Zibaldone della settimana – 19

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Non parlare al conducente

Il gommino di prossimità

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Non parlare al conducente

Appena sopra il parabrezza, dal lato del conducente del bus una scritta con un pennarello nero: “Non parlare al conducente“. Da nessun posto sul bus si legge per intero. È completa solo se ci si avvicina al gabbiotto del conducente.

Il regolamento impone ai passeggeri di non parlare al conducente. Occorre evitare ogni possibile distrazione.

Ma ormai i regolamenti chi li rispetta più sui mezzi pubblici romani? In realtà, chi li conosce? E chi li fa rispettare?

Non parlare al conducente scritta in modo sciatto e incancellabile né più né meno come i graffiti e le vandalizzazioni di tutti i mezzi pubblici. Chi l’ha scritta?

Forse uno di quei dipendenti che interpreta estensivamente il regolamento: nessun utente può rivolgere nessuna parola a nessun autista dei mezzi pubblici, che stia guidando o meno. Uno di quelli che dice di essere pagato per guidare e non per dare informazioni. Uno perennemente infastidito dalla presenza dei passeggeri, con le loro assurde richieste di salire e di scendere alla fermata giusta. Magari i mezzi viaggiassero sempre vuoti! È il genere autista stizzoso.

Oppure un autista che non vuol essere distratto mentre guida e parla al cellulare, più di due cose contemporaneamente non può farle. Anche alle 05:00 del mattino. Telefonate di 40 minuti, probabilmente per tenersi sveglio quasi al termine del turno di notte, raccontando di come stanno andando i lavori della cantina e di come si farà povera la raccolta delle olive. Del genere autista telefonico.

O l’autista che fa entrare i colleghi nella cabina e con loro, sì, parla di turni e delle assegnazioni al deposito del proprio CAP, perché i colleghi possono parlare al conducente di tutto in quanto egli non sarà mai distratto dai loro argomenti, troppo elementari per mettere in pericolo l’attenzione alla guida. Il genere autista compagnone.

Al di là dei diversi generi di autisti – stizzoso, telefonico, compagnone – la scritta Non parlare al conducente ha un forte significato metaforico. Non bisogna disturbare chi comanda. Chi conduce un bus al pari di chi conduce un’Azienda. È lui, il conducente, che ha tutti i diritti, che sa dove deve andare e come andarci, che possiede infallibilità e inappellabilità delle decisioni.

Gli altri, i passeggeri, gli Utenti di un servizio pubblico, devono solo adeguarsi e mai protestare. A loro non resta che chiedersi se in realtà il messaggio vergato a mano su quel bus Non parlare al con-duce-nte non si debba intendere con il senso di una velata minaccia: Chi parla è perduto.

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Il gommino di prossimità

Il signor Giorgio era sulla porta della sua ferramenta.

“Buongiorno, grande capo!” l’ho salutato. Come al solito ha bisbigliato qualcosa. Ha l’apparecchio acustico ad entrambe le orecchie, sospetto sempre che non abbia sentito bene.

Il signor Giorgio se non lo conosci non lo riconosci. Oggi era con un gilet grigio, cravatta a righe rosse, una camicia impeccabile, pantaloni scuri con la piega. Lo vedi così e non pensi che è lui il ferramenta.

“Signor Giorgio, il gommino della doccia si è rovinato… quello che va tra il tubo e la cipolla, sa? Ormai anche se stringo lì perde” e gli mostro il gommino vecchio.

Lo prende, dà un’occhiata, lo restituisce e al solito senza dire una parola si gira e si dirige verso una cassettiera a muro. Lo seguo. Apre un cassetto e tira fuori un gommino nero, un po’ diverso dall’originale cinese.

Intuisce la mia perplessità. “È questo, vede?” e mi mostra la cipolla di una doccia.

“Grazie, signor Giorgio!” dico rassicurato mentre lui si gira verso un nuovo cliente. “Quanto le…”.

Non mi lascia finire la frase. “Mi stia bene!”.

“Ma qualcosa le dovrò?” insisto io.

“Nulla, arrivederci”.

“Le devo un caffè!” saluto uscendo.

La ferramenta del signor Giorgio è uno dei pochi negozi di prossimità rimasti all’Esquilino di Roma. Stanno chiudendo tutti, uno ad uno. Un grosso briko gestito da albanesi ha chiuso e salutato. Ma lì i gommini te li facevano pagare, e cari pure.

Chi chiude lascia spazio a empori-tutte-cose cinesi, o biancheria-moda-scarpe cinesi, o bazar bibite-frutta-merendine-pile-ombrelli-carta da parati bangladini.

Il commercio espulsivo internazionale ha preso il posto della residenzialità inclusiva del rione. Certamente un modo diverso di concepire la città e i suoi abitanti.

Ma nulla che possa competere col gommino di prossimità del signor Giorgio.