Stoltezze e tomba di Pietro
Provo nostalgia, ma ormai con occhi smaliziati, per il tempo in cui andavo a pregare sulla tomba di Pietro credendo a tutto quello che diceva il papa per il solo fatto di essere papa, e la fede ne veniva appagata.
Oggi, che ho imparato che non tutto quello che dice il papa è infallibile e che le mie idee invocano uno spazio di libertà sempre maggiore, mi rendo conto di quanto povera fosse quella fede.
Oggi, per credere, per rinunciare ad una parte della mia libertà, per ritenere pensieri non miei, per non presumere una cattiva coscienza nelle opinioni degli altri, ho bisogno di tanta, di molta più fede. Fede in un Dio che sa scrivere diritto su quelle righe che io ritengo essere righe storte ; e che sa scegliere, ingenuamente e contro ogni buonsenso, gli stolti perché confondano i sapienti e i deboli perché sconfiggano i forti – il che io non farei mai.
Ma debbo dire che questa fede, nuda non più cieca, mi appaga molto, molto di più, mi gusta, perché mi insegna a superare quella barriera tra il “mio” e l’”altrui” e a gettarmi – finalmente – con amore tra le braccia di un “TU” di amore.
Così oggi vado a pregare sulla tomba di Pietro dicendogli che voglio più bene a Dio che a lui e ai suoi successori, ma che, a motivo di Chi li ha scelti, preferisco dare più credito a loro, con tutte le relative stoltezze e debolezze, che a me, con tutta la presunzione della mia sapienza e della mia forza.