Un pizzico di filosofia sulla felicità

Un mio (ex) alunno mi ha scritto una mail:

Buona sera professore, le vorrei porgere una domanda.
“Gli oggetti che compriamo e che accumuliamo ci danno veramente la felicità?”, perché a me sembra di no, ogni oggetto che io compro sembra che mi dà la felicità, ma poi si rivela incapace.

Risposta.

Per quanto riguarda la tua domanda e l’osservazione che fai, devo dire che mostra molto spirito di osservazione e acume. Dici che a te non sembra che gli oggetti possano dare la felicità, perché quando compri qualcosa che ti piace, alla fine si rivela non essere la fonte della felicità.

Queste tue parole ci spingono a riflettere da una parte sulla qualità della felicità, dall’altra sulla natura dell’uomo. Cominciamo da quest’ultima.

Concordemente è ammesso che l’uomo è un essere non propriamente materiale. Sentimenti superiori, come l’amore, sono una prerogativa dello “spirito”, comunque esso si voglia qualificare. Ora è nella facoltà dell’uomo come essere spirituale godere dei benefici che derivano dalla sua condizione spazio-temporale. Se durante l’estate hai fatto una nuotata in mare o una passeggiata in montagna comprenderai quello che dico: si tratta di due esperienze “materiali” ma che hanno avuto un riflesso positivo e piacevole anche sullo spirito.

C’è da dire che si tratta di esperienze con un inizio ed una fine. Perciò, se voglio richiamare lo stesso piacere spirituale, sono costretto a ripeterle. Nella ripetizione dei gesti, delle azioni si nota una perdita: la perdita della novità, del senso della scoperta. Così molto spesso accade che persone alla ricerca di sensazioni piacevoli e positive ripetano certi gesti arricchendoli di nuove “emozioni”. Altrimenti diventano noiosi.

Quindi possiamo affermare che la comune esperienza umana ci dice che le esperienze “materiali” per quanto ripetitive riescono a segnare positivamente il nostro spirito e contribuiscono al raggiungimento di una condizione di piacere. Allo stesso tempo si tratta di esperienze limitate che ci obbligano a ripeterle e rinnovarle per ottenere gli stessi risultati.

Il desiderio, l’acquisto, l’accumulo di oggetti rientra nello stesso ordine di eventi. Attraverso questo meccanismo di desiderio-soddisfazione l’uomo sperimenta una certa qual gioia, che però si estingue presto e lo inserisce in un ciclo di ripetizioni che può, in certi casi patologici, sfociare anche in ossessioni compulsive.

Abbiamo lasciato in sospeso la considerazione sulla qualità della felicità. Con le premesse che abbiamo fatto risulta evidente che la felicità non si riduce ad uno stato di piacere e nemmeno di gioia temporanea. Pur trattandosi di un concetto difficile da enucleare e definire, nondimeno per esperienza ogni persona riconosce la condizione della felicità ed è in grado di trasmettere ad altri il proprio stato interiore. In questo senso la felicità è appagamento intimo di desideri superiori, accompagnato da un moto di completezza e armonia grazie al quale la persona prova la sensazione della realizzazione di se stessa, e non può dubitarne.

La felicità quindi si muove su livelli diversi rispetto a quelli di un mero scambio commerciale o del possesso di oggetti, ai quali bisogna riconoscere per lo più un valore strumentale. Ci porta a considerare lo stesso fine ultimo dell’uomo: un destino di felicità eterna, che potremmo chiamare beatitudine. In altri termini la sete di felicità provata da ogni persona, variamente soddisfatta attraverso gesti e azioni che non sempre raggiungono l’obbiettivo, con una ricerca a volte avida di affetti, questa sete è tale da dimostrare un’origine elevata, diremo trascendente, quasi come se fosse Dio stesso ad averla messa nell’uomo, sapendo che la grandiosità dell’uomo avrebbe trovato pieno compimento solo in Lui.

Così direi che la risposta alla tua domanda, per quanto spero di non averla complicata troppo, ora si impone: No, gli oggetti che compriamo e accumuliamo non ci danno veramente la felicità. Possono darci un senso di piacere e anche una gioia momentanea, ma non ci realizzano definitivamente come persone umane. La felicità in senso pieno si ottiene compiendo azioni virtuose, benefiche, nelle quali riconosciamo la grazia e la presenza di Dio, fino ad arrivare a possedere Dio stesso, in una beatitudine infinita.

Scusa se sono stato troppo lungo. Se non sono stato chiaro in qualcosa fammelo sapere, cercherò di rispondere quanto prima.
Per ora, e solo per ora, ti saluto con affetto