Zibaldone della settimana – 16
La felice colpa del peccato originale
Nella sua forma teologica il peccato originale è la presunzione di autosufficienza da Dio del primo essere umano il quale come primo atto libero compie un atto di disobbidienza a Dio.
In tal modo egli rescinde per sé e per i suoi figli il legame con la volontà buona di Dio, scegliendo deliberatamente di farne a meno. Il che, come primo effetto, porta la perdita della condizione amicale con la trascendenza, che inizia a far paura, ad essere inconoscibile o indifferente oppure addirittura ad essere respinta da avversaria dell’immanenza.
Perdendo tale condizione amicale, l’essere umano perde pure altri vantaggi connessi con lei: la primordiale forma di vita creata da Dio, sana e senza termine; la possibilità di vivere in amicizia con il creato; la possibilità di prevedere pienamente gli effetti delle proprie azioni nel lungo termine.
Nella versione biblica che attinge a piene mani al mito e al simbolismo tipici di tradizioni orali e di culture ancestrali, il peccato originale è descritto come la consumazione del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, sotto istigazione di un animale astuto, seguito da dichiarazioni solenni di Dio e dall’espulsione dell’essere umano dal giardino meraviglioso che Dio aveva creato per lui.
Il discorso però sarebbe incompleto se non tenesse conto degli sviluppi della storia della salvezza. Infatti da parte di Dio la condizione di inimicizia con l’essere umano appare da subito intollerabile. Dio sa che, ponendo la libertà umana al pari della sua, ha determinato volutamente un limite che non può violare.
Ma qui il colpo di genio: l’Incarnazione. Assumendo la natura umana, Dio penetra nella storia umana e da vero essere umano riannoda il legame tra la volontà dell’uomo e la sua. Nell’atto di obbedienza al Padre compiuto da Gesù di Nazaret leale fino alla morte si realizza la Redenzione dell’atto di disobbedienza del primo essere umano.
Anche qui la soluzione divina è geniale. Mentre il primo essere umano poteva vantare la condizione di amicizia con Dio, l’essere umano redento dal Messia può vantare una condizione di figliolanza. A differenza dell’altra, questa, essendo condizione intrinseca di un rapporto generativo, non può venire in alcun modo revocata. Il peccato originale, perciò, è definitivamente reso inefficace nel rapporto paterno di Dio con l’essere umano elevato alla dignità di figlio.
Tanto da far esclamare a sant’Agostino e con lui a tutti i credenti: “felix culpa!“, felice colpa, la colpa del primo essere umano che ci ha meritato un Salvatore di portata tale da poterci chiamare figli di Dio, “e lo siamo realmente!“.