Sarà pure oro, ma non riluce…
Sandro Magister, giornalista e grande critico di Papa Francesco, dalle pagine del suo blog annuncia un convegno a Roma per sabato 7 aprile 2018 dal titolo Chiesa cattolica, dove vai? (qui)
I convegnisti, animati dal sacro fuoco della protezione della purezza dottrinale nonché dalla preoccupazione delle sorti della Chiesa vista allo sbando, probabilmente a causa della presunta deriva dell’attuale pontificato, annunciano la produzione di nostalgiche riesumazioni dei detti caffarriani, di autorevoli considerazioni dei cardinali Giuseppe Zen Zekiun e Francis Arinze, di interventi di studiosi del calibro di Valerio Gigliotti e Renzo Puccetti. Il momento epico si avrà con la lettura di una “declaratio”, una concisa professione di fede sui punti della dottrina e della morale oggi più controversi. Nessuna firma, ma la voce di “membri battezzati e cresimati del popolo di Dio”.
Tutto oro? Forse. Bisognerà attendere il 7 aprile per saperlo. Intanto qualcosa non riluce.
Il convegno si terrà a Roma nel centro congressi “The Church Village”, in via di Torre Rossa 94 (qui il sito). La location dal nome programmatico non è indifferente. Pare che la struttura sia un restyling della Domus Pacis Terra Rossa Park e della Domus Mariae, sede storica dei giovani dell’Azione Cattolica. L’intera operazione di ristrutturazione è stata effettuata sotto la presidenza di un certo Pietro di Pierri nel 2014 (qui).
Questo signore ha avuto gli onori delle cronache perché risultava nel 2011 implicato in un affaire relativo agli inquilini eccellenti dell’ISMA (Istituti di Santa Maria in Aquiro), ente proprietario di numerosi immobili nel centro storico di Roma che si dichiara istituzione pubblica di assistenza e beneficenza. In particolare un appartamento di 175 metri quadrati a Piazza Navona era locato per 4.965,00 euro mensili alla società PdP Immobiliare. Il contratto venne risolto per morosità, la PdP venne sfrattata e proprio nel 2014 venne eseguita la sentenza per il recupero delle somme dovute (qui). La vicenda ebbe uno strascico tra avvocati che si concluse nel 2016 (qui), ma a noi per ora questo interessa poco.
Il contratto però recitava “abitativo” e titolare dell’azienda locata figurava essere esattamente Pietro di Pierri (PdP appunto).
Di Pierri, in realtà, è residente a Barcellona, ma anche dalla sua casa sull’ Avenida Diagonal riesce a intrecciare rapporti con la politica italiana e nel 2009 figura nella lista dei consulenti di Sandro Bondi al ministero dei Beni Culturali con un compenso di 15mila euro l’ anno. Non è tutto, perché proprietario della Pdp è Finnat Fiduciaria, la controllata di Banca Finnat Euramerica della famiglia Nattino che di fatto gestisce l’ azienda per conto di un terzo che preferisce rimanere anonimo. Nonostante questo la Pdp è molto attiva in Italia e nel dicembre 2009 diviene azionista al 40% di “Fa. Re. Nucleare”, costituita per cavalcare le opportunità dell’ atomo e controllata al 60% da Luigi De Vecchis, un esperto della materia.
(fonte: La Repubblica 1/3/2011)
Quindi titolare della PdP è di Pierri, ma la proprietaria è una fiduciaria controllata dalla Banca Finnat della famiglia Nattino. Giampietro Nattino balzò agli onori delle cronache nel 2015, quando si venne a sapere che era stato messo sotto accusa in Vaticano per aver usato l’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, insomma l’immobiliare vaticana) come centrale di riciclaggio.
In realtà il nome di Nattino compare fin dal 2013 nell’inchiesta su Monsignor Nunzio Scarano, responsabile del servizio di contabilità analitica dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, arrestato per vari reati, compreso il tentativo di far entrare in Italia 20 milioni di euro con un jet privato, e rinviato a giudizio nel 2016 (qui):
Secondo Scarano, Giampietro Nattino realizzava operazioni finanziarie con banche italiane ed estere e, tramite l’Apsa, vendeva e ricomprava titoli Finnat per farne salire il valore.
(fonte: Il Fatto Quotidiano 5/11/2015)
La notizia trova conferma nelle operazioni svolte dalla Guardia di Finanza che nel 2017 sequestra a Nattino
beni per 2,5 milioni di euro nell’ambito di un’inchiesta su manipolazione di mercato e ostacolo alla vigilanza. Secondo l’ipotesi accusatoria, in pratica, Nattino avrebbe effettuato compravendite di azioni della stessa banca usando lo “schermo” di depositi presso l’Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica) e lo Ior (la banca vaticana).
Contemporaneamente la stessa fonte mette in luce varie connessioni della famiglia Nattino con personaggi romani e non rappresentanti forti interessi economici.
Francesco Caltagirone, uno dei rampolli di famiglia, è stato per 13 anni nel consiglio di amministrazione di Finnat (la banca di Nattino, NdA): entrato nel 2003, ne è uscito in tempi recenti. Altra figura di collegamento tra le parti è quella di Carlo Carlevaris, storico presidente di Finnat, ancora oggi inserito negli organigrammi della banca in qualità di presidente onorario. Ma lo stesso Carlevaris siede tutt’ora nei Cda di due società che fanno capo al gruppo Caltagirone: Vianini Lavori, di cui è consigliere di amministrazione, e Cementir, di cui è vicepresidente. Tra gli ex consiglieri di amministrazione di Finnat, poi, spicca un altro “caltagironiano” di lungo corso, Paolo Di Benedetto, che ora siede nel consiglio di amministrazione della stessa Cementir. Per non parlare del fatto che Di Benedetto è il marito dell’ex ministra della giustizia Paola Severino, in passato già legale di Francesco Gaetano Caltagirone. E non finisce qui.
Il medesimo Giampietro Nattino, destinatario del sequestro, ancora oggi riveste l’incarico di consigliere di amministrazione della Caltagirone Editore, la società del gruppo dell’immobiliarista che tra gli altri pubblica Il Messaggero, Il Mattino e Il Gazzettino.
Senza dubbio si potrebbero approfondire ulteriormente argomenti e collegamenti per cercare di comprendere in che modo si sono mossi i rapporti, a volte tortuosi e poco limpidi, tra mondo della finanza, dell’imprenditoria, dell’informazione e deviazioni vaticane. Allo stesso tempo potrebbe apparire forzato ricavare conclusioni tra un certo ostracismo, per non dire un vero e proprio rifiuto, di Papa Francesco da parte di certi “meccanismi” romani fortemente penalizzati dall’opera riformatrice del Pontefice felicemente regnante e la location di un convegno tanto apprezzato da ambienti tradizionalisti e anti-bergogliani.
Era solito dire un noto personaggio politico di altri tempi che a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca sempre. E qui non pare davvero tutto oro quel che riluce…