Trilogia 3. Il maestro che leggeva don Milani
Questo #thread per la serie #PsychiatricStories è il terzo ed ultimo thread di una trilogia.
Qui la raccolta di tutte le storie, dove troverete i video in tutta la loro lunghezza
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(1) In quel di Casinalbo, frazione di Formigine, prov. di Modena, territorio abitato fin dalla preistoria, sono state edificate numerose ville nel corso del tempo. Il Conte Scapinelli dal ‘700 ne possedeva diverse, una fu venduta ai Bonacini, poi alla Curia e infine a Giardini.
(2) Villa Giardini divenne un Istituto per accogliere bambini “subnormali“, abbandonati, figli di famiglie povere. Come ne abbiamo già raccontati.
In più si faceva scuola: scuole speciali, classi differenziali, corsi professionali, avviamento al lavoro. Così la pubblicità.
(3) Paolo giunse a Villa Giardini fresco di diploma magistrale. Cercavano un vigilante. Turni di 12 ore, solo una domenica libera al mese. Compito del vigilante: mantenere disciplina, ordine e silenzio. Si dormiva nelle camerate insieme ai ragazzi e al puzzo di urina e sporco.
(4) L’accoglienza da parte del Direttore fu scioccante: diede un paio di guantoni da boxe a due ragazzi che riempirono Paolo di botte. Alla prima assemblea sindacale Paolo urlò tutta la sua rabbia. Ma non ebbe risposte. Il Direttore fu informato del suo attacco al sindacalista.
(5) Ma fraintese. Pensò che Paolo fosse dell'”altra parte” e si complimentò con lui. Entrato nelle sue grazie Paolo lo convinse a far uscire qualche ragazzo col pulmino.
Fece 3 uscite, li portò pure dai suoi, dalla sua famiglia. Alcuni non avevano mai visto un papà, una mamma.
(6) Era il 1970. Il clima in Istituto s’era fatto teso. La stampa se ne stava occupando, i Magistrati indagavano. La Direzione doveva correre ai ripari. D’accordo con la Direzione Didattica di Formigine si aprì la scuola elementare.
Paolo Tortella ne divenne maestro a 19 anni.
(7) Si preparò leggendo a più riprese “Lettera a una professoressa” della scuola di don Milani. L’unico testo menzionato due volte nel libro in cui racconta la sua avventura.
I ragazzi erano analfabeti e confusi su tutti gli aspetti della realtà: cose, emozioni, relazioni.
(8) Insieme ai ragazzi Paolo si inventò un alfabetario ritagliando figure dalle riviste e discutendo con loro sul loro significato. Aveva studiato la disposizione dei banchi in aula per facilitare le relazioni. Si parlava di tutto, si giocava al pallone. Poi arrivò l’ispezione.
(9) Mi auguro che “Dirrettrice” sia semplice refuso tipografico. Per il resto la lettera mostra solo la solerzia di un grigio burocrate. Alla fine dell’anno il maestro Paolo riceverà la qualifica di “mediocre“.
Che successivamente cercherà di far rivedere, senza riuscirci.
(10) In Istituto viveva anche un Padre Cappuccino, di cui i ragazzi si lamentavano, non solo per il suo nauseabondo puzzo di aglio. Il suo ruolo era quello di scrivere la rivista dell’Istituto e di acquistare in edicola tutti i quotidiani che parlavano male di Villa Giardini.
(11) Paolo nel frattempo collaborava con un giornalista de L’Unità (@unitaonline) e con la magistratura, testimoniando sui metodi violenti praticati a Villa Giardini, sulle condizioni dei ragazzi e sulle difficoltà dei lavoratori. Compresi certi dichiaratamente “fascisti”
(12) La protesta, guidata da Paolo e sostenuta da gruppi spontanei, fa chiudere Villa Giardini. I genitori che possono si portano via i loro figli, gli altri ragazzi sono affidati a vari centri. L’ex Direttore che schiacciava sotto gli zoccoli la loro testa rinviato a giudizio.
(13) Il 23/5/1972 il Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna dispone la ristrutturazione di Villa Giardini secondo i criteri dettati da una perizia disposta sull’Istituto. Il tribunale rileva che si era creato “artificialmente uno stato di abbandono cronico” dei minori.
(download)
decreto_tribunale_minori-19720523
(14) 1975: “Matti da slegare“, documentario sulla condizione dei manicomi, incontrerà alcuni ex ospiti di Villa Giardini e ascolterà esperienze, pure quelle positive di integrazione successive alla chiusura dell’Istituto.
La storia del maestro Paolo, per fortuna, non è unica.
(15) Come dimenticare lo straordinario Eustachio “Nino” Loperfido, agli inizi degli anni ’60 Direttore dell’Istituto Medico Psico Pedagogico Provinciale di Imola, il famigerato Padiglione 11 del Lolli?
I bambini vivevano segregati, gli operatori col loro mazzo di chiavi.
(16) L’imperativo era “chiudi tutto quello che apri”. Ma Nino disse: “Questo mazzo di chiavi ora lo appendiamo alla parete; le porte sono aperte, in giardino ci si va ogni qualvolta ne sentiamo il bisogno e poi andiamo in giro per le strade di Imola. Andremo anche in vacanza“.
(17) A modo loro Paolo e Nino hanno partecipato al grande dibattito sulla legge Basaglia, anticipandone lo spirito.
Per chi lo volesse approfondire, Antonio Esposito ripercorre la storia dei manicomi in un avvincente testo che non fa pesare nessuna delle oltre 600 pagine.
(18) Mi sono chiesto come sia finita la storia di Paolo e quella di Nino. Se lo Stato, sempre molto prodigo di riconoscimenti con le più varie categorie di persone, si sia ricordato dei meriti di entrambi.
Ho cercato invano qualche onorificenza che li riguardasse. 0. Zero.
(19) Nino è morto la mattina di Pasqua del 2008, lo Stato potrebbe sempre trovare il modo per onorarne la memoria.
Ma Paolo Tortella è ben attivo. Ministro @AzzolinaLucia, davvero ancora non è stato corretto quel giudizio “mediocre” dato a chi si è dimostrato vero “maestro“?
(20) Ministro @robersperanza, cara @szampa56, è doveroso riconoscere a Paolo Tortella il merito di aver contribuito al riscatto dei ragazzi di Villa Giardini.
Credo giunto il tempo di proporre al @Quirinale di onorarlo per assolvere il debito di riconoscenza della Repubblica.
Potete leggere la storia del maestro che leggeva don Milani anche su Twitter, seguendo il #thread.
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— Ugo Quinzi (@QuinziUgo) July 22, 2020