La donna e il vangelo
Sono molti quelli che si sono interrogati intorno al ruolo delle donne così come appare nel vangelo e successivamente nella Chiesa.
A molti è parso che nel vangelo il Signore Gesù avesse voluto riconoscere alle donne un ruolo che esse non possedevano nella società di allora. Tale ruolo, che più che da dichiarazioni di principio emerge da comportamenti quotidiani di familiarità, riceverebbe un’ulteriore incremento a leggere le pagine evangeliche relative alla risurrezione di Gesù. Infatti le donne figurano tra i primi testimoni. Da certi si giunge a ritenere che la Chiesa dovrebbe tenere in maggiore considerazione quelle novità evangeliche sia per quanto riguarda l’occupazione di ruoli di “prestigio” nella Chiesa da parte delle donne (ricorrendo però ad un concetto prettamente “mondano” tutt’affatto conveniente ad una sana visione evangelica) sia per quel che concerne la prassi sacramentale che escluderebbe le donne dal sacerdozio.
A questo proposito vorrei sottolineare il fatto che a me personalmente cambierebbe poco se vi fossero donne “prete”, donne rivestite dell’ordine sacerdotale. I sacramenti sono celebrati nel pellegrinaggio della Chiesa verso la patria celeste per la santificazione dell’uomo e a me poco importa se l’azione santificante sia compiuta da un uomo o da una donna. Il problema non è questo.
Alcuni potrebbero obiettare che la presenza delle donne al sepolcro sarebbe un fatto puramente occasionale, fortuito. Infatti solo esse si erano recate al sepolcro per compiere quegli atti di pietà sul cadavere di un defunto, dal momento che era un compito prettamente femminile. Dunque l’apparizione di Gesù alle donne avrebbe un carattere fortuito almeno equivalente alla loro presenza in quel luogo. Ma si può benissimo obiettare che non era affatto necessario che Gesù di mostrasse alle donne prima che ai suoi discepoli, cosa che in effetti il Risorto avrebbe compiuto di lì a poco.
Di fatto si rischia di non comprendere a fondo la verità evangelica se ci si limita a considerare la novità evangelica intorno alla donna e alla femminilità redenta solo o prevalentemente sotto il profilo sociologico o psicologico, o quello sacramentale per giunta. Nelle scelte di Gesù sembra rivelarsi l’intenzione di ricostituire la verità primigenia sulla creazione, di ricapitolare in sé tutte le cose, ripartendo da quel protovangelo scritto al tempo di Adamo e di Eva.
Ripartendo dal gesto di Eva (che sarebbe stato a lei rimproverato per l’eternità dall’uomo) Gesù recupera definitivamente il rapporto con la donna e ne redime il suo ruolo redentivo costituendo la donna stessa testimone privilegiato della sua risurrezione: “Va’ dai miei discepoli, di’ loro: Salgo al Padre mio e Padre vostro”.
In italiano la parola donna proviene da una trasformazione del latino “domina“, che vuol dire “signora”. Esattamente in questa direzione deve essere intesa anche la parola “madonna”, dal latino “mea domina“, in italiano “mia signora”. Pur provenendo da un linguaggio “cortese” e non classico, il termine si impregna di sofisticati significati religiosi. L’unica creatura che dopo la morte ha già conosciuto la risurrezione è proprio la Madonna, che il Figlio fa sedere alla sua destra e incorona regina: Mia Signora: la gioia che Eva ci tolse ci è ridonata in Maria.
Si compie così definitivamente quella ricapitolazione in Cristo di tutte le cose. Difficile credere che nei gesti di Gesù verso le donne vi fosse un semplice messaggio sociologico o sacramentale. Più verosimile che la femminilità redenta sia chiamata a testimoniare in modo primigenio la salvezza redentiva della risurrezione. É la Madre regina, signora, seduta al fianco del Figlio, non un papa né un governante.
Il successo della femminilità redenta sembra essere quello di Maria di Magdala, capace si piangere e di adorare il suo Signore, e soprattutto di rendere all’uomo l’annuncio della salvezza: “Va’ dai miei discepoli…”. Come Eva porse all’umanità il frutto avvelenato della menzogna, accolta da Eva in tutta la sua femminile apertura, così la donna redenta, Maria Madre di Gesù per prima, porge all’umanità le primizie della redenzione: dall’accoglienza della vita all’accompagnamento nella sofferenza e nella morte, al giubilo dell’abbraccio con il Signore.
Non penso sia poca cosa.