Sviluppo dei paradigmi politici
In che modo i partiti politici italiani nel corso del tempo hanno saputo polarizzare l’attenzione degli elettori, in particolare di quelli indecisi?
Esistono paradigmi che possano rappresentare e interpretare le eventuali differenze tra diverse tipologie di approccio all’elettore e le epoche della storia recente?
La tabella che segue cerca di fornire un canovaccio nel quale collocare classificazioni e suggerire interpretazioni anche diverse. Lasciando un commento si può contribuire a perfezionare lo schema.
EPOCA | ||||
---|---|---|---|---|
post-monarchica (1946-1994) |
berlusconiana (1994-2013) |
contemporanea (2013-2018[?]) |
II Repubblica (2018[?]-[?]) |
|
Società italiana | ||||
modello | rurale / patriarcale |
industriale / post industriale |
globalizzata | multietnica |
stile acquisizione consenso |
promissorio / lusinghiero |
promissorio / clientelare |
attivista / moralizzante |
politically correct |
Classe politica | ||||
componenti | professionisti della politica |
amici dei dirigenti |
cittadini | etnie |
reclutamento | carriera | doti personali |
primarie / social network |
candidatura / rappresentanza |
Partito | ||||
tipologia | strutturato | club | movimentista | organizzazione no profit |
dirigenza | verticistica | esclusivistica | carismatica / sociale |
lobbies |
finanziamento | pubblico / privato |
padronale / pubblico |
privato | privato / pubblico |
comunicazione esterna |
stampa / feste |
televisione / club |
web / piazza |
personale / PtP |
Motivi della transizione | ||||
in ingresso | cambiamento regime |
sfiducia nella classe politica |
crisi del sistema |
insufficienza classe dirigente (?) |
in uscita | corruzione generalizzata |
disillusione verso le promesse |
disillusione sulle capacità degli eletti (?) |
disintegrazione sociale (?) |
Aggiornamento 4/11/17
Lo schema proposto nel post del 2013 sembra aver retto abbastanza bene il quinquennio dell’epoca contemporanea. Lo stile di acquisizione del consenso si è confermato sul modello attivista/moralizzante così come i motivi della transizione, sia in ingresso che in uscita, appaiono confermare la crisi del sistema e la disillusione sulla capacità degli eletti.
In realtà occorre correggere alcune previsioni sull’epoca successiva. La II Repubblica, attesa in base ad una prospettata profonda revisione costituzionale, non si è compiutamente realizzata. Il 2018, quindi, vedrà svolgersi una competizione elettorale che rimanda ad un modello addirittura precedente al 1994.
Se la società è effettivamente divenuta più multietnica, lo scontro avviene esattamente sul campo del politically correct: probabilmente per acquisire consenso non sarà sufficiente mostrarsi equidistanti e tolleranti, ma le radicalizzazioni e le insofferenze in atto polarizzeranno in modo deciso le scelte dell’elettorato. Ci sono tutte le premesse per una campagna elettorale sul modello populista che faccia leva sullo scontento popolare: no euro, pensioni e salari inadeguati, disoccupazione, migrazioni, privilegi di casta, eccetera.
I partiti politici non avranno la forza di assumere la connotazione di organizzazioni no profit, ma resteranno macchine di apparato ampiamente lubrificate da interventi pubblici e da investimenti clientelari. Il processo atteso dall’affermazione del nuovo paradigma, dal quale probabilmente ci si dovrà attendere una sorta di revisionismo tutt’altro che riformista, in assenza di elementi nuovi ed imprevedibili è esattamente quello prospettato: cioè la disintegrazione sociale, la parcellizzazione delle iniziative, la rivendicazione di spazi di autonomia sempre più ampi da parte delle realtà locali.