Vita da cannabis
Ho conosciuto Federico R., autore della bella testimonianza qui pubblicata, presso la struttura in cui opero. Mi ha colpito il suo desiderio di voltar pagina e di archiviare un capitolo poco sereno della sua vita. Gli ho chiesto di scrivere qualcosa per il mio blog e lui mi ha sorpreso con un racconto meticoloso, lucido, tagliente, dove abbaglia la fatica di crescere di un adolescente mescolata alla fatica di un contesto che non protegge a sufficienza i suoi giovani.
Faccio a Federico i miei migliori auguri. Di cuore. Con tutto l’affetto possibile. In un abbraccio per dire: ci sono anche io.
A chi legge ricordo che l’uso di cannabis è una delle più frequenti cause scatenanti le crisi psicotiche negli adolescenti (e oltre) e che non tocca sempre agli altri… (UQ)
di Federico R.
La prima volta
La prima volta che fumai Cannabis avevo quindici anni. Ero con alcuni compagni di scuola, in un parco durante una festa studentesca. Era quasi estate e tirai una sola boccata. Sbavai e mi sentii camminare più frettolosamente. Esclamai che ero velocissimo. Gli altri mi presero per un idiota.
Quell’estate portai al campeggio, dove tuttora passo parte delle mie vacanze, i miei primi due scudi di fumo. Non avevo mai rollato una canna. Non la sapevo rollare e non riuscii a rollarla. Buttai le mie prime diecimila Lire.
Fumai, in compagnia, sporadicamente fino all’estate successiva. Avevo adesso sedici anni e, per la prima volta, ancora in campeggio, con una ragazzina che stava con me sulla quale cercavo continuamente di fare colpo. Entrambi ci consideravamo degli alternativi e per distinguerci dagli altri coetanei, tra le altre cose, ricorrevamo all’uso di Hashish e Marijuana. Lei reggeva meglio di me e, oltretutto, attirava l’attenzione dei ragazzi più grandi. Io ero timido e insicuro, lei maliziosa e sfacciata. Non ho mai capito se mi volesse veramente bene o se, piuttosto, cercasse, riuscendoci, di esercitare una sorta di sudditanza psicologica su di me. Le nostre serate iniziavano con una o due canne. Finivano con me stordito dalla semplice compagnia della gente lucida che avevo intorno, completamente avulso alla situazione, da una parte. E dall’altra lei praticamente lucida circondata di ragazzi coetanei o più grandi che la ricoprivano di attenzioni e lusinghe.
Mi sentii male
Mi sentii male in un’occasione. Una crisi di panico, credo. Ricordo che mi feci accompagnare da un amico dietro ad un’auto a sdraiarmi per qualche minuto, per ritrovare un po’ di lucidità. Non mi sentivo più all’altezza di lei, dei miei amici, della situazione: di alcunché. Un bambino sfigato che ha esagerato con una sostanza che non regge. Le sensazioni dalle quali ero pervaso a livello psichico erano di profonda angoscia e ansia, paura di morire.
Anche per non sfigurare con lei, ma forse anche con me stesso, continuai a fumare fino alla fine dell’estate e, anzi, con il rientro a scuola, decisi di mollare il calcio giocato, che avevo praticato fin lì, per poter continuare a frequentare costantemente il mio gruppo di amici di Roma, più o meno tutti consumatori abituali di canne.
Senza alcun gusto
Fumavo il più delle volte senza provarne alcun gusto e sentendo anzi tornare quel senso di angoscia o ansia pervasa. Tali sensazioni unite alla mia insicurezza cronica rendevano le mie giornate al parco di un grigiore infernale. Non interagivo, non parlavo, non comunicavo e non ascoltavo. Me ne stavo li ad aspettare che mi passasse la fattara per ore che sembravano interminabili, per poi tornarmene a casa pentito di aver buttato un altro pomeriggio. Lasciai la mia ragazzina, sulla quale non avevo più alcun tipo di ascendente.
Mi ci volle parecchio tempo per capire che fumare non faceva per me, ma continuai a farlo in maniera occasionale, sperando di ottenere, di tanto in tanto, gli effetti ludici che riscontravo sui miei amici. Tutti si divertivano tranne me.
Avevo iniziato a suonare
Nel frattempo avevo iniziato a suonare uno strumento e i miei sforzi, piuttosto che sul divertimento, si concentrarono sul cercare di entrare in Conservatorio. Nella musica trovai un conforto oltre che uno scopo nella vita e un nuovo divertimento. Cominciai a sentirmi una persona nuova e credevo di aver colmato, con la musica, un vuoto interiore. Non smisi di avere contatti con i miei amici fumatori. Così, di tanto in tanto, i miei due o tre tiri di canna continuavo a farmeli. A questo punto cambiò, però, qualcosa: volendo fare una sorta di statistica, potremmo dire che su dieci volte che fumavo, almeno due o tre mi ci divertivo mentre per il resto delle volte, il fumo, per la mia psiche, era diventato qualcosa di, il più delle volte, tollerabile. Mi ci divertivo in situazioni conviviali si, ma protette (ovvero in compagnia degli amici più stretti), magari già sotto l’effetto di birra o vino mentre diventò qualcosa di più o meno accettabile quando mi trovavo in situazioni o gruppi di persone nuove.
L’ascendente di ottimi musicisti
Nel tempo, cioè dai miei diciassette/diciotto anni, fino ad una età che potremmo definire adulta, cioè ventisei, il mio uso di Hashish e Marijuana è stato limitato, occasionale e, ancora, con difficoltà a gestirne l’effetto.
Nello stesso periodo, oltre al fatto che entro in Conservatorio e riesco a diplomarmi nei tempi stabiliti, è da sottolineare la mia frequentazione delle Jam Session di Jazz nei Club romani nei quali vengo a contatto con un sottobosco culturale estremamente vitale. E qui fondamentale l’incontro con dei musicisti, di cui ho tuttora profonda stima, fumatori abituali. Il mio approccio a tale mondo è ancora una volta significativamente insicuro e, di fatto, subisco tremendamente l’ascendente di questi ottimi musicisti che, comunque, a loro modo mi accolgono e mi fanno sentire loro amico. Mi raccontano di come l’effetto delle canne sia quasi necessario in termini di stimoli e concentrazione nell’approccio alla musica, che sia suonata o, semplicemente, ascoltata. In effetti noto in loro questa sorta di stato di trance quando sono ai rispettivi strumenti. Ho notato, poi nel tempo, che non tutti quelli che si fanno le canne o fanno uso di droghe più pesanti raggiungono questa specie di estasi o, quantomeno, questo alto livello di concentrazione mentre suonano ma, al contrario, la raggiungono di fatto anche musicisti poco o per niente dediti all’utilizzo delle varie sostanze.
Ansia e panico: scappare durante una serata
Ancora una volta, di fronte all’offerta di qualche tiro di canna non mi tiravo indietro e gli effetti che innescavano in me erano qualche volta buoni, qualche volta pessimi. Forti stati d’ansia nell’affrontare gli altri musicisti che addirittura mi portavano a salire in macchina e scappare nel bel mezzo di una serata. Va anche detto che, con il tempo, e con una maggiore crescita artistica personale, riuscivo ad approcciarmi in modo più sicuro sia al mondo Jazz che al mondo canne e mi sembrava di ottenere io stesso quello stato di trance, mentre suonavo, tanto agognato. Contestualmente, in quel periodo, organizzo con i miei amici, ancora fumatori abituali, il mio primo viaggio ad Amsterdam. Io, consumatore occasionale e, talvolta, sinceramente impaurito dagli effetti della sostanza, reggo dignitosamente di fronte ad un uso più massiccio durante la permanenza olandese.
Di pari passo, questa trance di cui ho tanto parlato, vale a dire questa sensazione di sentirsi dentro la musica, comincio a volerla estendere anche alla fruizione di un film o di una puntata di una serie TV. Ogni sera sono così impegnato in una Jam Session, con qualche amico fumatore o da solo, nella mia cameretta, alle prese con un disco, un film o una serie, canna alla mano. Ogni notte vado a dormire che è quasi mattina. Ogni mattina mi sveglio che è già pomeriggio. Sono diventato un consumatore abituale.
Sono diventato un consumatore abituale
Questo quasi improvviso cambio d’abitudini è da legare anche a una grande delusione amorosa che scatenò in me, oltre che una grande tristezza e nostalgia per la ragazza, un’estrema botta di vitalità malata. Divenni dipendente e compulsivo rispetto a qualsiasi cosa: Cannabis, Musica, Cinema, Internet, Social Network, Meretrici… Lavoravo su me stesso da autodidatta, ma stavo sbagliando tutto. Ogni azione era finalizzata a rendermi più interessante rispetto a uno sperato e mai ottenuto ritorno della ragazza.
Arriviamo all’estate dei miei ventisette anni.
Mi faccio le canne abitualmente e non provo sensazioni negative, anzi. Mi ci diverto circa dieci volte su dieci. Mi sento cresciuto musicalmente e umanamente sono molto più a mio agio con il prossimo.
Decido di tornare ad Amsterdam a trovare un’amica che vive lì, poi Groningen da un altro amico. Mi faccio molti amici, molte birre e molte canne. Torno a Roma. Torno a studiare per una settimana nel mio box. Quattro o cinque ore al giorno. Ci metto sempre in mezzo una passeggiata con annesse una o due cannette. Me le facevo con le cartine corte. E poi la sera. C’è ancora qualche Jam o concerto, o sennò qualche amico da beccare. E si fuma, si fuma, si fuma. Si beve e si fuma. Dopodiché ancora vacanza: torno in campeggio. Mare, Sole, Amici e canne, ancora. Tante. Manca una settimana e poi ricomincia Settembre. Mia cugina mi propone l’ultima settimana di Agosto in Corsica. Insieme a una sua amica. Mi ci fiondo.
Torniamo a Roma che sono praticamente fidanzato con l’amica di mia cugina. Mi sento felice. Mi sto dimenticando della ragazza precedente ma voglio anche riempirla di schiaffi morali attraverso i Social Network. Bevo tanto vino insieme alla mia nuova Lei e facciamo qualche canna.
Do i numeri: la mia prima crisi
La prima volta che mi invita a casa sua do i numeri. Ecco la mia prima crisi.
Mi accoglie con un disco di Jazz, una cannetta già fatta, un pranzetto ottimo e una birra gelata. Io mi sento un leone.
Cominciamo a parlare dei nostri cognomi, il mio è nobile, il suo anche ma, chissà perché, la mia attenzione ricade sull’immagine del desktop del suo computer: lei insieme alla madre e alla sorella con sguardi spiritati per via del flash. La foto è molto carina ma ne sono turbato.
Comincio a credere che sia una strega. Ed io uno stregone, un mago. E poi inspiegabilmente un massone. Un massone potentissimo. Il re dei massoni. Scendo di corsa in strada e sono arrabbiato con lei perché mi ha nascosto il fatto di essere una strega. Quando mi raggiunge la ricopro di insulti. Lei non capisce. Litighiamo furiosamente. Non capisce di cosa io parli. Io la prego di non guardarmi negli occhi. Temo i suoi incantesimi. Giriamo per il quartiere al mio imperativo: Testa bassa e pedalare. Sono convinto sia un detto massonico, non un semplice proverbio. Lei piano piano mi porta a calmare, cerchiamo la mia auto. Mi riporta a casa.
È il dieci settembre di due anni fa (2013, NdR). L’undici accetto il ricovero presso il Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura dell’Ospedale C.T.O. di Roma. Sono estremamente loquace, con chiunque. Ma non c’è un filo logico in quello che penso né, tantomeno, in quello che dico. Mi bombardano di farmaci. Dopo la prima somministrazione comunico a mio padre di non sentirmi più l’incarnazione di Dio in Terra. In cinque giorni sono fuori. In tempo per la partita della Roma. Non c’è una diagnosi precisa. L’unica prescrizione medica aldilà della terapia farmacologica è l’astenermi dall’utilizzo della Cannabis.
Qualcosa è cambiato
Io sono ancora su di giri e ho ancora voglia di fumare, ma qualcosa è cambiato. In peggio, decisamente.
Nel giro di pochi giorni sono di nuovo più o meno lucido. A metà Ottobre ho la prima visita dal mio nuovo Psichiatra. Dice che verosimilmente si sia trattato di una non gravissima crisi psicotica dovuta al consumo di Cannabis. La prescrizione che mi dà è, però, categorica. Proibizione Assoluta di Cannabis. Per sempre. Inoltre non mette mano alla terapia farmacologica, molto pesante. Io comincio a rendermi conto di aver dato di matto e del fatto che dare di matto, appunto, non sia uno scherzo. Comincio la psicoterapia ma, nel giro di un mese, e siamo a Novembre, io cado in una severa forma di depressione.
A Dicembre vedo di nuovo il mio Psichiatra, cambia un farmaco con un altro ed io, gradatamente, comincio a sentirmi vagamente meglio. Potrei essere un Bipolare. Sono ancora depresso ma mi alzo dal letto, vado a casa della mia fidanzata, vedo qualche amico, faccio la psicoterapia e do qualche lezione di musica. Faccio tutto con estrema fatica ed è poco. Io mi sento poco. Ma è comunque qualcosa. Qualcosa che mi tiene a galla.
Passano i mesi. Arriva l’estate e torniamo in campeggio. Abbiamo un po’ di fumo con noi. Nei mesi precedenti qualche volta ho fumato e durante il soggiorno estivo la sera consumiamo prima di andare a letto. Al mio Psichiatra non dico niente ed io continuo a non sentirmi niente. Sento che non do niente. Niente di niente a nessuno. Alla mia fidanzata, in primis, che continua a rimanermi accanto. Nonostante tutto. Dopo l’estate i mesi passano ed io non studio, non esco, non lavoro, non faccio niente se non ancora qualche capatina da qualche amico, ancora qualche lezione di musica, ancora psicoterapia e cene. Cene su cene con la mia fidanzata. Lei è il mio binario parallelo. Sta male finché sto male io. Si riprenderà se e quando mi riprenderò io. Nel frattempo il mio Psichiatra ha cominciato a scalare la terapia farmacologica. Io continuo a fumare occasionalmente e quel senso di vuoto, di abulia, di appiattimento non mi lasciano.
La nostra vita insieme? Un ECG piatto
Arriviamo a Gennaio di quest’anno. Io e la mia ragazza andiamo a vivere insieme nella mia casa d’infanzia. Lei non lavora ed io neanche. La nostra vita insieme è un elettrocardiogramma piatto, le giornate scorrono pesanti e passive. Le cose ci accadono intorno e noi ne restiamo semplicemente indifferenti. La terapia farmacologica va continuamente a scalare e dai cinque farmaci che prendevo me ne rimane uno solo, un antipsicotico, ad un dosaggio decisamente blando. Ma da quando convivo torno a fumare, moderatamente, ma in maniera costante. Una canna, la sera. Prima del sonno. E poi qualcun’altra se sono a casa di qualche amico che offre. A Marzo comincio a fare confusione con la pasticca. Me la scordo. Uno, due, tre, quattro giorni di fila. Poi magari la riprendo. Ma poi la scordo di nuovo. A metà Aprile non la prendo più.
Lo decido deliberatamente. È un tentativo: cerco un modo per stare meglio. In me c’è la voglia di tornare a sentirmi vivo e vitale. Quest’ultimo anno e mezzo per me è stato quanto di più vicino alla morte. Ho fatto una enorme fatica in qualsiasi rapporto umano io abbia affrontato, costantemente disturbato dalla vitalità delle persone che incrociavo. Non ho più toccato il mio strumento e non ho più messo piede dentro ad un Club.
Le cose non migliorano e a Maggio mio padre mi propone un posto di lavoro. Assunzione diretta. Presso la Polizia di Stato in qualità di operatore tecnico scientifico. La proposta mi destabilizza. Un poliziotto Io?! Una guardia Io?! Ma qualcosa cambia.
La mia fidanzata sta già cercando un impiego. Io decido di imitarla. Il ventidue Giugno abbiamo un colloquio di lavoro all’unisono. Lei per un mercato dell’usato, io per un negozio di strumenti. Se lei viene assunta ed io no sono finito. L’estate è alle porte e, senza di lei, non ho idea di come potrei superarla. Non si prospettano vacanze. Non ho voglia di andare neanche in campeggio se non c’è lei, l’unica persona di cui mi fido, il mio unico punto di riferimento. Lei viene assunta ed io no. Ancora a Giugno c’è la mia ultima vista dallo Psichiatra prima dell’estate. Mento spudoratamente: prendo il farmaco con regolarità e giuro che non ho più toccato uno spinello. Luglio scivola nel peggiore dei modi. Mi salvano le due sedute di psicoterapia settimanali e la frequentazione sporadica di qualche amico con il quale mi sento spesso a disagio. Tutti lavorano tranne me. Tutti si fanno le canne compreso me.
La mattina mi sveglio tardi e rimango a letto fino al pomeriggio. Spesso non pranzo e se lo faccio talvolta è a orari improponibili. Memorabile è un pranzo a base di carasau e noci, sdraiato sul letto. Vegeto mentre aspetto il Suo rientro in casa. Continuiamo a fumare prima del sonno. Comincio a temere Agosto. La psicoterapia si interrompe e ho paura dell’effetto Placebo, ma inaspettatamente, ad Agosto, va leggermente meglio: mia madre è a casa per un infortunio sul lavoro ed io colgo loccasione per andare a trovarla a pranzo ogni giorno. Dopo pranzo raggiungo qualche amico, fumiamo ancora e ne godo. Mi diverto. Sto meglio. Gli ultimi dieci giorni di Agosto invece i miei amici partono, mia madre torna a lavorare. Io me ne sto in casa. La mattina mi sveglio a orari dignitosi, scendo a fare la spesa, pulisco casa. Mi preparo il pranzo ed il pomeriggio guardo film. Non fumo da solo il pomeriggio. Non l’ho mai fatto. In compenso bevo qualche birra e mangio noccioline. In questo momento sto bene. Inizia Settembre, mia madre parte per una settimana di vacanza e ci chiede di stare a casa sua in questo periodo per stare dietro ai suoi animali. Noi accettiamo di buon grado, la casa è bella, grande e con un magnifico giardino. Organizziamo una grande cena con molti amici. Carne, molto vino e molte canne. Il giorno dopo io e la mia fidanzata, approfittando del suo giorno libero, ce ne andiamo a Bomarzo. Molte foto. Bella luce. Belli noi. Sto ancora bene. Torniamo a casa la sera e, ancora, fumiamo prima di addormentarci. Seguono altre cene, altro vino e altre canne. Parecchie.
Poi rientra mia madre e noi torniamo a casa. La prima metà di Settembre scorre tra altri film, partite di campionato, birre e noccioline da solo, altre cene in compagnia e ancora canne su canne. Sto ancora bene o, meglio, così mi sembra. Sono diventato molto socievole e aperto, improvvisamente. La pallina ha cominciato a rotolare. Stiamo andando verso la mia seconda crisi.
I miei ricordi sono vagamente sconnessi
Dalla metà di Settembre in poi i miei ricordi sono vagamente sconnessi. Non ricordo in qual ordine ci fu la visita post-estiva dal mio Psichiatra al quale, finalmente, spiegai la reale situazione rispetto alla terapia farmacologica (Mi mantenni comunque vago sull’uso della Cannabis, gli dissi semplicemente che mi era capitato talvolta di fumarne in compagnia di amici. Non gli dissi certo che il suo utilizzo era tornato abituale e anche smodato); la partita di Champions League Roma Barcellona, vista allo stadio con la mia ragazza, durante la quale feci veramente il –matto–, conquistandomi la simpatia di tutti gli altri tifosi che avevo intorno; una serata a casa di amici, tra birre, vino e canne nella quale polarizzai l’attenzione di tutti continuando, appunto a fare il matto. A questo punto ricordo veramente poco: il rientro di mio padre, preoccupato, a Roma. Mia madre in uno stato di forte apprensione che mi chiede di andare a stare da lei. Io che ci vado. Io che scrivo durante la notte un pezzo delirante su Roma Barcellona. Una litigata furibonda con mia madre e la mia ragazza alle sette di mattina dopo un’altra notte passata in bianco. Io che cammino per due chilometri per raggiungere il bar più vicino con, ancora, la mia ragazza che mi segue a ruota nonostante me furioso. La mia psicoterapeuta che mi raggiunge addirittura al bar e poi viene a incontrare mia madre, e poi mio padre.
Poi entro in una sorta di Truman Show, percepisco qualsiasi cosa si muova intorno a me come architettato per un disegno più grande che vede al suo centro la mia figura.
Solo paura e delirio
Dopodiché è solo paura e delirio. Terrore di tutto: dei terroristi, degli alieni, dell’ISIS, degli immigrati. Ricordo che mi muovevo a gattoni tra le stanze di casa per paura che qualcuno potesse spararmi dalle finestre di fronte. Ricordo che a un certo punto cercai di staccare ogni elettrodomestico dalle rispettive prese di corrente. In tutto questo sono abbastanza vividi i ricordi di altre visite dal mio Psichiatra, il quale tentò una terapia farmacologica estremamente pesante. Non fu sufficiente. Né tantomeno il ricovero in S.P.D.C. presso l’ospedale Sant’Eugenio, dove fui, anzi, picchiato da un altro paziente ed aggredito da un infermiere. Il ricoverò durò una notte. Dopodiché firmai per uscire. A seguire il buio per circa venti giorni, devo averne combinate di ogni sorta ma non ricordo praticamente niente. Forse ancora molto Truman Show e sicuramente ancora paura e deliri. L’ultima cosa che ricordo prima del ricovero nella clinica psichiatrica siamo io e Flaviana che andiamo a Torvajanica a vedere il mare. Siamo al cinque Ottobre. Stiamo molto bene insieme. È una bellissima giornata. Molte foto. Bello il mare. Belli noi. C’è molto vento ed io non mi faccio più le canne da un po’.