direi: beato davvero chi è capace di capire tutto questo senza difficoltà!
Sono sicuro che molti, fortunati come la mia micia, siano in grado come lei di celebrare la loro pasqua in modo naturale e di non avvertire nessun’altra necessità per rifiutare il male ed abbracciare costantemente il bene se non quella di attendere il momento opportuno, la stagione giusta della vita.
Io, da parte mia, meno capace di fare questo tutto da solo mi affido alla Pasqua del Signore Gesù. Anche io voglio liberarmi da tutto quello che mi nuoce, che mi pesa, che mi invecchia, potrei dirlo forse con un paio di parole lise ormai da secoli di incomprensioni (morte e peccato), ma forse ciascuno di noi riuscirà a trovare il nome giusto per definire ciò che lo fa sentire incatenato, non libero, a volte persino infelice.
Mi affido alla Pasqua del Signore Gesù, lo prego di portare anche me con lui in una vita nuova, anche quest’anno. Con lui morto, morire anche io. Con lui risorto, risorgere anche io. Una muta interiore che mi faccia più buono e più santo.
E permettetemi di auspicare che questo tipo di Pasqua sia riservato a ciascuno di voi, soprattutto se, come me, da soli non vi sentite in grado di riuscirci. A tutti, buona Pasqua di Risurrezione del Signore Gesù!
E ora scusate: devo andare a raccogliere un po’ di pelo pasquale.