Sul celibato ecclesiastico
Caro Edoardo,
ti ringrazio dell’attenzione che hai riservato al mio articolo “Ancora sui preti. E le loro mogli” con l’amichevole contributo di un tuo commento, impreziosito dalla piacevole esperienza personale che hai voluto condividere con noi.
Consentimi due osservazioni.
La prima a proposito dell'”ipotetico remoto futuro in cui santa Romana Chiesa autorizzasse il matrimonio dei preti“. Non credo ci sarà facilmente spazio nemmeno in futuro per il matrimonio di quanti sono già entrati nell’ordine sacro da celibi. La Chiesa in futuro dovrà semmai chiedersi se nel rito romano, come avveniva in passato o in riti diversi dal romano, tornare a scegliere i candidati all’ordine sacro anche tra gli sposati oppure se continuare l’attuale prassi che impone la scelta solo tra i celibi. Matrimonio dei preti non è proprio all’ordine del giorno.
La seconda osservazione riguarda la conclusione per cui “la Chiesa ai suoi preti (da brava madre) dovrebbe sconsigliare il matrimonio, ma non vietarlo“. Le argomentazioni che per secoli hanno sostenuto il celibato dei preti nel rito romano sono le più varie e vanno da filosofiche posizioni vagamente platoniche (la materia è peccaminosa e sporca, l’anima è santa e pura) a storiche questioni morali (dal concubinato al nepotismo). Si sono raffinate nel tempo, ma recentemente non tutte hanno retto alla critica di una teologia attenta ed equilibrata. Reggono argomentazioni come l'”identificazione con Gesù” (notoriamente celibe) e il “servizio pieno della comunità“. Sembrano più fragili argomentazioni come quella dell'”amore indiviso” e della “via migliore“, immagini tradizionali che però per analogia sono applicabili anche ad altri ambiti (come quello matrimoniale) – e quindi aspecifiche.
Insomma è chiaro che alla base della scelta del rito romano di selezionare i candidati all’ordine sacro tra i celibi si trovano ragioni di carattere psicologico-funzionale (alle quali non si è mancato di attribuire caratteristiche di tipo mistico); mentre le ragioni più strettamente sacramentali-spirituali non trovano (più) adeguato fondamento scritturistico e teologico. O comunque si mostrano meno solide.
Naturalmente deve essere chiara una distinzione, tutt’altro che formale, tra “promessa di celibato” e “voto di castità”. Questo secondo non richiesto dalla natura del sacramento dell’ordine sacro, come del resto non lo è formalmente nemmeno l’altra. Tanto che nella dottrina classica si punta a sostenere la tesi secondo cui celibato-castità è “conveniente” (confacente, opportuno) all’ordine sacro. Non intrinsecamente necessario.
La Chiesa dei prossimi anni avrà almeno tre sfide grandi riguardo all’ordine sacro:
- La selezione e la formazione dei candidati. Lo strumento di formazione dei sacerdoti (il seminario) ha 400 anni di età e poche autentiche riforme. I criteri di valutazione non sono sempre chiari. La penuria di clero in alcune parti del mondo rischia di far allentare le maglie delle verifiche e della formazione. I Vescovi dovrebbero imparare a selezionare meglio e a dire qualche no, anche doloroso.
- La disciplina dei sacerdoti. Non si diventa sacerdoti per sé, ma si è chiamati da un Vescovo al servizio di una comunità. Non esiste altra vocazione. Si serve dove serve, non dove piacerebbe servire. In un certo periodo della storia della Chiesa fu necessario prendere provvedimenti per porre un freno ai sacerdoti cosiddetti extravagantes (da cui la parola italiana “stravaganti”), cioè che si facevano ordinare e poi “giravano” dove volevano. Senza evocare ferree legislazioni repressive è necessario operare un chiarimento (trovando le opportune soluzioni pratiche) perché la sofferenza di talune comunità cristiane spesso trova motivo proprio nella stravaganza dei pastori.
- La revisione della prassi celibataria. Non è la prima né la più importante delle questioni, ma non pare più rinviabile un serio confronto che attraverso aperture a scelte locali (penso per esempio alle Conferenze Episcopali nazionali) possa reintrodurre, laddove le comunità si mostrino pronte, il sacerdozio uxorato anche nel rito romano
Ovviamente si tratta di opinioni personali e il dibattito è aperto (per qualcuno a questo proposito è proprio chiuso!). Fortunatamente lo Spirito Santo guida la sua Chiesa e possiamo stare tranquilli che la spingerà a fare le scelte migliori.