La conversione missionaria per l’annuncio del vangelo della misericordia
La conversione missionaria per l’annuncio del vangelo della misericordia
Nel terzo millennio cristiano l’annuncio del vangeli di misericordia richiede una rinnovata “conversione missionaria”. L’espressione “conversione missionaria” non è mia. Mi piacerebbe essere stato io ad avere tale intuizione, ma sono molto contento che appartenga al Vescovo di Roma, che sia stata un’ispirazione di Papa Francesco.
Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una «semplice amministrazione». Costituiamoci in tutte le regioni della terra in un «stato permanente di missione». (EG, 25)
Non so se abbiamo letto tutti la Evangelii Gaudium. Penso sia un documento da riprendere tra le mani, soprattutto da quelli che potremmo definire “vicini”: preti, suore, laici e laiche impegnati. Non si possono lasciare le cose come stanno!
Nell’accennare all’apostolato ho suggerito una riflessione sul capitolo 10 del vangelo di Matteo proprio durante la celebrazione del sacramento degli infermi. Ho sostenuto e sostengo che persino l’infermità, la vecchiaia, la malattia sono da considerare autentiche missioni nella Chiesa. Ora vorrei commentare nel dettaglio il vangelo, che lascio alla vostra meditazione, distinguendo tre grandi piste da seguire: la conversione dei discepoli, l’annuncio del vangelo e le persone.
(a) Conversione dei discepoli
- Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità (v. 1): la chiamata comporta una prossimità. I discepoli, in questa vicinanza con il Signore (“a sé”), assumono nuove potenzialità nella lotta contro il male.
- I nomi dei dodici apostoli sono (v. 2): la chiamata comporta una trasformazione: da discepoli (coloro che ascoltano e seguono) ad apostoli (coloro che annunciano e vanno avanti a tutti). La chiamata è personale, non anonima. Anzi, si potrebbe dire che proprio la chiamata trasformante fa uscire dall’anonimato.
- Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti (v. 5): immagino gli apostoli mentre prendono appunti per svolgere il compito loro affidato… Hanno bisogno di istruzioni, non del programma dettagliato. Mentre Gesù detta le linee della loro missione, ne lascia alla creatività degli apostoli la realizzazione storica.
- Dodici: perché questa insistenza sul numero 12? A parte il simbolismo biblico delle 12 tribù d’Israele, Dio non pare essere mai stato un amante dei grandi numeri (cfr Abramo, Gedeone, Davide…). Mai perdere memoria del fatto che non c’è proporzione tra impegno umano e risultati della missione. E che un dodicesimo degli apostoli è traditore.
(b) L’annuncio del vangelo
- E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino (v. 7): la visione iniziale, primitiva del missionario è dinamica: l’apostolo fa la strada, la percorre, cammina su di essa, non si parla di punti di arrivo ma di punti di attraversamento; e l’apostolo fa la strada perché la traccia disseminandola di predicazione.
- Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (v. 8): cosa hanno ricevuto gli apostoli per darlo gratis? C’è un assoluto sottinteso, nel quale si racchiude l’intera esperienza umano-religiosa del discepolo dentro l’abbraccio della gratuità. Al tempo stesso il vangelo non perde di vista le differenti biografie umane: alcuni sono vittime dell’ingiustizia della vita, che arbitrariamente premia gli uni e colpisce gli altri. L’apostolo soffre con chi soffre e sorride con chi sorride, senza dimenticare che il vangelo è partigiano: sta sempre dalla parte delle vittime.
- Entrando nella casa, rivolgetele il saluto… pace (vv. 12-13): dinamismo, prontezza nel cogliere le situazioni, disponibilità a mettersi in gioco: caratteristiche tipiche dell’apostolo, che si mostra vero operatore di pace.
- Uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi (v. 14): dal dinamismo (“entrando”) all’imperativo (“uscite”). La chiesa compie un cammino che obbedendo al Signore la porta a liberarsi di ogni ramo secco.
- Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti (v. 27): la preoccupazione dei cristiani dei primi decenni era che Gesù avesse costituito un gruppo di privilegiati i quali aveva riservato verità nascoste a tutti gli altri; la Chiesa ha dovuto affrontare un lungo periodo di purificazione per passare da una religione iniziatica, misterica ad una fede popolare, antropica: non l’uomo è per il sabato, ma il sabato è per l’uomo…
- Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me (v. 38): parole del genere potevano essere comprese dagli apostoli solo dopo la risurrezione. La sequela di Gesù prepara al rifiuto: ogni cosa sembra dire che il mistero del male oppone tutta la sua forza al Bene fatto carne. L’uomo contro l’Uomo. Anche in noi: le cose parziali, ideologiche, pregiudiziali contrastano le aspirazioni divine animate dallo Spirito di Dio. L’umanità, alla fine, è una croce da portare, senza fughe in avanti – in alto, senza scoramenti perché il destino è risurrezione.
- Non perderà la sua ricompensa (v. 42): evocare ricompensa per chi avrà servito i servitori può apparire un’esagerazione (“Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto”, v. 41). In realtà l’esagerazione è quell’identificazione tra il missionario e Dio che dovrebbe lasciarci a bocca aperta: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (v. 40).
(c) Le persone
- Pagani, Samaritani e pecore perdute della casa d’Israele (vv. 5-6): i destinatari della buona notizia del regno sono le pecore perdute. Nel vangelo è iscritta la necessità di ritrovare ciò che era perduto.
- Operai, cittadini, persone degne, governatori, re, giudici, fratello, padre, figlio, genitori, discepolo, maestro, servo, padrone, figlia, madre, suocera, nuora, profeta, giusto: una delle rare pagine del vangelo nelle quali si concentra un numero rilevante di categorie sociali. Con tutte le loro ambiguità: alcune familiari, altre istituzionali; alcune religiose altre senza Dio. Ciascuna di loro manifesta reazioni diverse all’annuncio del vangelo. Il vangelo resta segno di contraddizione.
- Le virtù:
- Pace (v. 13): la pace interiore, l’equilibrio dell’abbandono fiducioso del bimbo svezzato in braccio a sua madre…
- Prudenza e semplicità (v. 16): ci si deve sporcare le mani, ma senza dimenticare i guanti..
- Serenità (v. 19): la serenità è quella condizione interiore che si dichiara di avere dopo aver ricevuto un avviso di garanzia… nessuna battuta: il Signore invita a non preoccuparsi proprio coloro che sono chiamati in tribunale…
- Coraggio (v. 26): il regno dei cieli non è affare per i timidi e gli indecisi.
- Timore (v. 28): il timore di Dio è una virtù, un dono dello Spirito. Perdere Dio, questo deve farci paura.
Non è questo il luogo per individuare precise scelte pastorali, personali e comunitarie, da seguire per rispondere all’invito apostolico del Signore. Ma mi pare opportuno concludere con una esortazione prendendola dalle vive parole di Papa Francesco:
La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale. (EV, 33)