Pastorale della salute a Roma e Covid-19
L’antefatto
Il 10 giugno mi giunge la mail di Carlo, un caro confratello molto attivo nella Pastorale della Salute della Diocesi di Roma, per annunciare un incontro di preghiera comunitario su piattaforma Webex.
Buongiorno a tutti..
in un momento delicato e “confuso” come questo continuiamo a sostenerci nella preghiera e viviamo insieme la speranza che il covid lasci l’umanità già di per se ferita e umiliata, in modo particolare là dove la situazione sta provocando conseguenze drammatiche..(vedi America Latina, e altre nazioni).
La proposta è quella di trovarci insieme per unirci a quanti già si sono adoperati perché la pandemia finisca e per ringraziare quanti sono, come voi, in prima linea..
A tal proposito, Il nostro Vescovo don Paolo ha pensato di realizzare per il giorno20 GIUGNO 2020 alle ore 12.00
la recita del Santo Rosario che pregheremo insieme usufruendo della piattaforma CISCO WEBEX che abbiamo già utilizzato per i nostri incontri di settore..
La preghiera vede coinvolte le diocesi della Regione Lazio attraverso i loro referenti che, fanno parte della Consulta Regionale di Pastorale Sanitaria. Ognuno di loro si è adoperato per il coinvolgimento di più persone possibili..
È stato chiesto ad alcuni di loro la recita di un mistero.
Per noi è un modo per entrare in comunione con una realtà che supera i confini della nostra realtà ospedaliera e diocesana…Vi invio il link che penso comunque già abbiate, da far arrivare unitamente ad un vostro scritto ai cappellani del vostro settore..
Sarebbe bello se a loro volta, lo facessero arrivare a tutte le persone che pensano..(medici, operatori, infermieri, volontari etc etc..)
Ho risposto il giorno stesso che in considerazione delle mie già sperimentate difficoltà di connessione “mi unirò spiritualmente alla preghiera telematica“.
Con grande amicizia Carlo mi ha subito tranquillizzato: “Mi dispiace Ugo di questa difficoltà… Per me ci sei… Sei prezioso“.
Mai dare corda a Ugo. E così è arrivato
il rispostone
Caro Carlo,
la tua cortese risposta mi offre l’occasione per scrivere almeno a te qualche mio pensiero.
Naturalmente ti conosco e so che sei sincero in quel che dici, ma personalmente non ho l’ambizione di essere “prezioso” né prezioso per qualcuno. Mi basta sapere di essere amato da Dio. Te lo preciso perché così non te la prenderai se in futuro non farò caso a questi convenevoli preteschi o se non ne riceverai da me.
Mentre invece sono sempre più interessato a capire cosa si sta muovendo in quel tanto proclamato e atteso rinnovamento della pastorale ex Covid-19, compresa la pastorale della salute.
Il rosario telematico via webex non può considerarsi parte di quel rinnovamento, se non in modo molto ma molto superficiale. Dopo il rosario in diretta planetaria era il minimo.
Detto tra me e te sapevo che ci saremmo arrivati. Esaurita o, comunque, scemata la fase “emozionale” nella quale per sopravvivere al proprio senso di frustrante inutilità molti preti si sono riversati su internet per piangere e pregare oppure su piattaforma webex a raccontarsi e consolarsi (tutte cose legittime e comprensibili, bada, noi preti condividiamo con tutte le altre persone umane miserie e fragilità), ora forse inizia l’uso “assolutorio” dei nuovi strumenti.
Non scrivo “assolutorio” a caso. La mia convinzione è semplice e testarda: non sapendo come continuare, rifiutando di mettersi in discussione, di riconoscere ritardi e frustrazioni personali, di ammettere che cambiamento significa cambiamento e non semplicemente spostare su internet quel che prima si faceva in cappella, il rosario su webex (ma qui puoi metterci molte altre cose diverse da quel che ti dico dopo) è la forma canonica più rassicurante del prete azzoppato, che implicitamente sussurra: “La potenza della preghiera arriva dove io non riesco“.
E allora cosa c’è di sbagliato a pregare? – mi chiederai. A pregare niente. Se non che dentro quell’implicito sussurro si legge il retropensiero di molti: Signore, sbrigati a fare in modo che questa pandemia finisca perché così io riprendo a fare quel che facevo prima. E tanti saluti a rinnovamenti e cambiamenti.
Mi sarei aspettato invece che i superiori ci facessero usare webex o zoom o qualsiasi altra cosa per inoltrarci in una riflessione alta da dedicare al tema di una rinnovata pastorale della salute.
Così scrissi un sms al vescovo il 21/03 per sapere se aveva intenzione di dedicare qualche videoconferenza al tema. Nessuna risposta.
Il 30/04 cercavo di dare qualche suggerimento di metodo (forse anche di merito) sullo svolgimento della prima call (chiamata significativamente “incontro in chat” dagli organizzatori) con ben tre punti all’odg (sviluppato a malapena uno), ma alla mia mail indirizzata alla segreteria sanitaria nessuna risposta. Perciò il 02/05 ho scritto al prefetto e a tutti i cappellani, ma anche a quella mail nessuna risposta.
Seguendo le indicazioni del Vicario Generale ho messo per iscritto le mie riflessioni, pubblicate sul mio blog e inviate via mail il 01/06 ai vescovi e a una ventina di confratelli. Nessuna risposta.
Ora la conclusione s’impone: altro che prezioso, rompiscatole da ignorare! Nemmeno perderci tempo a rispondergli schiettamente “le tue riflessioni sono una cagata pazzesca“!
Con buona pace di ogni più nobile intenzione di aiutare la Chiesa di Roma ad interrogarsi con l’aiuto dello Spirito sul suo futuro, sul rinnovamento della pastorale, sul significato dell’essere prete e cappellano sanitario.
Dunque: via sms no, via webex no, via mail no, via blog no. Esiste qualche altra alternativa per riuscire ad ottenere un feedback, lo stimolo di una riflessione pastorale di un certo interesse, per il presente e per il futuro? Nel rosario che pregherò il 20/06 alle ore 12:00 lo chiederò direttamente al Signore, è più facile che mi risponda lui, anzi veramente su certe cose credo sia meglio che mi risponda lui.
Per come la vedo io, in molte strutture sanitarie (se non in tutte) i cappellani sanitari incontreranno difficoltà sempre maggiori a stare nei reparti a contatto dei pazienti. Forse il loro futuro sarà quello di fare un corso da OSS e di farsi assumere: tra il personale sanitario gli OSS sono quelli a più diretto contatto dei pazienti, più dei medici e più degli infermieri, si occupano dei loro bisogni primari e lavano il loro sedere dopo che hanno fatto i bisogni. Un OSS prete, senza bisogno di specializzarsi in chissà quale branca della medicina e di entrare in competizione per chissà quale carriera, potrebbe fare molto bene il cappellano sanitario, dividendo il suo lavoro tra corsia e cappella.
Così un vescovo (addirittura un vescovo!) delegato per la pastorale della salute dovrà fare scelte impegnative. Se vuol stare accanto a malati e cappellani deve fare il cappellano: ogni anno dovrebbe chiedere ospitalità presso la comunità di qualche struttura sanitaria e dividere il suo tempo tra corsia e cappellani. Se vuol privilegiare il personale sanitario deve fare il funzionario del vicariato: incontrare i vertici della sanità, predisporre eventi dedicati, partecipare a tante riunioni, fare tante public relations. Se vuol guidare la pastorale della salute deve contentarsi di indirizzare e coordinare il lavoro dei collaboratori, mentre lui si dedica alla preghiera e alla predicazione e va in giro a fare tanti sorrisi e stringere tante mani.
È raro che una persona da sola riesca a far bene tutto, oltre all’ordinario anche a pensare come far crescere, evolvere, rinnovarsi la pastorale. Creare invece gruppi di cappellani a cui affidare temi di riflessione per portare proposte in plenaria aiuta molto – questo sì – a condividere. Contemporaneamente si condivide ciò che si è (persone umane, cristiani, preti, cappellani) e ciò che si pensa (perché si è studiato o perchè si è sperimentato). E allora si avrebbe un bel motivo in più per nutrire la speranza teologale e per pregare gli uni per gli altri, per la Chiesa di Roma, per la pastorale della salute e per un rinnovato futuro.
Con questi pensieri (e tanti altri, ma meglio che li tenga per me, per ora) mi unisco spiritualmente al vostro rosario telematico. Prego che la pandemia – senza far più vittime – continui e costringa i più recalcitranti ad accettare che non si possono più fare i compitini alla “io speriamo che me la cavo“.
Rileggendo ciò che ti ho scritto mi scuso per la prolissità. Peraltro mi rendo conto che ho detto/ripetuto tante cose che sto dicendo/ripetendo da tempo. A questo punto credo proprio che, pur con tutte le garanzie di privacy, metterò la nostra conversazione sul mio blog. Giusto per non perdere il filo che seguo.
Un abbraccio fraterno,
tuo ugo