La “chiesa debole” del terzo millennio
Coinvolgimento nelle strutture sociali e culturali civili con superamento degli steccati
“Il cristiano pensa, il cristiano prega” ebbe a dire Paolo VI ai cardinali nel 1970 riflettendo sulla presenza della chiesa nel mondo e sul compito riservato a ogni credente (fonte). Prima – dice il santo Papa – pensa. La regressione adolescenziale che sta caratterizzando la chiesa debole del terzo millennio si pone in relazione all’emozionismo, tipico del secolo corrente, del quale ho scritto diffusamente qui.
Ovviamente fanno parte della chiesa gli stessi membri della società civile, perciò è difficile se non impossibile stabilire una distinzione netta tra un “dentro” e un “fuori”, che risulterebbe giocoforza artificiale. Il linguaggio delle emozioni si è imposto ad ogni livello, economico (il “buy on rumors, sell on news” del mercato borsistico), massmediologico, politico… La chiesa non fa eccezione. In questo senso può ben dirsi coinvolta nelle strutture sociali e culturali civili.
C’è da chiedersi se in tal modo essa non abbia abdicato al suo ruolo di “madre e maestra”, quindi di educatrice capace di farsi prossimo di ogni persona, di varcare in punta di piedi e con rispetto i vari ambiti umani e di inoculare dall’interno il messaggio evangelico, più con la testimonianza che con la parola.
Tutto ciò si rende possibile nella misura in cui la chiesa entra “in comunione con le diverse forme di cultura; tale comunione arricchisce tanto la Chiesa stessa quanto le varie culture” (GS 58). Trasformare le comunità cristiane in luoghi dove si pensi e si preghi, senza con ciò sottovalutare il sentire e gustare di ignaziana memoria (“Non il molto sapere sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose internamente“, Esercizi Spirituali 2) che piace tanto a Papa Francesco, tale appare la sfida del III millennio.
Ciao Ugo,
storicamente quasi (metto il quasi perché la storia è il regno delle eccezioni e non ammette mai regole universali ed immortali) tutti i movimenti di rinnovamento della Chiesa la hanno vista cercare di tornare, ovviamente in modo parziale, allo spirito, se non alla lettera, della Chiesa subapostolica, spesso appoggiandosi alla forza morale e spirituali dei nuovi ordini monacali del periodo.
Così fu per la Riforma Gregoriana che sfruttò la spinta innovativa di Cluny, così fu per il IV Concilio Lateranense con il riconoscimento degli Ordini Mendicanti e pure nel Concilio di Trento l’influenza della pur recente Compagnia di Gesù non fu affatto secondaria.
Quindi non posso che concordare con te, il tornare della Chiesa a fare “come in terra di missione” è la strada e personalmente l’esperienza che sto recentemente vivendo di “ritrovo spirituale” con dei fratelli a casa di uno di loro la sento fra l’altro come utilissima proprio per uscire anche dalla tentazione (ma spesso anche obbligo) del formalismo che, giustamente, ricordi.
Alessandro