La fine dell’Italia e l’avvento di un’Europa guelfa

La fine dell’Italia e l’avvento di un’Europa guelfa
Note sul futuro dello stato nazionale italiano e dell’Unione Europea
Giorgio Benigni

Conclusioni

Il problema storico dell’Italia è stato sempre il senso di lontananza, estraneità, alienazione vissuta da una parte rilevante della società nei confronti dello Stato. La novità di questa fase storica è che a vivere questa alienazione non sono più porzioni di società ma porzioni di territorio. La linea del conflitto si è spostata e travalica le classiche definizioni. Non è tra padroni e operai, dirigenti e diretti, dipendenti e autonomi, oggi la linea di frattura è tra omogenei e disomogenei, dove chiaramente il confine lo fanno i primi che si definiscono omogenei. Il soggetto che inventa innovando, le nuove fratture sociali e politiche nell’Italia contemporanea è la Lega. Alcuni fatti sembrano darle ragione.

Innanzitutto la crisi dell’universalismo. A ben vedere lo Stato nazionale nato dalla Rivoluzione Francese, così come la scommessa della moneta unica rappresentano, ciascuna nel suo genere due scommesse universalistiche: ovvero la fissazione di obiettivi e criteri di cittadinanza politica ed economica validi erga omnes. A duecento anni di distanza questa scommessa “moderna” per molti versi vive una crisi irreversibile. Il concetto di uguaglianza che ne rappresentava il presupposto logico e filosofico è stato fatto a pezzi negli ultimi trent’anni.

L’unico limite alla libertà personale è rappresentato non più dall’uguaglianza ma dalla fraternità. Quindi dalla comunità. Solo mio fratello mi può fermare. Si, ma chi è mio fratello? Chi vive vicino a me, chi fa parte della mia comunità, chi condivide i miei valori. Espunto dal concetto di cittadinanza l’elemento dell’uguaglianza, che era l’elemento più generale e astratto, il concittadino diventa praticamente solo il proprio vicino: colui che ha un modo omogeneo al mio di vivere la libertà. Quando il quotidiano della Lega, La Padania, titola sugli applausi ai boss di Reggio Calabria il messaggio è chiaro: c’è una differenza antropologica tra i nostri valori e quelli di coloro che applaudono al mafioso pure se formalmente facciamo parte di uno stesso stato nazionale.

Se poi queste stesse comunità, proseguendo nel ragionamento leghista, sono quelle che ostacolano se non impediscono la mia libertà, negandomi attraverso le loro inefficienze e quindi un’eccessiva tassazione, il mio legittimo potere d’acquisto, meglio recidere un rapporto inutilmente e improduttivamente vincolante. Ecco allora che la scommessa diventa la fine dello Stato nazionale, unitario, egualitario, universalista, il suo superamento per uno stato nuovo degli omogenei dentro un’Europa non allargata ma essa stessa ristretta agli omogenei.

La fine dell’universalismo illuminista fondato sull’uguaglianza non mette in crisi l’universalismo cattolico. La Santa Sede ha subito la costituzione di uno stato nazionale dai presupposti illuministici così come ha subito la Costituzione europea priva della menzione alle radici cristiane.

La Lega offre alla Chiesa Cattolica la fine dello Stato nazionale unitario e l’inserimento della sua porzione maggioritaria e più ricca in una nuova Europa degli omogenei che a quel punto avrebbe sempre meno i caratteri del continente quanto piuttosto del suo nucleo centrale: una sorta di riedizione della Res Publica Christiana e del Sacro Romano Impero. Ritorna lo schema politico medievale e premoderno.

La Penisola Italiana, diventerebbe questa la giusta definizione del territorio, sarebbe divisa in due Stati, uno di 40 e più milioni di abitanti, la Repubblica Italiana del nord che includerebbe certamente Roma con il Papa e il Lazio e forse l’Abruzzo e l’altro, la Repubblica Italiana del Sud di poco meno di 20 milioni di abitanti che corrisponderebbe a poco meno del vecchio Regno borbonico. Due stati, due monete ma in un’Europa completamente cambiata. A Milano circolerebbe la stessa moneta di Amburgo, di Parigi di Amsterdam. A Napoli no e soprattutto varrebbe molto ma molto di meno. Probabilmente a quel punto l’Euro sarebbe la moneta circolante negli Stati Uniti d’Europa che però sommerebbero 200-240 milioni di abitanti e non i 400 attuali. Potrebbe essere uno Stato molto simile all’Impero carolingio. Oltre a Francia Germania Austria e Benelux anche il nord e il centro della Penisola italiana e il nord della Spagna: Catalogna, Paesi Baschi ecc.

Economicamente le piccole e medie imprese del nord avrebbero un carico fiscale sensibilmente alleggerito mentre le grandi imprese, la cui sede resterebbe nell’Italia del nord godrebbero di evidenti vantaggi dal momento che potrebbero produrre nel sud, cosa che già di fatto avviene, con un costo del lavoro ridotto dal favorevole e vantaggioso tasso di cambio. Gran parte della produzione della Fiat ad esempio già adesso è nel mezzogiorno. Lo stesso dicasi per Finmeccanica, Eni, Telecom ecc.

Roma ovviamente non sarebbe più la capitale del nuovo Stato. Questa potrebbe essere creata da zero, a significare il carattere di reale discontinuità, di nuovo inizio da parte del nuovo Stato. Proprio ricordando quanto avvenne nel medioevo con la prima Lega Lombarda e la fondazione di Alessandria, si potrebbe fondare una città dedicandola al nome del Papa. Benedetta, la nuova capitale, ubicata in modo efficiente lungo certe direttrici di transito, ma comunque in pianura padana, sarebbe una capitale stile Washington o Brasilia. Roma diventerebbe così una Venezia del Sud completamente controllata e gestita dal Vaticano una città di eventi servizi e turismo. Portare la Capitale a Milano infatti, dal punto di vista del Papa, potrebbe essere controproducente per il ruolo oggettivamente da primate che assumerebbe l’Arcivescovo di quella città tuttora a capo della diocesi più grande d’Italia e d’Europa. La Repubblica del Nord sarebbe guidata dalla Lega e dal Vaticano, esisterebbe tuttavia una forza di opposizione erede del PD che, non a caso, Giulio Tremonti ebbe a suo tempo modo di definire “Lega appenninica”. La Repubblica del Sud sarebbe uno stato il cui controllo del territorio e dell’economia sarebbe gestito dalle mafie ma anche qui d’intesa non in conflitto con i Vescovi delle diocesi cattoliche. Insomma una riedizione dello Stato angioino.

L’insuccesso della funzione omogeneizzante e universalizzante dell’Euro comporterebbe l’implosione degli Stati non omogenei. La nuova Europa a questo punto davvero federale che nascerebbe, sarebbe il baluardo della cristianità e della Chiesa. Un’Europa bavarese, con un’etica del lavoro severa e protestante e con un’etica individuale severa e cattolica, ovvero fortemente connessa ai cosiddetti temi eticamente sensibili. Insomma un’Europa guelfa, dove contano libertà e fraternità, i fatti e le persone; un’idea che avrebbe finalmente la sua rivincita sull’Europa sveva, e quindi ghibellina e moderna, dove contano libertà e uguaglianza, le idee e le regole. Un’Europa particolare e concreta, contro un’Europa generale e astratta. Lombardia e Baviera, sembrano così destinate ad guidare un percorso di trasformazione radicale della cultura politica continentale come non accadeva da secoli. Dal tempo dei Guelfi e della Lega Lombarda. Appunto.

Le presenti note non stanno a dimostrare l’ineluttabilità dello scenario presentato ma solo la sua plausibilità e ragionevolezza. Contrastare un esito simile determinato dalla crisi dell’Euro e della Chiesa è possibile. Ma ci vogliono analisi e soprattutto risposte adeguate e all’altezza dei tempi.

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