Si ricordino bene tutti i figli della chiesa
Per espressa volontà di San Giovanni XXIII, il papa che ha fortemente voluto il Concilio Ecumenico Vaticano II, la solenne assise della Chiesa non avrebbe dovuto pronunciare anatemi. A differenza di altri Concili, nei quali accanto alle determinazioni dottrinali comparivano le condanne delle tesi contrarie, il Concilio Vaticano II nelle intenzioni del santo papa doveva rappresentare una ventata d’aria fresca nella Chiesa.
Sorprende non poco perciò che l’unica occasione nella quale i Padri Conciliari si esprimono con una certa durezza sia quando, parlando del popolo di Dio, si soffermano a riflettere sui fedeli cattolici, i “figli della Chiesa“. Ad essi è indirizzato il monito più minaccioso dell’intero Concilio:
Si ricordino bene tutti i figli della Chiesa che la loro privilegiata condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; per cui, se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati (Lumen Gentium 14)
Il documento Lumen Gentium riflette sul mistero della Chiesa ed è considerato il documento cardine dell’intera architettura conciliare. Con le parole che ho citato sembra che i padri vogliano stravolgere una consolidata sensazione, quella della spocchia con la quale i credenti talvolta si affacciano sul mondo permettendosi di giudicare senza altresì sentirsi in dovere di corrispondere alla vocazione divina che hanno ricevuto. Per riuscire nel loro intento, i padri richiamano alla mente il destino ultimo che attende ogni uomo e per il quale il credente si candida ad essere testimone: come credenti saremo giudicati, saremo considerati degni del paradiso o saremo allontanati da esso non per un capriccio arbitrario di Dio ma per la vitalità della testimonianza cristiana.
Il tema della coerenza tra fede creduta-professata-praticata e fede ricevuta in dono resta ancora oggi un nervo scoperto e attraversa la riflessione costante della comunità cristiana. A questo tema si lega strettamente la conclusione cui giungono i padri quando, qualche anno più tardi l’ultimo giorno del Concilio, il giorno dell’Immacolata Concezione del 1965, renderanno nota la Costituzione Pastorale Gaudium et Spes sui rapporti tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. Nel capitolo in cui i padri si occupano dell’ateismo vengono ancora una volta chiamati in causa i “credenti”, specialmente i cristiani.
L’ateismo, considerato nel suo insieme, non è qualcosa di originario, bensì deriva da cause diverse, e tra queste va annoverata anche una reazione critica contro le religioni, anzi in alcune regioni, specialmente contro la religione cristiana. Per questo nella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco i credenti, nella misura in cui, per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione ingannevole della dottrina, od anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione (Gaudium et Spes 19)
Sui credenti cristiani grava una responsabilità non indifferente. Secondo i padri conciliari alle radici dell’ateismo del mondo contemporaneo si può ritrovare il contributo dei credenti. Se qualcuno non crede le ragioni saranno certamente varie, ma i credenti cristiani devono interrogarsi su tre aspetti della loro testimonianza:
- l’educazione della fede; una fede fragile, diseducata, maleducata è inutile al credente e causa di scandalo per chi vorrebbe ricevere risposte sensate e ragionevoli proprio da chi protesta la propria fedeltà a Dio
- la presentazione ingannevole della dottrina; uno degli argomenti più forti dei quali occorre prendere atto: se la fede non è adeguatamente formata, la dottrina consegue naturalmente e chi si aspetta di potersi confrontare sui temi portanti della fede e della morale rischia di trovarsi di fronte ad autentici “inganni”. Davvero a volte ascoltando certi soloni della chiesa o certi censori o certi irenici pressappochisti verrebbe voglia di esclamare: “Non dategli retta, la dottrina cristiana non è quella!”
- i difetti della vita religiosa, morale e sociale; i padri conciliari non si sono limitati a citare i difetti della vita religiosa dei credenti in Cristo come causa dell’ateismo, ma hanno aggiunto quelli della vita morale e della vita sociale: in tal senso non è meno significativo che chi si professa cristiano, pur andando a Messa ogni domenica, sia favorevole all’aborto o evada le tasse.
Leggendo con attenzione il Concilio si comprende tutta la sua portata profetica. La Chiesa è chiamata a rinnovarsi rinunciando ad ogni pretesa trionfalistica o di autoaffermazione. Essa deve prendere coscienza che la sua missione è essenzialmente un servizio all’uomo e che ciascun credente, pure nel suo piccolo, ha grandi responsabilità nei confronti delle persone che si attendono una parola di fede, carica di speranza e di amore, autentica e genuina.