Testamento di don Gennaro Antonini
Pubblico di seguito il testo del testamento di don Antonini, tratto dalla versione stampata distribuita nel giorno dei suoi funerali. Ignoro la data della composizione come anche se esiste una versione manoscritta. Gradite ulteriori informazioni.
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Testamento del Sac. Gennaro Antonini
Signore Gesù,
io sono solo un sacerdote, uno dei tanti semplici e anonimi che si sono succeduti lungo i secoli cristiani, ma per mezzo dei quali tu hai fatto giungere, e continui a far giungere, agli uomini la tua vita.
Io ti ringrazio per avermi chiamato e inviato, all’interno della Chiesa di Roma, a continuare la tua opera redentrice.
Ti ringrazio, perché in me non hai potuto trovare nulla che potesse attirare, e ancor meno meritare la tua attenzione. Né hanno potuto trovare in me doni particolari coloro che mi hanno conosciuto durante la mia vita.
Eppure è attraverso di me, come attraverso tanti altri modesti e ordinari come me, che tu ti riveli al mondo: così nessuno potrà gloriarsi davanti a te.
Ti ringrazio per tutte le volte che ho celebrato la S. Messa, che ho battezzato, confessato, annunziato il tuo vangelo.
Ti ringrazio perché dopo di me, altri migliori di me ripeteranno le stesse parole e gli stessi gesti, segno e causa della tua presenza tra gli uomini, fino al giorno in cui tutti vedremo il tuo volto e saremo simili a te.
Ti ringrazio per i miei familiari, soprattutto i miei ottimi genitori, attraverso i quali è giunta la tua prima chiamata: quella alla vita umana e alla vita cristiana.
Ti ringrazio per tutti coloro che ho incontrato: i Superiori negli anni del seminario e tanti altri negli anni successivi, che mi hanno offerto fiducia e comprensione.
In particolare ti sono grato per gli anni trascorsi nelle Parrocchie: S. Maria del Buon Consiglio come Vice Parroco, e S. Paola come Parroco, dove ho vissuto trentasette anni, più di metà della mia vita. Sono stati anni in cui, credendo di donarmi ho ricevuto molto più di quanto davo. Ho visto tanti esempi di fede e di carità, a volte veramente eroici. Mi sono sentito parte di famiglie e di situazioni, che mi hanno arricchito e dato energia per la mia vita sacerdotale.
Essere Parroco ha significato per me soprattutto guardare lo svolgersi della vita dal di dentro, come ammirare il corso di un fiume non dalla riva o da un ponte, ma da una barchetta in mezzo alla corrente: vedere formarsi le famiglie, nascere i bambini, vederli crescere e a loro volta prendere il loro posto e assumersi le proprie responsabilità: il grande spettacolo dell’avvicendarsi delle generazioni. E’ stata una esperienza umana meravigliosa, a cui si è aggiunta l’azione soprannaturale, spesso solo con la preghiera, tante volte anche con il consiglio e l’opera sacramentale.
A coloro che ho avvicinato, voglio chiedere perdono se ho fatto loro del male, se non hanno trovato in me il calore e l’affetto che avevano diritto di trovare. Non posso aggiungere di voler perdonare, poiché non ho nulla da perdonare.
A tutti voglio ripetere che, malgrado la tiepidezza e la mediocrità della mia vita posso testimoniare che nulla vi è al mondo di più umano, di più vero e bello, che amare te, mio Dio e Redentore, ricercare ogni giorno la comunione con te, vivere e agire all’interno della Chiesa, prolungamento e pienezza della tua persona.
Ai bambini ricordo che il loro amico più vero, che non li tradirà mai, sei tu, Figlio di Dio.
Ai giovani a cui ho voluto sempre bene, anche se qualche volta non riuscivo a sintonizzarmi sulla loro stessa lunghezza d’onda, ripeto che il loro avvenire non è nei falsi profeti (quanti ne ho visti sorgere e tramontare), né nell’edonismo e nei divertimenti, ma in te, unica speranza dell’umanità.
Agli adulti tutti, sacerdoti, religiosi, sposati, vedovi, celibi separati (diversi tra questi sono stati per me fonte di consolazione, per come hanno accettato la loro condizione), attesto con convinzione che la loro forza non è mai nella carriera, nell’evasione, nell’abbondanza di cose materiali, ma nella perseveranza di fede, nella fedeltà assoluta alla propria vocazione, nell’apertura del cuore al prossimo e a Te, unico capace di colmare ogni nostra aspirazione.
Tutti voglio ringraziare per il bene che mi hanno voluto e fatto, per la collaborazione che non mi è mai mancata, per la pazienza verso il mio carattere.
Posso assicurare che li ho sempre amati, pur non riuscendo quasi mai ad esprimere ciò che sentivo, e apparendo perciò talora freddo e distaccato.
Sono consapevole di non aver dato testimonianza di una vita pienamente coerente, ma confido che la testimonianza di una fede sincera non sia mai venuta meno.
Ed ora, Signore, non mi rimane che accettare la morte nel tempo e nel mondo che tu vuoi: l’accetto volentieri, chiedendoti di non allontanarti mai da me e da coloro che mi hai affidato.
Mi rivolgo a Maria con l’invocazione che ho imparato in Seminario: Mater Mea, fiducia mea. Mi aiuti a vivere e morire nell’amore per te e per gli uomini tutti.
AMEN VIENI, SIGNORE GESU’ (Ap. 22,29)
AI TUOI OCCHI MILLE ANNI SONO COME IL GIORNO DI IERI CHE E’ GIA’ PASSATO (Sal 90,4)
Don Gennaro Antonini