Pensieri sparsi sul sacerdozio – 1

Questi “pensieri sparsi”  sul sacerdozio cattolico prendono spunto da un recente scambio su Twitter. Poiché l’argomento è piuttosto attuale mi ripropongo di tornare ancora sul tema. E comunque basterebbe un’occhiata ai post correlati per capire la complessità del cammino.

Ho raccolto qui solo i tweet che mi hanno coinvolto in prima persona. Per leggere tutti gli altri interessanti interventi, che dimostrano quanto quello del sacerdozio sia argomento in grado di stimolare riflessioni profonde e complementari, suggerisco di seguire il thread.


Lo scambio è stato sollecitato da @consacrata_vita con questo tweet.


 
Argomento complesso, ho risposto, che non mi sentirei di affrontare su Twitter.

Distinguere tra teologia e rito

Lorenzo Milani (1923-1967)

Se si riuscirà a distinguere opportunamente tra teologia e rito (in quest’ultimo si concentrano molte caratteristiche della prassi, tra cui il celibato) si potrà vedere qualche frutto.

Altrimenti minestra riscaldata (e qui mi pare che @checchinato_j abbia la stessa opinione).

Sempre @consacrata_vita ha posto quindi una domanda: “Sarebbe forse anche necessario distinguere tra crisi di significato del sacerdozio ordinato e crisi dei sacerdoti per i più svariati motivi, da quelli di fede a quelli relazionali ed ecclesiali fino alle difficoltà e/o patologie psicologiche?“.

Esiste già, rispondo, e non da oggi, la valutazione intorno alle qualità umane del candidato che i responsabili dovrebbero fare in vista della sua ordinazione.

Le qualità umane di un candidato all’ordine sacro

Un conto è ordinare una persona umanamente non in grado di esercitare il sacerdozio, altro conto è ammalarsi dopo.

Tra le qualità umane si troverebbero molte cause di inadeguatezza lamentate oggi per molti sacerdoti, anche di recente ordinazione.

Tanto premesso è noto che, se tornassero in vita, i Fondatori non sarebbero accolti nei loro Ordini; così come non si potrebbero canonizzare molti santi a causa degli squilibri umani e di fede che li hanno caratterizzati.

Il sacerdozio non è e non sarà mai roba da supereroi, ma da tipi come Pietro, Tommaso, Giacomo, Giovanni, Paolo persino Giuda. Ciascuno di loro con caratteristiche peculiari, impulsivi, spergiuri, increduli, arrivisti, orgogliosi, infine traditori.

Metanoia e diaconia dei preti

Andrea Gallo (1928-2013)

Questa strana Chiesa, fondata su questi apostoli quasi in senso archetipo, l’ha voluta il Fondatore in persona. Un tipo che incontriamo sempre, nei poveri e nei sofferenti, nei migranti, nei carcerati e negli “strani” e a cui spesso chiudiamo le porte delle nostre comunità e del nostro cuore in faccia.

Recuperiamo il senso della metanoia principalmente tra preti, torniamo al senso della diaconia per essere autentici sacerdoti.

Il problema non sta nello scoprire cose nuove nella teologia del sacerdozio ma nel rendere attuale il patrimonio di fede della Chiesa nei suoi ministri.

Non senza l’aiuto di ciò che 2 millenni di storia umana hanno prodotto di bene.

Intervenendo nel dialogo, l’utente @iFonz87 si è mostrato d’accordo con tale pensiero:

Ho ringraziato sottolineando che il Vangelo è – deve essere – al centro della vita della Chiesa, di cui i ministri sono una parte e non tutto né forse la più importante.

Nondimeno non trascurerei le conquiste storiche, psicologiche, sociologiche che potrebbero aiutarla nella sua missione.

Un modello vale per sempre?

Quindi @iFonz87 ha voluto sottolineare che “Vero. Eppure a volte dimentichiamo il modello, il fondamento. Entro in seminari in cui cercano persone equilibrate più che vocazioni. E non c’avevo mai pensato che Pietro l’avrebbero cacciato all’istante”.

Il riferimento al “modello” ha sollecitato la risposta di @consacrata_vita, che ha richiamato l’attenzione al valore “contemporaneo” del sacerdozio: “E se invece dimenticare il modello fosse utile per accettare la ricchezza di ciò che siete oggi? Secondo me valete tanto per ciò che siete per la Chiesa di oggi e non per il modello che vi potrebbe essere chiesto di imitare. Gli apostoli furono resi tali nel proprio contesto“.

Mi sento di rispondere che la Chiesa è apostolica. Lo è perché inviata, lo è perché fondata sugli apostoli. La successione apostolica è la ricerca/garanzia della conferma che la Chiesa di oggi è la Chiesa di sempre voluta da Gesù.

La ricchezza della Chiesa di oggi non avrebbe senso al di fuori dell’apostolicità della sua missione.

Sarebbe un grave errore ricercare una conformazione psicologica ai 12 del tempo, esattamente come al vescovo di oggi. O a un modello di apostolo o di prete.

Ma sarebbe anche grave dimenticare che la Chiesa non è “nostra“, è apostolica.

Sempre nel tema del “modello” si inserisce la risposta di @iFonz87 a @consacrata_vita.

Su questo punto mi preme una precisazione.

Chi sceglie i preti nella Chiesa e per la Chiesa?

Roberto Sardelli (1935-2019)

Fabio Rosini, che conosco da prima che diventasse prete, è di una saggezza straordinaria. A volte indulge in un po’ di retorica clericale.

Non condivido l’idea che sia Dio a scegliere i preti per la sua Chiesa. Questo pensiero ha causato buona parte delle catastrofi contemporanee o almeno vi ha indirettamente contribuito (mi pare che anche @donMarcoVitale dimostri di sostenere la stessa posizione).

Il Signore sceglie e chiama tutti i suoi figli ed è con questo suo atto a costituire la “vocazione“.

I preti sono ministri della Chiesa, è la Chiesa che seleziona, forma e chiama i suoi ministri e ne completa così la vocazione cristiana iniziale.

Solo in questo senso va inteso quel “pregate il padrone della messe“. Lo Spirito che riempie la Chiesa accontenta la preghiera della Chiesa. E se la Chiesa chiede preti pelati, avrà preti pelati.

Perciò prima usciamo da questa retorica impastata di intimismo che ci riporta al de Bérulle e all’Eudes e prima rendiamo un servizio migliore alla spiritualità sacerdotale di impronta ecclesiale di cui ha bisogno il terzo millennio cristiano.