Orgoglio e pregiudizio. Ovvero Vigevani difende Mons. Lorusso


Aggiornamento 1 (Thu Jul 31 13:55:15 CEST 2014): Ho inviato un commento all’articolo di Vigevani per segnalare questo mio post. Il commento è ancora in attesa di approvazione (vedi screenshot).

Aggiornamento 2 (Sun Aug  3 07:00:54 CEST 2014): Il mio commento del 31 luglio all’articolo di Vigevani non risulta approvato (vedi screenshot).

Aggiornamento 3 (Sun Aug 10 07:04:36 CEST 2014): I commenti approvati dell’articolo di Vigevani sono divenuti cinque. Tra essi ovviamente non figura il mio. Da notare in particolare il commento di Domenico: pur di non dubitare nemmeno un attimo un diverso andamento delle cose, sospetta che persino il Papa sia una vittima, vittima di falsari di notizie, e afferma che sia un “errore per l’intera Chiesa” che Monsignor Lorusso non possa ricoprire un “incarico così importante” perché solo lui avrebbe fatto fare un “enorme passo avanti” alla “Chiesa tutta”. Chiaramente non c’è spazio per una conclusione diversa: Monsignor Lorusso è un profeta esiliato che ha tanto sofferto (vedi screenshot). Lascia quantomeno perplessi sentir dire che l’invocata “ingenuità” del Monsignore, turlupinato da un pregiudicato e sempre secondo la tesi accreditata dal Vigevani costretto dall’autorità giudiziaria a firmare una dichiarazione che egli non voleva firmare, il tutto con l’effetto di avvalorare una calunnia contro una ventina di persone, sarebbe stata la voce profetica di un “enorme passo avanti per la Chiesa tutta”.


Conosco don Luca Lorusso dai tempi del seminario, grosso modo dal 1986. Tante volte ha presieduto la Messa in Collegio e tante volte abbiamo scambiato opinioni e scherzato insieme. Ho gioito per come ha saputo servire la Chiesa, rispondendo alle richieste che nel corso degli anni gli venivano fatte. L’ho perso di vista per un lungo periodo e mi sono sorpreso alquanto di averlo ritrovato, soprattutto ritrovato invischiato in una vicenda di una tristezza ineguagliabile.

Tra le varie cose che ho letto su di lui mi ha colpito l’articolo di Adriano Vigevani pubblicato su Riscossa Cristiana Sito Cattolico di attualità e cultura dal titolo “Mons. Luca Lorusso, un servitore fedele della Chiesa, licenziato dal servizio diplomatico” (riprodotto fedelmente qui).

Il Vigevani persegue l’obiettivo di dimostrare che l’assegnazione di un nuovo incarico a Mons. Lorusso è frutto di un’accusa ingiusta e di un conseguente “accanimento” su un “fedele servitore della Chiesa, tratto in inganno”.

In linea di principio, quando ad un sacerdote viene chiesto di prestare (e cambiare) un qualsiasi servizio non c’è nulla di scandaloso né di lesivo della sua dignità. Si serve dove e quando si serve. Per tutto il resto vale il detto del Signore: “Siamo servi inutili”.

Ciò premesso, l’articolo in questione è pieno di imprecisioni, contraddizioni, disinformazioni e pregiudizi che dimostrano che l’autore non solo non è a conoscenza dei fatti in modo documentato ma è anche animato dall’orgogliosa determinazione di avvalorare le proprie opinioni piuttosto che rendere un servizio alla verità.

Procediamo con ordine.

Le imprecisioni

  1.  Il Poggi non ha scontato “interamente in carcere”, come erroneamente sostenuto nell’articolo, la pena conseguente alla condanna per molestie e violenze sessuali in danno di minori, ma solo una piccola parte dei cinque anni comminati in secondo grado, avendo egli invece usufruito del regime di detenzione agli arresti domiciliari per tutto il resto della pena.
  2. Il Poggi non solo è stato sospeso a divinis ma, a seguito della condanna penale comminata dallo Stato Italiano, è stato anche dimesso dallo stato clericale. Per tale ragione è improprio attribuire al Poggi il titolo di “don”, come invece viene fatto nel corso dell’articolo.
  3. La sentenza canonica di dimissione dallo stato clericale è stata emessa contro il Poggi dalla Congregazione della Dottrina della Fede (Santa Sede), quindi il Cardinal Vallini (Vicario Generale per la Diocesi di Roma) non aveva nessun titolo giuridico a riammettere il Poggi stesso al ministero sacerdotale, come erroneamente supposto nell’articolo. Né pare risultare che il Cardinal Vicario abbia “messo alla porta” il Poggi. Consta invece dagli atti e dalle dichiarazioni ufficiali che egli abbia più volte visitato in carcere e ricevuto il Poggi presso il suo ufficio (cfr Comunicato Stampa).
  4. Che Mons. Lorusso fosse “convinto di firmare solo un testo nel quale dichiarava di avere accompagnato il Poggi e di essere stato presente alla deposizione del suo atto” è mera supposizione dell’autore; si presume invece che Mons. Lorusso abbia letto con attenzione ciò che firmava, risultando frutto delle sue dichiarazioni, e che avesse in quel momento un grado di intelligenza tale da comprendere il significato delle parole lette. Dal tenore delle sue dichiarazioni si evince che egli ritenesse il Poggi persona affidabile e che le accuse dello stesso fossero “attendibili e fondate”.
  5. Non risulta che qualcuno abbia mai sospettato che Mons. Lorusso fosse in malafede e animato da “brame di vendetta”, come invece sostenuto dall’articolo.
  6. Nell’affermare che il Poggi è stato “arrestato e poi processato per diffamazione aggravata, condannato e tradotto in carcere” l’autore mostra gravi lacune rispetto ai fatti e anche lesive della verità nonché della dignità dell’imputato. Intatti il Poggi fu arrestato e condotto in carcere il 28 giugno 2013 con l’accusa di calunnia aggravata dalla continuazione, ha ottenuto gli arresti domiciliari ed è imputato dal settembre 2013 nel processo con rito abbreviato che si celebra presso il Tribunale di Roma, e ad oggi non risulta ancora condannato mentre è attualmente libero con obbligo di dimora e di firma.
  7. Vigevani conclude il suo articolo parlando degli “ecclesiastici romani gravemente diffamati dal Poggi” i quali, a suo dire, avrebbero già querelato Mons. Lorusso e chiesto un risarcimento di 100.000 euro in sede civile. Premesso che le persone chiamate in causa dal Poggi, “calunniate” e non “diffamate”, sono 1 vescovo, 16 sacerdoti e 3 laici, non solo è impreciso riportare in capo a tutti gli “ecclesiastici” l’azione in sede civile – posto che allo stato attuale non è possibile stabilire chi lo abbia fatto e chi no – ma è anche fuorviante e disinformante parlare di richieste risarcitorie senza nessun riferimento a un qualsivoglia soggetto in causa.

Le contraddizioni

La più grande contraddizione che appare nell’articolo è tra la rappresentazione che il Vigevani offre a proposito dell’azione di Mons. Lorusso verso il Poggi e la rappresentazione dell’azione del Vicariato (la curia vescovile di Roma).

Da una parte l’autore sottolinea come “Mons. Lorusso si prese cura di un prete in grandi difficoltà, don Patrizio Poggi, accusato in passato di molestie e violenze sessuali in danno di minori“. Tale cura comportava l’assistenza “non solo come avvocato canonista ma soprattutto come sacerdote in cura d’anime“.

Dall’altra il Vicariato viene mostrato come il luogo dove il Poggi (precisiamo sempre: non solo accusato ma anche condannato per molestie e violenze sessuali e non più “don” in quanto dimesso dallo stato clericale) viene respinto, rifiutando a lui ogni possibilità di riscatto e di messa in prova.

Tuttavia lo stesso Vigevani è costretto a riconoscere che “Mons. Lorusso è caduto vittima di un terribile gioco messo in piedi dal Poggi“, ammettendo così implicitamente che la prudenza delle persone che hanno incontrato il Poggi in Vicariato era più che giustificata e il loro comportamento nei confronti di un soggetto infido pienamente motivato. Mentre, al contrario, le cure e l’assistenza di Mons. Lorusso appaiono improvvide e del tutto mal riposte.

In questo senso anche il giudizio che Vigevani offre sull’ex primo consigliere di nunziatura appare contraddittorio e fragile. Mentre Mons. Lorusso viene descritto come “uomo di provata fede, apprezzato per le sue competenti capacità di lavoro e per il suo animo sacerdotale“, “privo di qualsiasi malanimo“, “figura di degno sacerdote e di servitore fedele della Chiesa“, “brillante diplomatico e ottimo sacerdote“,  “vittima di un terribile raggiro“, “fedele servitore della Chiesa tratto in inganno e per questo riconosciuto in totale buona fede” allo stesso tempo non viene in nessun caso dimostrato che qualcuno abbia mai messo in dubbio tutte queste qualità o situazioni. Al più Vigevani potrebbe avere sott’occhio le frecciate di certo giornalismo laicista che tende ad infierire su qualsiasi soggetto ecclesiale attraendo il lettore con titoli altisonanti. Tuttavia dalla narrazione della vicenda fatta dal Vigevani la figura di Mons. Lorusso viene tratteggiata come quella di una persona che pur rivestendo un ruolo importante nella diplomazia vaticana è incline ad essere facilmente ingannata, sia dal Poggi sia – cosa ben più grave se vera, e non solo per il soggetto autore dell’inganno ma anche e soprattutto per la vittima – dall’Autorità Giudiziaria (e verrebbe da chiedersi per quale oscura ragione). Dunque non “infedele” in senso stretto, ma sicuramente diplomatico con qualche difficoltà relativa alla sua missione.

L’articolo cerca di scagionare Mons. Lorusso da ogni ombra di colpevolezza, mostrandolo quale “vittima” principale del misfatto del Poggi, ma anche quale “giurista” e “avvocato ecclesiastico” che viene “convinto” proprio dall'”autorità giudiziaria” a porre la sua firma “senza volerlo” su un documento diverso da quello che egli intendeva. Per ottenere questo risultato l’autore ricorre all’argomento della confusione e dell’ingenuità del Monsignore. Due qualità che mal si conciliano con la vocazione di un diplomatico che deve essere in grado di rappresentare la Santa Sede davanti a governanti di ogni genere, con lucidità, con prudenza, con evangelica astuzia.

Inoltre poiché Mons. Lorusso è laureato in diritto canonico e “avvocato canonista”, e quindi non all’oscuro delle sottigliezze dei codici, appare ancora più stridente il suo “disinvolto” comportamento di fronte ai suoi superiori (sembrerebbe non informati o tardivamente informati della vicenda), al Vicariato (al quale avrebbe per primo dovuto riferire i suoi gravi sospetti, mentre al contrario risulta dagli atti di indagine che il consigliere di nunziatura nutriva profonda sfiducia nei confronti della legittima autorità costituita) e alla magistratura italiana (alla quale come risulta dagli atti di indagine Mons. Lorusso si è rivolto in vesti ufficiali per sollecitare trattamenti di favore per il Poggi in sede di indagini).

Il rapporto tra il Nunzio Apostolico Bernardini e Papa Francesco non viene risparmiato. L’apertura dell’articolo parla di “padrone” e di “cane”, con la citazione di un proverbio grazie al quale si comprende che se il “cane” è Mons. Lorusso, il “padrone” non può che essere Mons. Bernardini, suo superiore. La memoria torna alle notizie circa il conflitto tra l’allora Nunzio a Buenos Aires Bernardini e l’allora arcivescovo della diocesi Bergoglio. Nello scenario ipotizzato dal Vigevani, Bergoglio divenuto Papa ottiene la sua rivincita su Bernardini divenuto Nunzio in Italia “colpendo” uno dei suoi collaboratori più stretti, Mons. Lorusso. Quasi che nella vicenda di calunnia del Poggi prevalga tutto sommato un presunto “regolamento di conti” tra due uomini di chiesa, uno dei quali il Papa in persona che non si farebbe scrupolo di abbandonare l’innocente al suo destino! Salvo poi menzionare un cordiale colloquio nel quale Papa Francesco, accogliendo le precisazioni del Nunzio, pronuncia “buone parole” per il suo “cane”.

In questo caso, se non proprio una contraddizione logica, Vigevani mostra una visione di Chiesa talmente povera che potrebbe far impallidire il più ferrato degli anticlericali.

Le disinformazioni

Abile strategia disinformativa sono i periodi involuti e poco chiari cui ricorre l’autore.

Poggi ha preso dei fatti veri, perché più volte sacerdoti e prelati romani sono stati coinvolti in casi simili; e sono casi tutti documentati e agli atti. Fatti dunque realmente accaduti e come tali noti sia alla Santa Sede sia alla magistratura, usati però dal Poggi con animo avvelenato da sete di vendetta per imputarli a degli ecclesiastici del tutto estranei a simili condotte, diffamandoli in tal modo gravemente, soprattutto per la grande eco mediatica che la sua denuncia ebbe subito.

Da notare in che modo procede Vigevani. Per sostenere la sua tesi che “Mons. Lorusso, è caduto vittima di un terribile gioco messo in piedi dal Poggi: la sua formale accusa rivolta ad un gruppo di sacerdoti e prelati di essere coinvolti in un giro di prostituzione maschile minorile” anzitutto afferma (senza né dimostrare né citare) che “più volte sacerdoti e prelati romani sono stati coinvolti in casi simili”, facendo un vago riferimento all’esistenza di documenti e atti. Successivamente precisa che il Poggi usa tali fatti per “diffamare” (il termine giuridicamente corretto è “calunniare”, ma non pare che il Vigevani abbia chiara la distinzione tra i due reati) ecclesiastici innocenti, “del tutto estranei a simili condotte”.

Dal punto di vista della metodologia della comunicazione, si può parlare di disinformazione per almeno due ragioni:

    1. non viene citato nemmeno un caso di “sacerdoti e prelati romani” coinvolti in casi simili; peraltro sarebbe cosa impossibile, in quanto mai nessun sacerdote o prelato romano è stato condannato per “associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione minorile”, reato del quale invece il Poggi, appoggiato da Mons. Lorusso, accusa preti e laici;
    2. il collegamento tra i “fatti realmente accaduti” (ma non documentati dall’autore) e l’uso che il Poggi farebbe degli stessi sfugge completamente ad ogni ricostruzione della vicenda sia logica che fattuale, mostrando un lato fantasioso e creativo dell’autore dell’articolo: infatti non si capisce quale sia il nesso tra fatti in passato “realmente accaduti” – ammesso e non concesso che siano tali – riguardanti altre persone e le accuse del Poggi che Mons. Lorusso condivide al punto di accompagnare il denunciante e dichiarare le stesse “fondate”, accuse riguardanti persone del tutto diverse.

Altro rilievo da muovere all’autore dell’articolo è sulla lettura dell’apertura del discorso del Santo Padre in occasione dell’incontro con il clero di Roma del 6 marzo 2013:

Pare che in occasione dell’incontro del Vescovo di Roma col clero dell’Urbe svoltosi il 6 marzo, alcune “anime pie” abbiano informato il Santo Padre in modo tale da indurlo a esprimersi pubblicamente così (qui).

Sembra che Vigevani ignori volutamente che le “anime pie” cui fa riferimento, virgolettando, siano soggetti ben identificati dal Santo Padre in  persona, quando lui stesso dice di aver ricevuto e ascoltato alcuni dei sacerdoti calunniati e di averne raccolto il dolore. Al tempo stesso etichettando come “anime pie” questi stessi sacerdoti pare che egli in qualche modo tenda a metterli in cattiva luce, quasi attribuendo a loro la causa del comportamento che ha portato Papa Francesco a decidere della sorte di Mons. Lorusso. Infine appare insostenibile e priva di riscontri l’ipotesi che le “informazioni” siano giunte al Santo Padre “in occasione dell’incontro” con il clero di Roma e siano state tali da “indurre” il Papa ad esprimersi con toni tanto appassionati, quasi che Francesco si possa considerare uomo alla mercé del primo che si lamenta con lui.

Subito dopo Vigevani riferisce di un colloquio che egli afferma essere avvenuto tra il Santo Padre e il “nunzio apostolico” (non meglio identificato, ma si può ragionevolmente presumere si tratti del Nunzio Apostolico in Italia e San Marino Mons. Adriano Bernardini):

Il Santo Padre, messo in seguito al corrente dal nunzio apostolico in persona su come i fatti si erano realmente svolti ha risposto, durante quel colloquio privato, con buone parole per mons. Lorusso, di cui presto gli è risultata chiara la situazione e la sua figura di degno sacerdote e di servitore fedele della Chiesa.

Riferire fatti, discorsi e “buone parole” che con tutta evidenza sono impossibili da provare, in quanto non sembra né che il Vigevani fosse presente al supposto incontro, né che vi presenziasse Mons. Lorusso, né che vi abbia fatto seguito un comunicato stampa ufficiale rende le informazioni fornite dal Vigevani esili e pretestuose, in assenza di altra autorevole fonte.

Il Vigevani mostra di essere a conoscenza di altri fatti non noti né ufficialmente né per mezzo stampa, come per esempio di una lettera di scuse che il Poggi avrebbe inviato a Mons. Lorusso:

Il Poggi scrisse una lunga lettera al segretario di nunziatura chiedendogli perdono per averlo coinvolto con inganno ed in modo così lesivo alla sua persona in quella vendetta studiata a tavolino, dove il soggetto più colpito, oltre agli ecclesiastici diffamati dalle sue false accuse, è risultato essere proprio mons. Lorusso.

L’esistenza di tale lettera, che costituirebbe un’aperta confessione del Poggi, pare essere a conoscenza del solo Vigevani. Infatti essa non compare né nelle carte processuali né presso altre fonti. Trattandosi di un documento così importante, che potrebbe liberare persino Mons. Lorusso da qualsiasi indagine e accusa, pare curioso che il Pubblico Ministero, dottoressa Maria Monteleone, non ne abbia mai fatto menzione né che il Vigevani abbia sentito il dovere di renderla nota.

Il quale Vigevani, peraltro, si schiera decisamente sul versante “innocentista” che vuole Mons. Lorusso prima e più grande vittima del disegno criminoso ordito dal Poggi. Ciò nonostante le vittime del Poggi considerate “minori” non hanno ricevuto analogo trattamento, ovvero una lettera di scuse, né dal Poggi, secondo il Vigevani preoccupato in apparenza di non pregiudicare i rapporti con il Monsignore, né tampoco da Mons. Lorusso, che il Vigevani si sforza di accreditare come “uomo di fede, degno sacerdote e buon pastore in cura d’anime” ma pure vittima principale del Poggi sottovalutando il ruolo ben preciso che Monsignore ha ricoperto nel provocare dolore e sofferenza in numerosi suoi confratelli, ai quali avrebbe potuto rivolgere fraternamente qualche riga di spiegazione del suo comportamento, mentre così non è stato.

Il quadro sconfortante dei pregiudizi

La difesa d’ufficio di Mons. Lorusso operata dal Vigevani appare debole, poco documentata, superficiale. Probabilmente Vigevani non è riuscito nemmeno a dare un’occhiata alle oltre settemila pagine di atti d’indagine sul Poggi, nelle quali compare, e non come personaggio di seconda fila, anche Mons. Lorusso. Ma ciò che più impressiona è la cornice entro la quale si muove l’autore.

La sensazione che si ricava dalle sue parole è un quadro sconfortante di pregiudizi spinti fino a una critica nemmeno tanto velata al “nuovo corso” che attraverserebbe la Chiesa, probabilmente dopo l’elezione di Bergoglio a Papa. Vigevani non maschera l’ironia sulla “misericordia”, negata prima al Poggi e più recentemente al suo protettore Mons. Lorusso, ingannato dal protetto; ma pur di riscattare Mons. Lorusso si spinge anche a gettare un’ombra sul Papa, sospettato di essere vendicativo da una parte e di agire senza riflettere dall’altra, e sui sacerdoti calunniati, considerati vittime di rango inferiore e rappresentati come incapaci di umana e cristiana compassione per colui che risulterebbe più danneggiato di tutti, Mons. Lorusso, in quanto allontanato dalla carriera diplomatica.

Una visione legittima, certo, che può genericamente essere animata dallo zelo per la Chiesa e dall’amore per i suoi ministri, a condizione però di svestirsi di ogni pregiudizio, cosa non sempre riuscita al Vigevani; ma anche una visione che se non viene supportata da una ferrea logica fondata sui fatti rischia di far più danno alla comunione che rendere un servizio alla verità.