Samadi Incontra – Alla fermata
Presentazione del libro: Cristiano Altieri, Alla fermata, Informat Edizioni, Roma 2021
- Prima premessa importante: impossibile e inappropriato giudicare la fede religiosa di una persona, sia nella qualità (perché credi questo e non quest’altro?) sia nella quantità (perché credi tanto invece di poco?); perciò la riflessione (più che la presentazione) che propongo è una sorta di provocazione sulla fede cristiano-cattolica come ci è stata – spesso impropriamente e parzialmente – insegnata; insomma, se proprio devo giudicare qualcuno giudico i maestri, non i discepoli
- Seconda premessa importante: la narrazione di Cristiano (un nome, un programma…) mette in luce un aspetto purtroppo non sempre adeguatamente valutato, quello della capacità terapeutica della fede; o meglio, si tende (in tutti gli ambiti, non solo in quello psichiatrico-psicanalitico-psicoterapeutico) a mettere giustamente in evidenza i non pochi disagi causati da una fede insegnata o vissuta male, ma anche a sottovalutare gli effetti funzionalmente salutari di un fede integrata positivamente nel vissuto personale; come per ogni rimedio terapeutico, non è il caso nemmeno per la fede religiosa arrivare ad assolutizzarne i benefici, a qualcuno può far male, per altri invece si rivela risolutiva (come dimostra anche l’esperienza di Cristiano nelle due comunità frequentate); credo sia nella buona prassi e nella sensibilità di ogni operatore (anche ecclesiastico) riconoscere e gestire l’apporto della fede religiosa alla guarigione e alla stabilità delle persone
- Dal testo di Cristiano provo ad enucleare tre temi attorno a cui si muove la sua narrazione.
A) Il mondo diabolico
- precisazione terminologica: diavolo ← dia-ballein ← dividere, separare = il divisore; demone ← daimon ← essere divino = spirito che esercita un potere sull’uomo; demonio ← demone maligno = spirito che esercita un potere cattivo sull’uomo
- il diavolo appare a Cristiano in un tempo di sprofondamento nella tenebra “mille paranoie che mi facevano entrare in un mondo tutto mio, dove il protagonista principale era il diavolo” (p. 29); nel delirio in cui si trovava, vedeva la sua famiglia indiavolata ed era terrorizzato dallo sguardo luciferino della gente (pp. 29-30); i genitori diventavano due diavoli pronti a portarlo all’inferno (p. 31), le terapie erano pasticche diaboliche (p. 32); lui stesso si sente condannato per l’eternità (p. 33); suo padre impersona il diavolo che lo minaccia soddisfatto di nuovi trattamenti psichiatrici (p. 46);
- l’ironia sulla malattia viene considerata da Cristiano un’arma invincibile per la sua riabilitazione (p. 44); oltre naturalmente ad essere considerata tale da non poca parte delle scienze umane, ricordo che gli stessi teologi medievali consideravano l’ironia come una delle cose più intollerabili per gli esseri diabolici; “la libertà nasce dall’ironia” (p. 73), fino a lasciar intendere che anche Dante Alighieri troppo sano non doveva essere, visto che è sceso all’inferno e ha visto i diavoli (p. 74)
- al tempo stesso ha ragione Cristiano, se non fosse stato cattolico si sarebbe sentito perseguitato da altro tipo di spiriti (p. 60); lo confermano esperienze diffuse in tutto il mondo (cfr. mia esperienza nell’Africa sub sahariana)
- Cristiano giunge alla conclusione che le allucinazioni e la visione del diavolo erano frutto della sua rabbia per tutte le separazioni a cui aveva assistito, specialmente quella dei suoi genitori (e in particolare della morte del padre, p. 61; fino all’ultima, quella dalla comunità, p. 62) e che il demone che gestiva tale rabbia fosse proprio lui, Cristiano (p. 60); confortato dai suoi terapeuti sa di aver attraversato un’esperienza d’inferno (p. 69)
- la facilità con cui in tutte le culture si riconosce l’analogia della trama (spiriti maligni, persone cattive o incattivite, luoghi di sofferenza e di perdizione senza tempo) racconta l’esigenza, del tutto umana, di materializzare la causa del proprio disagio, del proprio male; senza essere necessariamente costretti a ricorrere a spiegazioni religiose di fenomeni che nulla hanno di misterioso, è giusto ricordare però il grande travaglio di fronte al quale si trova l’essere umano quando è avversato dal male, a cui vorrebbe ma non sa dare un volto, un nome: sia il male morale (pensiamo per un momento alle guerre con i loro lutti e le loro ingiustizie) sia il male fisico (pensiamo alle persone che combattono malattie rare) sia il male psichico (di cui Cristiano è testimone diretto); la domanda di sempre resta inalterata con tutta la sua angoscia (se non è illuminata dalla fede): chi è l’autore del male?
B) La fede propriamente detta
- la fede di Cristiano è condita da un forte senso del dovere (p. 35) che traduce anche con i concetti di umiltà, fatica, forza di volontà, abnegazione, coraggio (p. 33) ai quali aggiunge più tardi il sacrificio (p. 56); a volte anche i sensi di colpa, che vengono assolti con formula piena (usando un linguaggio a metà strada tra il religioso e il giuridico) quando egli prende consapevolezza della sua malattia, sembrano misurarsi con il senso del dovere e con l’ansia di perfezione di Cristiano (p. 54), per quanto egli stesso voglia riservarsi la spiegazione lasciandoli nel segreto della sua fatica introspettiva (p. 61);
- la vita deve essere vissuta come un dono e secondo Cristiano ogni atto che attenta alla vita non può venire da Dio (p. 39); la perfezione annunciata da Gesù nel vangelo sembra riguardare la vita spirituale ma anche tutti gli altri aspetti della nostra persona, compresi quelli psichici (pp. 53-54); si sente di dire, per inciso, che il Natale è una gran bella festa (p. 62); vede nella sua malattia la realizzazione evangelica del chicco di grano caduto in terra, morto e fruttuoso (p. 71)
- la caratteristica intrinseca della fede cristiano-cattolica è che si considera una virtù teologale o, per dirla in parole semplici, un dono esclusivo di Dio, che nessuno si può dare con le sue sole forze umane, il dono della conoscenza di Dio e dell’amore di Dio; per dirla con un esempio, è la caratteristica dei rapporti amicali, nessuno può costringere un altro a presentarsi e a diventare suo amico; da tale caratteristica intrinseca derivano poi tutte le altre qualità (la comunione ecclesiale, la missione, la liturgia, il servizio, l’adozione a distanza p. 71, ecc…) e virtù (la propria vita come dono…) che si possono persino confondere con caratteristiche umane personali (per esempio, l’alto senso del dovere…)
C) La croce e la sofferenza
- incontriamo la croce fin dall’inizio: Cristiano sente di avere le spalle grosse per portare una grossa croce (cap. 2) ma parla della sua vicenda come di un percorso di sofferenza (p. 35) e definisce tale anche la croce, ossia la sofferenza (p. 49); se dietro ogni croce c’è la risurrezione (p. 49) è anche vero che per Cristiano non c’è essere umano che non ne porti una (p. 50);
- malattia come castigo? Cristiano sembra fuggire la domanda, che però compare senza apparenti motivi, se non quello di un dubbio inespresso ma sempre pronto ad emergere dal nostro inconscio (p. 38); Cristiano rinuncia pure a prendersela con Dio preferendo credere nella Provvidenza da cui spera di riavere quello che la vita gli ha tolto (p. 69-70)
- la natura aberrante della croce non risiede tanto nella sofferenza, quanto nell’esperienza tragica di un Dio lontano, silenzioso ed espulsivo; rileggendo la vicenda di Gesù, si comprende la lacerazione che lo dilania, lui da uomo avverte la distanza dal Padre che – come lui – è Dio: si consuma il più inaudito episodio psicotico, quello dell’Uomo-Dio Gesù, il quale avverte in modo schizofrenico la divisione innaturale delle due nature del proprio essere e produce pensieri e fa discorsi in apparenza dissociati: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, “Ho sete”, “Padre, perdonali”, “Figlio, ecco tua madre”, “Tutto è compiuto” mentre viene assassinato ingiustamente, fino a gridare il suo ultimo respiro; la croce che il Signore invita l’uomo a prendere ogni giorno per seguirlo è questa costante fiducia in Dio che seduce e abbandona, che dona ed esige, che adotta e respinge