Problemi filosofici delle teorie del gender
La critica alla posizione cattolica
Ad Antonella Montano, che si presenta come “psicoterapeuta impegnata da anni nella prassi con pazienti omosessuali” è affidata la parte del citato testo a cura di Cantelmi e Lambiase intitolata “Chiesa e omosessualità“. La dottrina e la prassi della Chiesa vengono lette in modo particolarmente critico dall’autrice fino ad affermare che la Chiesa Cattolica esprime “affermazioni fortemente lesive dei diritti e della dignità delle persone omosessuali” (p. 114).
Secondo lei esiste una contraddizione interna nelle posizioni cattoliche laddove (pp. 113-114)
da una parte … la cura pastorale delle persone omosessuali prevederebbe che queste non debbano essere oggetto di “ingiusta discriminazione” in quanto ciò lederebbe la loro dignità di persona… Dall’altra si definisce l’omosessualità come “condizione oggettivamente disordinata” e si attaccano duramente gli atti omosessuali.
La psicoterapeuta percepisce come dicotomiche le affermazioni ecclesiali e ne conclude che esse possano essere motivo di difficoltà per un “paziente omosessuale” “nella formazione della propria identità e nella sfida del proprio orizzonte di idee irrazionali in vista di un orientamento sessuale autoassertivo” (p. 114). Forse trascurando il non secondario dettaglio che non sembra appartenere all’oggetto di studio della psicoterapia determinare la correttezza dei pronunciamenti del magistero ecclesiale e quindi mettere in dubbio, sulla base delle proprie competenze, la convinzione cattolica che l’omosessualità sia una condizione oggettivamente disordinata.
L‘autrice racchiude in una sintesi “valutativa” quanto da lei presentato circa il magistero della Chiesa sull’omosessualità (pp. 115-116):
La posizione ufficiale della Chiesa Cattolica sulla “pastorale delle persone omosessuali” prevede che la stessa sia praticabile solo a patto che queste persone rinneghino se stesse, la propria natura e il proprio essere, riconoscendo il disordine e il male della propria condizione di vita, accettando la castità e la contrizione come elemento permeante dell’intera loro esistenza. Si tratta di un carico di pressioni esterne che il più delle volte sfocia in omofobia interiorizzata, al punto che è alta l’incidenza statistica di suicidio tra gli omosessuali adolescenti, soprattutto credenti.
Non è mia intenzione entrare nel dettaglio della contestazione. Mi limito ad alcune osservazioni. La psicoterapeuta parla di “pazienti omosessuali” che troverebbero nelle posizioni della Chiesa Cattolica l’ostacolo alla formazione della propria identità; ella quindi individua all’interno dell’insieme delle “persone omosessuali” una ben precisa categoria, quella dei pazienti, ritenendo che per alcuni di essi (un ulteriore sottoinsieme) la causa del disturbo che li spinge a ricorrere alla terapia siano esattamente le posizioni della Chiesa Cattolica. Tuttavia l’autrice può al massimo descrivere una situazione, dovendo evitare con cura di promuovere una valutazione circa il rapporto causa-effetto, in quanto manca ogni altro tipo di riscontro. Peraltro il discorso sembra strutturalmente limitato ad una classe di soggetti non rappresentativa della maggioranza, a meno di non riconoscere che la maggioranza soffra dello stesso disturbo, eventualità esclusa in premessa e per logica. Dal momento che la maggioranza delle persone omosessuali pare non essere condizionata dagli orientamenti del magistero ecclesiale, di fronte ad un “paziente” con difficoltà nella formazione della propria identità nessuno può affermare con certezza se gli stessi disturbi che lamenta non si sarebbero presentati in un ambiente e con condizioni diverse (per esempio vivendo in un villaggio dell’Africa subsahariana e praticando culti tradizionali; cfr le Teorie di costruzione sociale) in quanto dipendenti da un suo soggettivo backgound. Se la dottrina della Chiesa viene presentata in modo oppressivo invece che liberatorio, con accenti repressivi invece che redentivi, finalizzato alla mortificazione invece che alla risurrezione il problema non è nel contenuto della dottrina ma nell’incapacità di chi nasconde il genuino volto di Dio (al proposito un mio articolo). Si può dire quindi che la sintesi della “posizione ufficiale della Chiesa Cattolica” proposta dall’autrice risulta estremamente viziata da una interpretazione non corretta. Che appare ancor più problematica qualora se ne deduca un potere tanto “omofobico” della Chiesa da spingere al suicidio gli omosessessuali adolescenti. Anche qui, in mancanza di riscontri oggettivi circa il rapporto di causa-effetto, si può cogliere il dato al massimo in modo statistico e descrittivo, posto che il magistero della Chiesa Cattolica non abbia l’intenzione di indurre nessuno al suicidio; e se qualcuno si è dichiarato spinto a quel gesto tragico dall’angoscia provocata dall’insegnamento ricevuto non si possono escludere né un’alternativa difficoltà a priori del soggetto né un pessimo insegnamento da parte di chi lo ha educato (basta dare un’occhiata alle conclusioni di Dèttore). Inoltre l’autrice sembra ignorare il fatto che il suo punto di osservazione le impone di parlare di persone omosessuali che presentano qualche disturbo; mentre non può rendere conto di tutte le persone omosessuali le quali, grazie proprio all’intervento della Chiesa, con il paziente accompagnamento spirituale di tanti validi sacerdoti, sono riuscite a superare i conflitti che ella vorrebbe stigmatizzare.
Montano non sfugge al sospetto di aver presentato le posizioni del magistero della Chiesa Cattolica con un pregiudizio formale relativo al presunto condizionamento psicologico, sociale, culturale operato dalla Chiesa nella genesi delle difficoltà presentate da alcune persone omosessuali. Giustamente l’autrice riferisce anche il dibattito vivo all’interno della Chiesa, tra teologi e pastori che cercano di sondare l’argomento e di trovare le soluzioni più rispettose dell’uomo e della volontà di Dio. Quel dialogo può essere anche legittimamente abbracciato nelle conclusioni a cui giunge, soprattutto se queste piacciono o sono utili per sostenere le proprie tesi. Resta un dibattito, sicuramente fecondo, persino autorevole, ma non ancora ricevuto dalla comunità dei credenti; il magistero della Chiesa non può essere accolto nelle parti più favorevoli o respinto in quelle giudicate meno accomodanti. Ovviamente per un testo che si presenta come studio psicoterapico formulare giudizi tanto moralmente incisivi da parte di persone non competenti può vanificare lo sforzo di scientificità, soprattutto se consideriamo che nello stesso testo un capitolo è dedicato a “Valori e neutralità in terapia” (pp. 180-194) e vi troviamo espresso un concetto basilare: “La considerazione dei valori religiosi in terapia non deve diventare una forma di «missione» da parte del terapeuta” (p. 192).
Ciononostante bisogna riconoscere che come agli occhi del teologo può apparire totalmente immotivata la pretesa delle teorie del gender ad elevarsi a norma universale, così agli occhi di psicologi, sociologi, antropologi ed esponenti di varie scienze umane può apparire contraddittoria e intollerante la posizione della Chiesa Cattolica con il suo testardo riferimento alla tradizione e alla volontà trascendente di Dio espressa nella “natura”. Con un limite ulteriore da esplicitare: occorre ricordare che non esiste praticamente nessuna religione che accetti di mettere in discussione la tradizionale visione della sessualità. Dunque limitarsi alla confutazione delle tesi della Chiesa Cattolica e non – per esempio – impegnarsi sul versante delle ben più radicali tesi dell’Islam, socialmente molto più pervasive e psicologicamente incombenti, potrebbe essere interpretato come una strumentalizzazione ideologica.
E sono contento che proprio oggi papa Francesco, parlando ai medici cattolici, abbia detto che nel nostro tempo sulla vita si sperimenta “male”, che si usano vite umane “come cavie da laboratorio” e che si “fanno” figli invece di “accogliere” figli http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/november/documents/papa-francesco_20141115_medici-cattolici-italiani.html