Il Vicario del Vicario
Ogni diocesi della chiesa cattolica è guidata da un vescovo. Il Codice di Diritto Canonico (CIC) prevede che il vescovo costituisca un vicario generale con potestà ordinaria che lo aiuti nel governo della diocesi (cfr Can. 475, §1).
Sempre il CIC (cfr Can. 401, §1) prevede che i vescovi (ma un po’ tutti i sacerdoti), raggiunta l’età di 75 anni, si sentano invitati a presentare la rinuncia all’incarico. In questi ultimi anni molti vescovi in Italia hanno festeggiato le 75 primavere o le stanno per festeggiare: Bagnasco, Bertone (già sostituito da Parolin), Romeo (già sostituito da Lorefice), Scola, Vallini… Tutti nominati da Benedetto XVI. Possiamo dire che si sta definitivamente concludendo la stagione ratzingeriana e si prefigura la compiuta stagione bergogliana.
Per la diocesi di Roma tradizionalmente il vicario generale del vescovo (che è il Papa, Vicario di Cristo) è vescovo anch’egli e pure cardinale. Perciò viene comunemente indicato come Cardinal Vicario. E familiarmente tra il clero di Roma si sorride al pensiero che egli sia il Vicario del Vicario di Cristo!
Di sicuro le tre caratteristiche che dovrebbe avere il Vicario del Vicario sono legate al suo delicatissimo ruolo. Anzitutto dovrebbe conoscere la diocesi di Roma, i suoi sacerdoti, il Vicariato (cioè la curia diocesana di Roma) con i suoi meccanismi curiali medievaleggianti, la pastorale; non dico essere amato da tutti ma quantomeno non essere un estraneo e godere di una stima diffusa. In secondo luogo dovrebbe avere un buon rapporto con le autorità civili, trattandosi pur sempre di Roma, Capitale dello Stato italiano e centro di importanti organismi nazionali e internazionali; conservando sempre il massimo rispetto dei rispettivi ambiti di azione, il Vicario rappresenta l’anima della comunità dei credenti della città. Infine dovrebbe essere capace di coinvolgimento culturale e sociale, stimolando in tutte le sedi opportune il dialogo e il servizio alla persona umana.
Il compito di Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma è attualmente ricoperto dal Cardinal Agostino Vallini. Il 27 giugno 2008 Benedetto XVI scelse Vallini quale successore del Cardinal Ruini, allora Vicario Generale della Diocesi di Roma. Francesco lo ha confermato nell’incarico il 18 maggio del 2013 (qui la lettera). Non sono pochi quelli che pensano che Vallini abbia giocato un qualche ruolo nell’elezione di Francesco al soglio pontificio. Il che spiegherebbe non solo la conferma dell’incarico di Vicario, ma anche il protrarsi di tale incarico per due anni oltre la scadenza per limiti di età.
Da qualche tempo, poi, si sono fatti insistenti i rumors circa il suo avvicendamento. Inizialmente qualcuno ha vociferato intorno ad un possibile incarico a Mons. Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato. Ma per quanto Becciu sia persona molto competente e sicuramente di fede, contro la sua candidatura si agita la sua scarsa conoscenza nella e della Diocesi di Roma.
Per un certo periodo di tempo è circolato anche il nome di Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e zio di Giancarlo Fisichella, pilota automobilistico italiano. A favore della sua candidatura don Rino ha il fatto di essere del clero di Roma e di conoscere molti preti che sono stati suoi studenti nel tempo della carriera accademica. Ma il suo carattere un po’ ruvido e il suo non sempre felice rapporto con le autorità civili (qui) non lo hanno fatto apparire il candidato ideale. Durante le consultazioni con i Prefetti di Roma (qui) non pare abbia riscosso il necessario consenso.
Qualcuno ha auspicato che l’incarico venisse conferito a Mons. Matteo Maria Zuppi, attuale Arcivescovo di Bologna. Molto conosciuto e amato dal clero e dal popolo di Roma, capace di ottime relazioni con le autorità civili, anche a livello internazionale (è stato artefice della riconciliazione in Mozambico, qui), profondamente impegnato a livello sociale e culturale, don Matteo sarebbe il candidato giusto a succedere al Cardinal Vallini. La scelta operata da Francesco però è chiara: in piena successione di Roma il Papa ha preferito che don Matteo servisse la chiesa di Bologna, sicuramente bisognosa della figura di un pastore autentico. E difficilmente la Dotta si vorrà privare di un così grande dono per lasciarlo tornare alle pastoie romane.
Nell’accavallarsi delle voci si è pure sentito il nome di Mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana. Tra i favoriti di Bergoglio (qui), non di rado il rampante vescovo con i suoi interventi opportune, importune (cfr 2Tm 4,2) è riuscito ad eclissare il suo superiore, Bagnasco presidente della CEI. Non è molto conosciuto a Roma e i suoi rapporti con le autorità civili sono spesso stati segnati da polemiche e critiche. Di sicuro come Vicario della Diocesi di Roma sarebbe una candidatura audace, di rottura, dagli esiti non del tutto scontati.
Di Mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-vasto, si parlò tempo fa (qui). Uno studioso certamente apprezzato da Bergoglio per le sue aperture su diversi temi della teologia e della morale. Difficilmente collocabile all’interno di un panorama quale quello della Diocesi di Roma, che probabilmente al momento ha meno bisogno di accademia e più di pastoralità. Né è detto che don Bruno sia sufficientemente introdotto nelle dinamiche ecclesiali e socio-politiche della Capitale.
In questo senso il nome di Mons. Ernesto Mandara, vescovo di Sabina-Poggio Mirteto, appare più credibile. Già vicerettore del Seminario Romano e ausiliare a Roma, don Ernesto conosce bene la Diocesi e il suo clero. Se la consapevolezza dell’urgenza di recuperare i rapporti con i sacerdoti di Roma costituisce la priorità, allora la candidatura di don Ernesto è quella giusta. Il fatto che ormai da 6 anni sia fuori dalla vita della Diocesi e della città non è un punto a suo favore.
Nome in ascesa è quello di Mons. Angelo De Donatis, attuale vescovo ausiliare di Roma incaricato della cura del clero. Uomo buono e infaticabile tessitore di rapporti e di formazione sacerdotale, è stato a lungo direttore spirituale in seminario (qui). A mio avviso proprio questa sua attività rappresenta uno dei vulnus più pesanti, persino riguardo alla sua elezione all’episcopato avvenuta in quella stessa diocesi dove ha confessato e diretto molti (futuri) sacerdoti e continua (ottimamente) a fare. Privo di reale esperienza di governo, resta una vera incognita la sua capacità di misurarsi con la complessità politica e amministrativa della città.
Se dovessi esprimermi con un personale giudizio rispetto ad un outsider proporrei una riflessione su Mons. Lorenzo Leuzzi. Vescovo ausiliare di Roma delegato per la Pastorale Sanitaria e incaricato per la Pastorale Universitaria, Leuzzi non fa parte del genere dei “vescovi popolari”, ma ha dalla sua una lunga militanza nella Diocesi di Roma, di cui conosce bene i meccanismi interni, una conoscenza diretta del clero con il quale a modo suo riesce anche a simpatizzare, e soprattutto un legame profondo con il mondo accademico e quello politico (è cappellano della Camera dei Deputati). Probabilmente è uno dei pochi che riesce ad unire la dimensione pastorale con quella accademica e amministrativa. Non è detto che Leuzzi sia l’uomo per tutte le stagioni e torni simpatico a tutti, ma tra le varie opzioni è quella che presenta meno svantaggi e pare che più si avvicini alle tre caratteristiche che dovrebbe avere il Vicario Generale di Sua Santità.
Ovviamente il Santo Padre sceglierà nella massima libertà colui che sarà il suo principale collaboratore e noi attendiamo con fiducia il nome del successore di Vallini. Non è detto che tale scelta si rivelerà la migliore; noi crediamo però che lo Spirito Santo riuscirà a ricavare un qualche bene pure dalle storture degli uomini.
Del resto la Legge di Murphy, già applicata con successo nel 2008, ha pur sempre un corollario: “Se tutto è andato bene, evidentemente qualcosa non ha funzionato“.