In uno Stato democratico si governa in tre modi
In uno Stato democratico moderno si governa in tre modi:
- la maggioranza degli elettori sostiene il Governo e la sua parte politica
- un Governo è espressione dell’alleanza tra rapprasentanze politiche diverse o di “non sfiducia” delle opposizioni
- una Costituzione o una legge elettorale attribuiscono la maggioranza di Governo al partito maggiormente votato
Si possono anche creare condizioni intermedie con dosaggi diversi di questi tre modi, ma non ci si discosta molto da questi. Un caso originale è quello del cosiddetto Governo tecnico, in realtà esempio limite di alleanza di partiti diversi, impossibilitati a o incapaci di esprimere un Governo alternativo.
In Italia, dopo un periodo iniziale tutto sommato breve di Governi sostenuti da una parte politica maggioritaria (Democrazia Cristiana), si è entrati in un lungo periodo di alleanze variabili tra partiti a volte molto diversi tra loro e di non sfiducia da parte di opposizioni.
Fu Berlusconi, pur costretto ad alleanze ed apparentamenti, a riportare in auge il Governo sostenuto dalla maggioranza degli elettori, auspicando un sistema partitico bipolare a sua volta gestito da una legge elettorale premiante la maggioranza relativa.
Matteo Renzi radicalizza la posizione berlusconiana. Respingendo in modo pregiudiziale ogni forma di alleanza, fin dall’inizio della sua vicenda politica immagina il ruolo del partito come apertura verso elettori di altra provenienza. Che si tratti di persuasione o di aggiustamento di contenuti o di compromesso interno l’importante per Renzi è conquistare sul terreno altrui.
Il Governo secondo Renzi dovrà essere espressione di una maggioranza di elettori sostenitori di un partito non alleato né apparentato con alcuno, che se anche non raggiungesse la maggioranza parlamentare sarà aiutato sia da una Costituzione che limiti le possibilità di crisi sia da una legge elettorale che premi il partito di maggioranza relativa con la maggioranza parlamentare.
È questo il modello di Governo che immaginano gli italiani? Quegli stessi italiani che in campo calcistico gioiscono per la sconfitta della squadra antipatica forse più che per la vittoria di quella del cuore?
Il berlusconismo, dai cui effetti nel tempo non sono immuni né Renzi né Grillo (che con la sua storica critica al potente Craxi anticipò in qualche modo la dissoluzione del sistema partitico ancora oggi in atto) per la scelta “leaderistica” di gestione del consenso popolare, non ha terminato di esercitare il suo fascino sull’elettorato italiano. Non resiste tanto l’ideologia anticomunista e liberale alla quale si ispira il berlusconismo, quanto il modello movimentista finalizzato ad (anticipare e) intercettare l’umoralità magmatica dell’elettorato.
Qualsiasi Governo in Italia per i prossimi anni (molti anni…) non potrà non tenere in debito conto l’indole polemica e campanilista degli italiani e il pressoché definitivo tramonto dei partiti quali interpreti autentici del loro pensiero e della loro volontà.