Trilogia 2. Se vedo i merli dalle finestre

Questo #thread per la serie #PsychiatricStories è il secondo thread di una trilogia.

Qui la raccolta di tutte le storie, dove troverete i video in tutta la loro lunghezza

https://www.ugoquinzi.it/category/cultura/scienza/psicologia/psychiatricstories

(1) Sono stato a lungo combattuto se pubblicare la foto e, pubblicandola, se occultare o meno alcune parti. Ha prevalso il senso pratico di non disturbare lo spensierato flusso dei tweet con una visione troppo cruda.

La foto integrale è visibile sul mio blog.

(2) Questa, come molte altre che compaiono nei prossimi tweet, sono immagini quasi “rubate” da Mauro Vallinotto a Villa Azzurra e pubblicate da l’Espresso (@espressonline) cinquanta anni fa esatti, il 20 luglio 1970.

La bambina della foto si chiamava Maria.

(3) Maria appare crocifissa in un letto disfatto, mani e piedi legati, nuda, una mosca posata su una gamba. I suoi occhi piantati nei tuoi.

Quando Villa Azzurra si svuota lei va in una struttura in collina. Faceva il bagno nella vasca. Morì affogata. L’avevano lasciata sola.

(4) Maria era realmente malata quando entrò a Villa Azzurra?

Villa Azzurra: “Istituto psicomedicopedagogico” dell’Ospedale Psichiatrico di Torino. Al cui vertice fu quel Giorgio Coda – successore di Luisa Levi, sorella di Carlo – del primo thread della trilogia.

Forse no.

(5) I bambini finivano in manicomio anche da sani. Con l’unica colpa di essere nati da una relazione extraconiugale o perché figli di prostitute. Come Albertino.

O come Angelo. Finito a Villa Azzurra a tre anni, uscito a 13 per passare ad un altro manicomio. E poi un altro.

(6) Era stato legato a letto in mezzo ai suoi bisogni, privato del cibo. Il Coda gli ha fatto 52 elettroshock. Ha provato su di lui vari psicofarmaci.

Angelo provava a rassicurarsi: “Se vedo i merli dalle finestre vuol dire che sto bene e a posto con la testa“. Un bimbo.

(7) Maria. Albertino. Angelo. Riuscite ancora a trattenere le lacrime?

Allora vi manca Ignazio, nato in una famiglia immigrata poverissima. Fin da bimbo irrequieto. La madre lo affida a vari Istituti finché a 11 anni non giunge a Villa Azzurra. Da lì lo spediscono a Collegno.

(8) A 11 anni. Tra i più grandi. Certamente subisce abusi sessuali. In manicomio accade.

A 18 prova lui a stuprare uno più piccolo. Questo urla. Ignazio tenta di strangolarlo. Lo fermano. Lo legano. Nudo sulla branda di ferro. Tra escrementi e vomito. Giorni e giorni. Urla.

(9) Trema. Quando la madre va a trovarlo e lo vede così ha la pietà di stendergli una coperta sopra. Ma non è freddo. È febbre. La madre non sa che Ignazio ha una broncopolmonite.

Ignazio muore tra i suoi escrementi e il suo vomito dopo giorni e giorni legato a un letto.

(10) Ignazio, finito in manicomio solo perché bambino irrequieto di famiglia poverissima. Ignazio, tanto disperato da aver tentato due volte il suicidio in manicomio. Ignazio, abusato e abusatore.

Il libro di Gaino racconta la sua e tante altre storie.

(11) La vergogna non finisce così. Ci sono gli abusi sessuali. Quelli dei compagni e quelli di infermieri, medici e chissà chi altri.

C’era l’infermiere che si portava via le bambine più sviluppate. C’era l’infermiera che faceva i massaggi ai maschietti durante il bagnetto.

(12) C’era la suora che vedeva le bambine a cui si ingrossava il ventre ed esclamava: “Mangiano troppe caramelle!“.

Si deve ammettere che manca una seria riflessione della Chiesa sul ruolo avuto nei manicomi e sulle responsabilità personali e collettive negli errori commessi.

(13) Ma la società civile? La legge Basaglia? Basaglia auspicava l’abolizione dei manicomi e la loro sostituzione con organizzazioni territoriali. Ci sono?

Vi prego di guardare tutto il video (qui integrale), una puntata di @RaiStoria del 2018. Si racconta anche Vallinotto.

(14) La vergogna continua.

Non c’è stato solo il caso di Maria Diletta Pagliuca, ex suora che apre a Grottaferrata l’Istituto Santa Rita, per accogliere i bambini dimessi dai manicomi e che le saranno affidati in seguito. Ci finì anche “Cavallo Pazzo“, Mario Appignani.

(15) Si appurò che i bambini erano picchiati regolarmente, violentati, legati con catene, ceduti, vessati in ogni modo.

Decine morti in circostanze misteriose.

Eravamo solo bambini“, scrive @massimopolidoro

(16) In tempi più recenti Rodolfo Fiesoli e la comunità da lui fondata, il Forteto.

A metà strada tra guru e imprenditore, osannato per la sua opera da specialisti e da magistrati, in realtà dedito allo sfruttamento economico e sessuale dei bambini affidati alle sue cure.

(17) Per indagare su come sia stato possibile che per 50 anni Fiesoli potesse agire indisturbato, nonostante condanne in Italia e in Europa, è stata addirittura nominata una Commissione Parlamentare d’Inchiesta.

(18) Maria Diletta Pagliuca.

Rodolfo Fiesoli.

Ricostruire e ridire la storia dei loro lager per bambini non è facile. Forse potrebbe il Maestro @JohannesBuckler, con la sua straordinaria capacità di raccontare storie e la straordinaria memoria cui attingere.

(19) Ci sono pure storie positive, non si deve mai dimenticarlo.

Nel prossimo thread della trilogia ci trasferiremo a Modena, per incontrare un insegnante che è riuscito a far emergere e porre fine a una realtà di orrore.

Si scopre così cosa è necessario ai nostri giorni.

(20) Quanti sono i bambini con disagio mentale? Si parla di 1,9 milioni, ma mancano cifre precise, perché manca come seguirli, mancano fondi, manca preparazione.

Manca l’attenzione sistematica e capillare alla salute mentale. Questo resta ancora necessario ai nostri giorni.


Potete leggere la storia di Giorgio Coda anche su Twitter, seguendo il #thread.